La fede: una qualità del nostro rapporto con Dio_don Chino Biscontin

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La fede: una qualità del nostro rapporto con Dio
 
La fede consiste nella qualità del nostro rapporto con Dio, percepito come interamente limpido e buono (“Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna”, 1Gv 1,5; “Dio è amore”, 1Gv 4,8) e perciò affidabile. La fede è l’atteggiamento che ne consegue, la fiducia mediante la quale ci apriamo a Dio e gli affidiamo la nostra vita (“Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”, Lc 1,38; “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” Lc 23,46).
Questa fiducia non possiamo provocarla noi, ma è Dio stesso che la genera, manifestando a noi la sua affidabilità. E l’ha fatto attraverso Gesù, rivelazione del suo amore sconfinato e incondizionato. É il dono di una relazione positiva, nella quale anche noi abbiamo la nostra parte, quella di chi è riconoscente, si apre, accetta di fidarsi fino in fondo, di “perdersi” nelle mani di Dio.
Attraverso questa comunicazione Dio può stabilire un rapporto molto intimo con noi, così intimo da renderci partecipi della sua stessa vita divina: del suo modo di vedere e di valutare, dal suo modo di far fronte al male e alla morte, del suo modo di amare. Coloro che ricevono questo dono diventano figli di Dio, perché “non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv 1,13). Essi sono, dunque, piedi di speranza, percepiscono il futuro non come la continuazione di ciò che già c’è, ma come spazio di grazia, di creatività, di rinnovamento. Credono a Dio quando afferma: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5). In particolare credono che ai credenti è aperta la strada verso una crescente santità, così da diventare simili a Dio, secondo la parola di Gesù: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48), e prendono sul serio quel comandamento che Gesù ha definito suo e nuovo: “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (cf. Gv 15,9-12).
La fede genera, dunque, la speranza. Una speranza che illumina anche i rapporti con il prossimo. Anche con il prossimo segnato dalla miseria del peccato. La speranza dà credito: anche il peccatore, se amato e sostenuto, può liberarsi dalla prigionia del male e diventare un limpido figlio di Dio. La fede,generando la speranza, rende possibile la “carità”: la capacità di amare generosamente (senza attendersi tornaconti), con vero impegno (non limitandosi ai soli sentimenti), con tenacia e fedeltà (gli altri possono contare sempre su questa bontà). Della carità, infatti, è detto: “La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13, 4-7).
 
d.Chino Biscontin