Carissimi, nel rendimento di grazie che questa sera innalziamo al Signore, riunendo nella festa di santa Cecilia patrona della musica e del canto alcune corali della diocesi, c’è in noi una gioia interiore, maturata durante quest’anno liturgico che sta per concludersi. Un anno ricco di doni e grazie del Signore ma anche di fatiche, dolori e preoccupazioni per la situazione sociale ed economica che stiamo attraversando e per le guerre che stanno mietendo tante morti e sofferenze. L’esempio di santa Cecilia, vergine e martire, ci ricorda che l’amore del Signore va anteposto ad ogni altro interesse e che senza di lui non possiamo portare frutti di amore e di giustizia. Ecco perché la celebrazione di questa festa ci è di aiuto per verificare la nostra fede e fedeltà al Signore Gesù, crocifisso e risorto. È un invito a credere con maggior forza nell’amore di Dio, ad amare Gesù Cristo come l’unico grande amore della nostra vita e a vivere la nostra esistenza secondo lo Spirito.
La Parola di Dio ci illumina e ci sostiene nel cammino della vita, aiutandoci ad essere anche noi, come santa Cecilia, testimoni coraggiosi dell’amore del Signore. Il Signore, come ci ricorda il profeta Osea nel cantico, ha parlato al cuore di Cecilia, l’ha fidanzata a sé nella fedeltà, permettendogli di conoscerlo e di innamorarsi di lui, facendola sua sposa per sempre, nella benevolenza e nell’amore. Santa Cecilia ha risposto di si con il suo eccomi, con la sua verginità e con il martirio, pronta come una vergine saggia per il suo Signore, con la lampada accesa della fede. L’amore con cui Dio ci ama, è personale, intenso e gratuito, senza nessun limite. È un amore fedele che non viene mai meno e che ogni volta offre la possibilità di un nuovo inizio.
Cecilia era una giovane nobile del III secolo, allevata fin da bambina nella fede cristiana. Fu martirizzata intorno al 230 a Roma. Il suo culto è antichissimo. Il racconto della sua vita è narrato dalla Passio Sanctae Caeciliae, testo letterario più che storico. Data in sposa ad un patrizio rivela la sua fede, convertendo anche lo sposo. Successivamente vennero martirizzati per la loro fede nel Signore Gesù. Il culto di santa Cecilia si diffuse rapidamente. Ma solo nel tardo medioevo si trova un esplicito riferimento alla musica, frutto di una errata interpretazione di un brano della Passio. Infatti, nell’antifona di ingresso della s. Messa si legge che Cecilia venne martirizzata mentre gli organi suonavano (cantantibus organis), ella cantava nel suo cuore soltanto al Signore. Testi più antichi, invece, scrivono che ella pregava candentibus organis, cioè mentre si arroventavano gli strumenti del martirio. Sta di fatto che dal XV/XVI secolo divenne patrona della musica e del canto, ispirando molti musicisti a scrive immortali capolavori musicali, dando il nome a numerose corali, accademie e sale di concerto.
Cecilia canta l’amore per Dio tra i tormenti e le sofferenze e lo fa non da sola ma insieme al coro degli angeli, dei martiri e dei santi. Sant’Agostino nella liturgia dell’Ufficio delle Letture della memoria di santa Cecilia, ci suggerisce che è necessario cantare con arte, con giubilo e con un canto nuovo. Un canto ben fatto, che rallegra il cuore, che coinvolge profondamente tutto il nostro essere, un canto che ha come finalità lodare l’uomo nuovo, il Signore Gesù vivo e risorto. Non si canta mai per sé, perché piace e fa star bene, ma si canta per il Signore, per lodarlo e ringraziarlo dei suoi benefici. Come corale, poi, si canta per l’assemblea per rallegrarla e far riscaldare il cuore delle persone, per aiutarla a vivere nel migliore dei modi la celebrazione, per aiutarla a pregare e ad entrare in la relazione con Dio. Il canto deve esser una testimonianza gioiosa dell’amore di Dio per noi e per tutta l’umanità. Se la fede nasce dall’ascolto della Parola di Dio – un ascolto non solo dei sensi ma che dai sensi passa alla mente e al cuore – non c’è dubbio che la musica e il canto conferiscono alla celebrazione maggior forza e coinvolgimento.
Le lampade accese delle vergini, ci racconta la parabola del Vangelo, servivano a rischiarare la strada a tutto il corteo nuziale, in attesa dello Sposo, Cristo Gesù. Il canto nella celebrazione dell’Eucaristia può diventare come quelle lampade accese, che aiutano ad illuminare lil proprio cammino e la propria vita per riconoscere la venuta del Signore Gesù in mezzo a noi. Infatti, non è sempre facile ritrovarsi nell’andamento rituale delle celebrazioni. Il Concilio Vaticano II ci ricorda che il canto favorisce l’attiva partecipazione al mistero celebrato, proprio perché tocca tutte le dimensioni del nostro essere e della vita, non solo quelle intellettuali ma anche la dimensione affettiva. Si canta e si prega non solo con le labbra, ma con il cuore e tutto il nostro essere.
Come diceva sant’Agostino, un canto nuovo, non perché continuamente variato, ma nuovo perché in quel canto mettiamo nuovi sentimenti, nuove esperienze di vita e nuove condizioni per incontraci con il Signore. Un canto con giubilo, con il cuore pieno di gioia per le meraviglie che Dio opera in noi. Cantiamo non per cantare ma per pregare; una preghiera che, coinvolgendo la nostra anima, desidera salire fino al cielo. Prepara bene i canti, musicalmente ma anche scegliendoli seguendo l’anno liturgico, favorendo la piena partecipazione di tutta l’assemblea, permette a tutti di viverla intensamente, di rafforzare la fede nel Signore e di testimoniarla ai fratelli e sorelle con amore e carità verso chi è nel bisogno.
Canta anima mea Dominum! Chiediamo questa sera a santa Cecilia, vergine e martire, di intercedere presso Dio perché la nostra vita possa essere sempre un inno di lode al Signore, da cantare insieme ai fratelli e sorelle che percorrono la stessa strada della vita.
+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo