Omelia del Vescovo Giuseppe per le Ordinazioni Presbiterali nella Cattedrale di Concordia – 21 aprile 2018

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Diocesi Concordia-Pordenone Omelia Ordinazioni Presbiterali Cattedrale Concordia 21 aprile 2018                   Come discepoli del Signore ci mettiamo in cammino, alla sua sequela, consapevoli e felici di ascoltarlo e di accogliere la sua Parola per vivere come Lui ci ha insegnato. Oggi, in questa IV domenica di Pasqua, giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, giorno particolare di festa per la nostra Chiesa diocesana che accoglie il dono della chiamata al presbiterato dei suoi figli Boris e Davide, Gesù si manifesta a noi come il pastore buono e bello, riassumendo in sé l’immagine di tanti pastori che Dio, lungo la storia della salvezza, ha donato al suo popolo, ma anche l’immagine di Dio stesso, Pastore d’Israele, come ci ricorda il salmo 80, nella speranza che sia Lui a guidarlo verso la pienezza della vita. L’evangelista Giovanni ci ha ricordato che: “Il buon pastore dà la propria vita per le pecore” (10,11). Queste parole si sono realizzate pienamente quando Gesù Cristo, in piena libertà e obbedienza alla volontà del Padre, si è immolato sulla croce, donando per amore la sua vita per noi. E per precisare ancora meglio il significato del buon pastore, Giovanni ci ricorda che c’è una differenza sostanziale tra il pastore buono e il pastore mercenario che agisce per proprio tornaconto e di fronte al pericolo, abbandona le pecore, fugge, pensando solo a se stesso perché non gli interessa niente delle pecore; il suo è solo un mestiere per guadagnare. Guardando dall’esterno, non si percepisce la differenza perché tutti e due si occupano delle pecore. Il buon pastore, invece, ama e conosce le pecore una ad una, si preoccupa di esse e, se necessario, è disposto a mettere in pericolo la sua stessa vita pur di salvarle. Carissimi, di fronte ad un amore così grande e così libero: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre essere chiamati figli di Dio” (1Giovanni 3,1), non ci resta che ringraziare e contemplare Dio che ci ama così tanto da inviare nel mondo il suo Figlio Gesù, manifestazione e rivelazione del suo amore. C’è, infatti, un legame strettissimo tra l’amore del Padre e l’amore di Gesù. “Il Padre mi ama– dice Gesù – perché io dò la mia vita” (Giovanni 10,17). Il Padre ama Gesù perché compie fino in fondo la sua volontà di salvezza e di amore per tutta l’umanità.  Pertanto la morte di Gesù è una morte d’amore, di amore verso il Padre e di amore verso ciascuno di noi. Gesù buon pastore muore e dona la vita per le sue pecore, prendendosi cura di ciascuno di noi. Questa solidarietà e questo amore sono possibili perché Gesù ci ama e ci conosce personalmente; il suo è un dono gratuito fatto per amore, un dono di cui è stato consapevole lungo tutta la sua vita. Gesù, infatti, non si è limitato ad assumere la nostra umanità e a condividere la nostra vita. Troppo poco. Gesù ci ha donato la sua vita, fino all’ultima goccia di sangue. Ecco perché ci si può fidare di Lui, perché per noi, è stato capace di dimenticare tutto se stesso e di donarci la vita. La sua morte non fu un incidente di percorso né la vittoria dei suoi accusatori perché ha scelto liberamente di donarci la sua vita. Con la morte in croce Gesù ci ha dimostrato non solo che ci voleva tanto bene, ma ci ha comunicato la sua stessa vita, la vita di Dio. “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Giovanni 10,10). Dio desidera che noi siamo felici e che viviamo la vita, in pienezza, alla grande! Carissimi Boris e Davide, anche voi siete invitati oggi ad assumere lo stile di Gesù, del buon pastore che vi ama di un amore disinteressato, vi ama per quello che siete e non per quello che farete. Vi ama così, perché vi conosce, perché il suo amore è libero e gratuito. Lo sappiamo bene. C’è modo e modo di essere e di fare il prete oggi. Non nascondiamocelo. Papa Francesco, nella giornata sacerdotale durante il giubileo della misericordia, ha ricordato a noi presbiteri che: “il pastore secondo Gesù ha il cuore libero per lasciare le sue cose, non vive rendicontando quello che fa e le sue ore di servizio: non è un ragioniere dello spirito, ma un buon Samaritano in cerca di chi ha bisogno. È un pastore, non un ispettore del gregge, e si dedica alla missione non al 50 0 60 per cento, ma con tutto se stesso. … Per questo non solo tiene aperte le porte, ma esce in cerca di chi per la porta non vuole più entrare”. Nella proposta di sequela che Gesù vi fa, vi chiede di vivere come Lui, di entrare nella logica del buon pastore che ama gratuitamente le persone, con segni e gesti concreti. In tempi come i nostri, dove si è spesso autocentrati, vi chiede di andare controcorrente, di mettere non voi, ma gli altri al centro della vita, di soddisfare non i vostri interessi o desideri, ma quelli delle persone che servite, vi chiede di amare e di lasciarvi amare per gustare fino in fondo la bellezza della vita, dell’incontro e delle relazioni con le persone. Che il grande desiderio di Gesù, di volere il bene dell’umanità, comunicando la vita piena di Dio, sia anche la vostra passione. Me lo chiedo spesso: perché tanti giovani oggi fanno fatica a sentire dentro di loro quell’amore e quella grande passione che Gesù ha avuto per il bene e per la felicità degli altri? Perché, cari giovani, oggi è così difficile?  Perché sono pochi i giovani che sono capaci di rinunciare, per fare della propria vita un dono gratuito e totale per il bene degli altri? Più di uno chiede che il Signore si faccia sentire in modo più forte, che dia segni più evidenti per rispondere alla chiamata di speciale consacrazione, dimenticando così che la più grande realizzazione di se stessi, che il desiderio di vivere una vita piena e gioiosa si realizza nell’amare come ha amato Gesù, donando agli altri la vita vera, la vita di Dio. Chiedo a voi giovani la capacità di rinunciare a qualcosa di bello nella vostra vita per far felici gli altri, donando la pienezza della vita di Dio e fidandovi completamente di Lui. Carissimi Boris e Davide, vi auguro che possiate, in tutta la vostra vita di preti, essere non voi il buon pastore, ma il segno di Gesù buon pastore, altri Gesù che vivono come Lui.                                                                + Giuseppe Pellegrini                                                                        vescovo