Quarta Domenica di Quaresima 2014

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IV domenica di Quaresima – Gv 9,1-41 (versione lunga)
 
Quando abbiamo imparato a stare nella tentazione, confidando nella presenza assidua davanti al Signore nostro Dio che ci ama, abbiamo colto la bellezza dell’acqua viva che il Signore ha da donare alla nostra vita. In questa domenica la Parola ci ricorda che c’è da tenere gli occhi aperti, che l’opera e la benedizione di Dio non sono immediate e spontanee ma vanno coltivate e osservate con attenzione per “vedere chiaramente, da lontano, ogni cosa”.
Ci viene presentata la vicenda di un uomo cieco dalla nascita, in un miracolo che è molto originale, in quanto, dopo aver mostrato la potenza guaritrice di Gesù, ci mostra con ricchezza di particolari la strada che deve fare l’uomo guarito per capire chi è lui e chi è Gesù stesso. Strada che ci auguriamo di percorrere anche noi in questo cammino di Quaresima, iniziato con lo sforzo a vincere ciò che ci distoglie dalla vera vita (I domenica) e con la necessità di rimanere in disparte con lui per conoscerlo meglio (II domenica).
 
L’inizio: un dubbio e un miracolo   –   Il racconto inizia (vv. 1-7) con un cieco che si pensa essere peccatore o cresciuto in un ambiente di peccato. Lo pensa probabilmente anche lui, piangendo l’ingiustizia di essersi trovato così e pregando un Dio che non si sa bene che cosa voglia per liberare l’uomo da questa catena. Gesù parla superando questa visione stretta tra sofferenza e peccato e ne inaugura un’altra: tra sofferenza e gloria di Dio. Il buio più assoluto della sofferenza può essere illuminato dalla bellezza della gloria di Dio. Così Gesù lo guarisce mandandolo a lavarsi gli occhi alla piscina. Fatto? No. Questo è solo l’inizio: da qui in poi il cieco dovrà rendersi ben conto da solo della verità completa di quello che è successo, rileggendolo varie volte per la curiosità di coloro che lo interpellano.
 
Chi sono io?   –   I primi a interrogarlo sono “i vicini” che non possono credere che sia guarito (vv. 8-12). Ma la loro domanda (e la sua riposta) sono ancora più profonde e vogliono scavare sulla sua identità (vv. 8-9). L’uomo miracolato è cambiato e si fa fatica a riconoscerlo. Lui però sa precisamente che cosa è successo, sa chi era se non sa dov’è colui che l’ha salvato. Sta percorrendo il cammino di ricerca della sua identità nuova perché ora non è più “colui che chiedeva l’elemosina”, né “colui che era stato cieco” ma uno che crede (v. 38).
 
Chi è che guarisce?   –   Dal v. 13 al 17, il nostro cieco viene aiutato dal dubbio dei Farisei. Ora la domanda non riguarda più il cieco, ma l’identità di Gesù. I farisei cercano di interpretare subito il suo gesto miracoloso come una violazione del sabato. Ma il segno non si può eludere facilmente e, mentre i Farisei discutono, il cieco ripensa ai fatti e riconosce in Gesù un profeta. Dalla coscienza di sé (v. 9) il cieco è passato, raccontando con meraviglia il fatto, alla coscienza dell’identità di Gesù (v. 17).
 
Non vogliono vedere   –   La luce non è ancora completa. L’uomo guarito deve ora difendersi dai non meglio specificati “Giudei” (vv. 18-34) che dubitano di nuovo sulla sua identità e cercano di capirci qualcosa con la mediazione di persone che lo conoscono bene. Ma la paura vale più dell’amore e la chiarificazione fallisce.
A questo punto però il cieco guarito comincia a prendere l’iniziativa e a giocare la carte dell’ironia, perché non può credere di essere stato guarito da un “peccatore” come dicono i suoi avversari (v. 24). Ma quest’uomo ora non cede: alla legge citata risponde con i fatti e, ripensandoli ancora una volta riesce a capire che Gesù viene da Dio (v.33). In tutto questo i giudei chiudono sempre più gli occhi e non vogliono vedere bene né il cieco guarito né chi l’ha guarito. Infatti le loro menti riescono a capire sempre meno chi è Gesù e sempre meno chi è quest’uomo guarito. Egli invece vede benissimo la loro caparbietà e si accorge che è strano che non capiscano (v. 30).
 
L’incontro definitivo   –   Quando il miracolato ha compiuto tutti i suoi passi, Gesù lo raggiunge di nuovo (vv.35-38), lo chiama alla fede e riconosce il Figlio dell’Uomo in colui che sta parlando con lui. Così Gesù può chiudere e lasciare il suo messaggio: chi non vede rimarrà più aperto e disponibile di coloro che vedono e dirigono la fede degli altri. Coloro che vedono e si comportano da ciechi sono tra i più infelici sulla faccia della terra.
 
La luce di Cristo scende nel mondo e apre i cuori a riconoscere chi siamo veramente, senza vergognarcene e a riconoscere chi è lui. E’ però necessario aprirsi alla luce nuova, che è capace di mostrare la relatività di alcune nostre convinzioni e appigli. Non è una luce che si impone se non per chi ha capito che c’è in gioco la vita e ha visto che essa è in mano a Dio. Allarmante la situazione di chi chiude gli occhi e diventa cieco per non dover mettere in discussione le sue conquiste e le sue sicurezze. Viva la luce! ma attenzione che una luce così smaschera tenebre nascoste dietro gli angoli.