Omelia del vescovo Giuseppe del 31 dicembre 2012

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 Diocesi di Concordia-Pordenone
Omelia Fine Anno – Pordenone, 31 dicembre 2012
 
                 Siamo riuniti insieme per ringraziare il Signore per i doni che ci ha dato nel corso di questo anno 2012 che sta per finire. Ripensando a questi mesi e giorni trascorsi, ognuno di noi ricorda vari avvenimenti, alcuni lieti e sereni, altri tristi e dolorosi. Il nostro grazie, questa sera, si fa anche invocazione e preghiera, perché il Signore accompagni sempre il nostro cammino. Molti, questa notte, cercheranno nelle mille luci o nel rumore assordante, spesso accompagnato anche da ubriacature e sballo, un modo per salutare un anno faticoso e difficile, nella speranza che il 2013 sia migliore. Noi invece ci troviamo insieme per accogliere dalla Parola di Dio una maniera nuova e originale di vivere la fine di un anno sociale. La liturgia, a otto giorni dalla nascita di Gesù, celebra la festa della Madre di Dio e ci invita a contemplare il mistero del Figlio di Dio che si è fatto uno di noi con gli occhi e il cuore della madre, Maria, che “custodiva tutte queste cose nel suo cuore” (Luca 2,51).
 
Custodire nel cuore, meditare, significa guardare la realtà, gli avvenimenti della storia, non limitandosi a osservarli dall’esterno o da una prospettiva più appariscente e gratificante, ma cogliendone il vero e profondo significato, rintracciando tutte le connessioni e legami. Diventa una nuova modalità di leggere la storia, la stessa nostra vita, scoprendovi l’azione di Dio che guida e dà senso e significato ad ogni nostro gesto, a tutto quello che noi facciamo. Il mistero del Natale, che si colloca alla fine di un anno sociale, domanda di essere contemplato, meditato da ciascuno di noi per essere poi accolto e diventare così fonte di vita e di salvezza. Chiede, come ha fatto Maria, di essere custodito nel cuore, se vogliamo che porti frutto nel tempo e non si esaurisca in un sentimento passeggero. Sono così più evidenti gli atteggiamenti di fondo che la celebrazione di questa sera ci propone: serbare, custodire, meditare, contemplare. Tutti inusuali per i nostri tempi e in particolare per la serata del 31 dicembre! Ed è per questo carissimi che mi sento di riaffermare con forza e convinzione la necessità di recuperare il tempo del silenzio, della meditazione, della riflessione se vogliamo leggere la storia da una prospettiva più vera e costruttiva. Altrimenti, anche le esperienze più forti e significative che abbiamo vissuto in quest’anno, come l’amore, la solidarietà e la condivisione, l’accoglienza e l’amicizia, sfuggono via senza lasciare un segno, una traccia che permetta di essere riconosciuta e valorizzata come testimonianza per gli altri, con il rischio così che rimangano solo superficiali ed occasionali. Se invece entriamo nel tempo di Dio, saremo aiutati a soffermarci di più sul bene che sta attorno a noi e sui segni della sua presenza.
 
Alla chiusura di un altro anno, siamo invitati a fare un bilancio, ripensando al bene fatto o che potevamo fare e al male invece che non siamo riusciti a evitare. Un bilancio è utile e necessario, ma non solo per valutare il passato, ma soprattutto per impostare il futuro, il cammino che ci sta davanti, per orientare alcune scelte di vita che riteniamo non più procrastinabili. Mi sembra significativa la modalità che ci propone la liturgia per la fine dell’anno: il canto del Te Deum! Il Te Deum è un inno di ringraziamento che inizia con la gioia: “Noi ti lodiamo, ti proclamiamo Signore…” e termina con una invocazione di fiducia: “ Tu sei, o Dio, la nostra speranza, non saremo confusi in eterno”. Nonostante tutto, nonostante le difficoltà personali, famigliari e sociali, siamo qui per riconoscere che l’amore vince l’odio, che il bene è più grande del male, che Dio nel suo figlio Gesù non ci lascia soli, ma cammina insieme con noi e rischiara la strada. Possiamo ben ricordare il detto della saggezza popolare secondo cui l’albero che cade fa più rumore della foresta che cresce. E’ vero, siamo un po’ più poveri materialmente dell’anno scorso. Ma la speranza non è morta, perché è cresciuta la nostra responsabilità. La persistente crisi economica che ci portiamo dietro da molto tempo e della quale non vediamo ancora la fine, ci faccia assumere comportamenti nuovi e percorrere vie di giustizia, onestà e solidarietà vera, vincendo sempre il male con il bene.
 
A conclusione di quest’anno, permettete un ricordo particolare per tutti quei cristiani che nel mondo sono vittime dell’intolleranza religiosa. Ne parliamo troppo poco e soprattutto è un argomento che non interessa molto i giornali e, purtroppo, nemmeno molti cristiani! I dati ci dicono che nel mondo, a causa della propria fede almeno un cristiano su dieci, cioè circa 200 milioni di persone, vivono in condizioni durissime, spesso in regime di aperta persecuzione e di pericolo quotidiano. Sono in Nigeria, in Pakistan e India, in Cina e in Indonesia e soprattutto in molti paesi del Medio oriente. Risentiamo quanto Papa Benedetto ci ha scritto nel messaggio per la giornata della pace del 2011: “Mi rivolgo, infine, alle comunità cristiane che soffrono persecuzioni, discriminazioni, atti di violenza e intolleranza, in particolare in Asia, in Africa, nel Medio Oriente e specialmente nella Terra Santa, luogo prescelto e benedetto da Dio. Mentre rinnovo ad esse il mio affetto paterno e assicuro la mia preghiera, chiedo a tutti i responsabili di agire prontamente per porre fine ad ogni sopruso contro i cristiani, che abitano in quelle regioni. Possano i discepoli di Cristo, dinanzi alle presenti avversità, non perdersi d’animo, perché la testimonianza del Vangelo è e sarà sempre segno di contraddizione”.
 
            Signore Gesù, al termine di questo anno, accogli la nostra preghiera e perdona le colpe dei giorni sprecati nell’egoismo e nell’insensibilità. Donaci di custodire nel nostro cuore la tua Parola e dacci giorni di serenità e di pace.
 
 
            Sia lodato Gesù Cristo!
 
 
                                                                       + Giuseppe Pellegrini
                                                                                  vescovo