Concilio e Anno della fede un rilancio della evangelizzazione_Mons Padovese

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Concilio e Anno della fede un rilancio della evangelizzazione
 
La nostra diocesi apre ufficialmente l’anno della fede, proclamato da Benedetto XVI, proprio nel giorno che segna il 50° anniversario della apertura del Concilio ecumenico Vaticano II. Non si tratta semplicemente di voler dare, attraverso la coincidenza di due eventi, un’enfasi puramente celebrativa. A ben leggere gli interventi con cui Giovanni XXIII apriva il Concilio troviamo l’attualità di motivazioni che, di fatto, Papa Ratzinger ripercorre nei documenti con cui indice, motivandolo nella memoria del Vaticano II, un anno speciale per la riflessione sulla fede e il rilancio di una “nuova evangelizzazione”.
Papa Giovanni nel suo intervento iniziale aveva segnato con chiarezza le finalità dell’assise mondiale della Chiesa: “Che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace“. E dicendo questo non intendeva certo un atteggiamento solo difensivo e di garanzia passiva per il tesoro della Parola, della Liturgia, della tradizione teologica, della morale e della pastorale ecclesiastica. Il Papa, infatti, nello stesso discorso afferma che si trattava di “approfondire e presentare [tale tesoro] in modo che corrisponda al patrimonio del nostro tempo“.
Un concetto ulteriormente approfondito dai vari interventi di Paolo VI, soprattutto quello a chiusura del Concilio. In esso evidenziava la funzione di quella storica convocazione di Chiesa: recuperare, innanzitutto dentro di essa, un senso religioso autentico, un “rapporto diretto con il Dio vivente” in “un tempo di dimenticanza di Dio“: tempo di laicismo e di presunzione di autonomia assoluta dal trascendente. Un senso religioso autentico alla base dell’impegno di esprimere carità e servizio verso il mondo e verso ogni uomo reale che ne sta al centro. Paolo VI rendeva questa idea con una espressione icastica: “Per conoscere l’uomo vero, integrale, bisogna conoscere Dio. Per conoscere Dio bisogna conoscere l’uomo“.
Dopo 50 anni, con situazioni ulteriormente critiche per il mondo conglobato, Benedetto XVI lanciando l’anno della fede e una ulteriore, “nuova evangelizzazione”, sembra riprendere le motivazioni del Vaticano II, dichiarandone in tal modo l’evidente attualità.
Dice, infatti, che non si tratta di annuncio nuovo, che è sempre lo stesso, quello di Gesù, ma di nuovo slancio di annuncio (come diceva anche Giovanni Paolo II fin dal 1979), di un nuovo fervore missionario, di un nuovo ardore, di nuovi metodi, di nuove espressioni.
Come è stato per gli intendimenti e i vari passaggi della Chiesa dal Concilio ad oggi, pure nei nostri giorni occorre nei cristiani ritrovare il coraggio e la forza dei primi cristiani per osare sentieri nuovi di fronte alle sfide delle tecnologie avanzate, dell’istruzione più diffusa, della multiculturalità.
Situazioni, queste ed altre, accompagnate dalla fatica di crisi che colpiscono l’economia di tutto il mondo, ma che soprattutto si evidenziano in impoverimenti spaventosi nell’ambito dei valori etici, religiosi e sociali.
Luciano Padovese