Giornata del Seminario 2015

Ministri di misericordia”No ai ministri di rigidità, Dio vuole misericordia”. Così Papa Francesco si esprimeva all’inizio del mese di ottobre in una delle sue omelie a Santa Marta. È stato un felice incontro con il tema che in quegli stessi giorni i seminaristi, guardando all’anno santo, proponevano per l’odierna giornata del Seminario. La bolla di indizione del Giubileo ci ricorda che la Chiesa tutta ha il compito di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo (Misericordiae vultus 12). Dentro questo tessuto ecclesiale, con compiti e responsabilità specifiche, si pone il presbitero.Nelle nostre comunità il sacerdote è amato e atteso. Spesso lo si immagina e lo si vorrebbe capace di tutto, non senza qualche contraddizione: che fosse sempre in canonica, pronto a rispondere appena si suona il campanello, ma lo vorremmo anche sempre in visita alle famiglie, agli ammalati e agli anziani. Lo si vorrebbe intraprendente con i giovani e, nello steso tempo, saggio e prudente, “con i piedi di piombo”, quando si tratta di portare qualche cambiamento. E così via. Quando ci accostiamo al confessionale o quando andiamo a trovare il nostro sacerdote, fortemente vorremmo che avesse per noi quella umanità e comprensione di cui talvolta la storia è avara; che sapesse capirci come Gesù ha inteso subito l’amore, la fiducia e la devozione della peccatrice in casa di Simone, il fariseo (Le 7,36-50).Trentatre sono i ragazzi che fanno parte della comunità del Seminario: vanno dalla prima superiore al sesto anno del corso teologico. Per qualcuno l’ordinazione è ormai vicina. Per altri la vita sacerdotale è ancora motivo di riflessione e discernimento. Le provenienze sono le più diverse: dalle scuole superiori, dall’università, dal mondo del lavoro. C’è chi ha avuto cammini articolati e lunghi, in tutti i sensi, e chi si è avvicinato al Seminario ancora ragazzo. Tutti sono figli di questo tempo che viaggia con lo smartphone, con connessioni virtuali e logiche velocissime. Un tempo straordinario, ma anche fragile, nel quale parole come attesa e pazienza spesso fanno rima con dispiacere e sofferenza.Chi in Seminario si trova ad essere formatore, tra tante domande, sente forte anche questa: dove si può imparare la misericordia, sapendo che non bastano trattati teologici o programmi pastorali?Nell’udienza generale del 9 settembre Francesco ci ricordava che «La madre Chiesa, come Gesù, insegna con l’esempio». Innanzitutto l’esempio di santi e sante; ma anche di «papà e mamme, che insegnano ai loro figli che ciò che avanza… è per chi manca del necessario». E se non si possiedono grandi risorse materiali, bene prezioso è quel tempo che si può dare per stare vicino a chi è malato o carcerato. Stare a contatto, sapendo che non siamo poi così diversi. È facile ravvisare in tutto questo l’itinerario delle opere di misericordia ed è altrettanto facile intuire che, se il Seminario vorrà formare ministri di misericordia, dovrà necessariamente mantenere legami intensi e vitali con i luoghi in cui si sta accanto all’umanità ferita, quotidiana, concreta. In quella vicinanza con la realtà, guidati dalla parola di Gesù vissuta, si ha la possibilità di imparare la misericordia.
 
don Roberto Tondato
Rettore del Seminario