I cambiamenti e le eredità_Amalia Ruzzene

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I cambiamenti e le eredità
 
All’epoca del Concilio Vaticano II frequentavo la scuola superiore. Sapevamo che si stava svolgendo qualcosa di importante. Penso ne fossimo incuriositi, ma l’età da una parte, le limitate possibilità informative dall’altra non portavano a un interessamento particolare. Il primo approccio diretto venne con i cambiamenti alla liturgia: tutti i parrocchiani (presto avremmo imparato che eravamo “popolo di Dio”) erano convocati per conoscere le cose nuove e applicarsi a recitare nel modo dovuto le formule della Messa in lingua italiana. Alla sera, nella chiesa vecchia, guidati dal giovane cappellano che si sforzava perché dessimo un senso a quanto facevamo, piccoli e grandi ci esercitavamo a dire insieme in modo solenne le nuove parole. Finiva per noi studentelli, domestici con il latino fin dalla prima media, il tempo in cui nell’intimo ci compiacevamo di capire ciò che era scritto nel messale e che il sacerdote recitava sotto voce volgendoci le spalle. Gli anni Settanta furono quelli dell’immersione nei testi conciliari e successivi, del confronto e delle discussioni vivaci, in parrocchia, ma soprattutto nell’Azione Cattolica Diocesana. I temi ricorrenti erano quelli del ruolo e responsabilità dei laici e del rapporto Chiesa – Mondo: saltavano fuori in tutti gli incontri e in tutti i campi scuola, esplodevano a livello regionale e nazionale.
Gli anni Ottanta, col diverso modo di intendere e interpretare quei temi, videro la contrapposizione tra movimenti e associazioni espressi dal variegato mondo cattolico.
Mi pare che in seguito l’andatura si sia fatta un po’ stanca; diciamolo in positivo: più riflessiva e meditativa. Molti eccessi ed esperimenti spericolati hanno fatto perdere persone e forze.
Penso che le grandi svolte portate dal Concilio e da ciò che ne è seguito siano soprattutto queste: la nozione di popolo di Dio e la nuova consapevolezza dei laici, l’avvicinamento del popolo alla Parola, l’apertura e il dialogo della Chiesa col mondo moderno. Sono acquisizioni di principio rispetto alle quali non si torna indietro. Diventano punti di crisi se si misura il cammino percorso nel farle diventare prassi quotidiana nelle nostre comunità.
I laici: essi si aspettano di contare di più e non solo per l’attuale emergenza sacerdoti. Sanno che non si può improvvisare, che bisogna studiare. Vorrebbero incoraggiamento e iniezioni di speranza. Le donne ritengono che il Magistero abbia enunciato nei loro riguardi bellissime cose, che non sono percepite nei livelli concreti della vita di parrocchia.
La Parola: si ascoltano attualizzazioni che diventano banalizzazioni, interpretazioni random, a casaccio. Sentirla a portata di mano ci fa credere di esserne padroni. Per fortuna abbiamo tante occasioni per raddrizzare la lettura, se le vogliamo coglierle.
Chiesa – Mondo: rigidità e forse eccesso di struttura e organizzazione impacciano la costruzione di rapporti collaborativi per lavorare su obiettivi e interessi comuni, con una chiara distinzione di ruoli. Le persone, poi, vanno incontrate e accolte dove vivono, nella concretezza della loro condizione. Occorre coltivare la dimensione relazionale. Il Concilio ha spalancato le porte. Le abbiamo varcate. Il percorso è ancora lungo. Le cose evolvono, se ci siamo.
Amalia Ruzzene