Oratorio: apro? Chiudo?

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Giovedì 17 marzo, Casa della Madonna Pellegrina, ore 19-22, convegno e presentazione dell’indagine sugli oratori in diocesi.
 
Impossibile non pensare a Celentano che in “Azzurro” cantava (e ancora canta): “Sembra quand’ero all’oratorio / con tanto sole, tanti anni fa /quelle domeniche da solo / in un cortile a passeggiar. Ora mi annoio piu’ di allora / neanche un prete per chiaccherar…”.
Quel mondo è finito? Mentana qualche tempo fa al TG7 ha nominato gli oratori, aggiungendo: “Ma gli oratori ormai non esistono più”; mentre l’anno scorso Luciana Littizzetto a “Che tempo che fa” – a suo modo implorante e all’apparenza sinceramente preoccupata – è sbottata: “Eminenza, faccia di tutto, faccia qualcosa. Spalanchi gli oratori…” Scomparsi, in agonia, in ripresa? Ambienti di formazione o solo sale giochi; spazi per ragazzini o luoghi di incontri veri e ancora importanti? Gli oratori possono essere o diventare di tutto; la scommessa è far sì che siano spazi aperti, propositivi, ricchi di relazioni, di proposte, di occasioni di confronto e di crescita. Ho usato la parola “scommessa” non a caso, perché con i tempi che corrono e con il clima culturale che ci ritroviamo, “aprire” significa correre tutti i rischi possibili. Ma o si è aperti o si è insignificanti. Non possiamo più pensare l’oratorio come uno spazio protetto dove avvengono solo cose che riteniamo buone e corrette, per  gruppi di ragazzini, adolescenti e giovani sicuri e fidati. Dovrà necessariamente essere una specie di crocevia, dove si passa, ma anche ci si può fermare; ci si incontra e ci si scontra; si offre e si riceve; si sta volentieri perché è a misura e ci si ritorna perché si sa che le porte restano aperte e che qualcuno c’è a garantire aria pulita e – se ci fosse la voglia – anche disposto a chiacchierare. Non sarà più il giovane prete dei tempi passati, ma qualcuno preparato e disponibile, sì. Possiamo seriamente pensare a quella che chiamiamo pastorale giovanile senza spazi di questo genere?
don Fermo Querin