Terza Domenica di Quaresima 2014

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III domenica di Quaresima Gv 4,5-42 – (versione lunga)
 
Dopo aver ricevuto dal Signore l’invito a vincere la nostra naturale propensione all’egoismo (I domenica) e a trovare il tempo per stare con lui e gustare il segno della sua grandezza (II domenica), in questa terza domenica di Quaresima siamo invitati a comprendere la sua presenza in mezzo a noi come acqua viva di salvezza per tutti, da testimoniare con la gioia della fede e l’annuncio esplicito.
Nel Vangelo che ascolteremo, l’incontro di Gesù con una donna samaritana di dubbi costumi aiuterà a capire come la coscienza del nostro peccato ci permetta di uscire dai compromessi con le nostre paure che ci intorbidiscono l’acqua. L’acqua viva che egli ci dà è il battesimo che riempie invece di senso i nostri migliori sforzi.
 
Falsa partenza. L’incontro tra Gesù e la Samaritana avviene in una situazione particolare, imbaraz­zante (vv. 5-9). La donna va ad attingere acqua con una sorta di rassegnazione. Deve muoversi a mezzogiorno, quando è sicura di non incontrare la derisione pubblica, e vorrebbe non aver più bisogno di farlo. Cerca di non ascoltare la sua anima che le grida di aver bisogno di ben altra acqua e questo straniero si mette a fare promesse senza sapere cosa pensa lei niente della sua vita e dei suoi bisogni.
Gesù da parte sua non è nel pieno del suo ministero. Non sta predicando nè guarendo malati: sta semplicemente riposando. Non c’è più neppure la distanza del ruolo o del guaritore: Gesù le è così vicino da chiedere il suo aiuto. Nonostante ciò la situazione è stanca, ferma: si respira rassegnazione, disillusione, mentre il Signore dà  l’impressione di non volersi muovere troppo per il caldo del mezzogiorno.
 
Ma dove prendi l’acqua viva?  In questa apparente stanchezza pomeridiana avviene invece qualcosa di unico. In una prima parte del dialogo (vv. 7-15), Gesù comincia alle larghe ma nello stesso tempo da vicino, da dentro: il bisogno di acqua viva. Un po’ provocatore e un po’ beffardo, costringe la donna a uscire dal suo guscio e a misurarsi sulle sue parole.
Lei reagisce sullo stesso piano, guardinga e affilata: «Non hai un secchio! Sei forse più grande di Giacobbe?» (vv. 11-12). Non ascolta passivamente ed è proprio questa reazione a suscitare in lei la speranza che questo individuo abbia qualcosa di più da darle che questo ambiguo scambio di parole.
Questa schermaglia termina al v.15. Di fronte alla prospettiva di una sorgente interiore che zampilla inalterata la donna cambia modo, si incuriosisce a quella che sembra una soluzione radicale alle sue domande più profonde: «Dammi di quest’acqua». In tutto questo percorso quello che stupisce di più è che Gesù sta al gioco di questa donna e non teme di farsi prendere un poco in giro.
 
Per non avere più sete. La donna comunque non ha ancora capito del tutto il salto che Gesù la invita a fare e la sete più profonda che lui vuole soddisfare. Il passo decisivo che abbatte le barriere inizia così «Va’ a chiamare tuo marito!» (v. 16). Sembra malvagio Gesù, vendicativo. Sappiamo che conosce i pensieri degli uomini. Allora perchè deve ferire questa donna se vuole dissetarla? Ma proprio da questa apparente impertinenza nasce qualcosa di nuovo. La donna infatti risponde a monosillabi ma non mente, nè reagisce, nè allontana l’importuno. E’ cosciente della propria situazione irregolare e conserva una sorta di triste pudore (vv. 17-19). Nello stesso tempo, però, non appena si rende conto che Gesù conosce la sua situazione e non la disprezza, capisce chi è e soprattutto la sincerità della sua proposta. E’ un profeta, e sta parlando con lei, il che significa che Dio non la sta rifiutando del tutto e che può chiedere l’acqua di cui ha veramente bisogno che non è nel pozzo, nè nel marito ma di poter adorare Dio anche se samaritana, anche se irregolare rispetto alla legge (vv. 19-20).
 
Annuncio e comunione. In questo modo è in grado di ascoltare da Gesù il lieto annuncio dei veri adoratori in Spirito e verità, che concede a tutti di raggiungere un vero rapporto con Dio senza gerarchie esteriori e ingannevoli. In questo annuncio per lei liberante riconosce il Messia e diventa spontaneamente ‘apostola’ nei confronti dei Samaritani: coloro che prima voleva evitare (venendo al pozzo a mezzogiorno) diventano destinatari di un annuncio strepitoso e consolante. Con una pulizia invidiabile: “Venite a vedere” (v. 29), annuncio libero e sincero di una scoperta fatta che non vuole costringere nessuno ma solo condividere. Anche i suoi compaesani riconoscono la bellezza discreta del suo stile: “Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo ma perchè noi stessi abbiamo udito” (v. 42).
 
I discepoli invece… Ai vv. 31-38 Gesù chiede ai suoi discepoli di fare una esperienza parallela: egli ha un cibo che loro non conoscono che è fare la volontà del Padre, cibo che Gesù condividerà presto con loro. Per i discepoli però è più difficile aprire il cuore, forse proprio perchè si sentono più vicini al maestro di quanto non lo possa essere quella donna samaritana che se ne sta andando. Per questo sono forse più preoccupati di stare loro vicino al maestro invece che gustare il dono del maestro vicino a loro.
 
Dio al nostro pozzo.  Il peccato e lo sbaglio fanno parte della nostra esperienza. Il cammino quaresimale di esame di coscienza ci permette di vedere che Cristo ci viene incontro proprio perchè conosce le nostre debolezze e di apprezzare questa sua attenzione, primo passo per accogliere il vero Dio, misericordia. L’acqua viva è un dono per i nostri bisogni, non un premio per i nostri meriti.
In questo cammino di riconoscimento delle nostre colpe, Gesù può sembrare distante, disinteressato, a riposo. In realtà si muove all’interno dei nostri dubbi e del tono beffardo con cui a volte gli rinfacciamo la severità di alcune sue leggi o l’inefficacia delle sue promesse. Viene discretamente all’interno delle nostre questioni e appare molto più vicino di quanto ogni peccatore possa immaginare. Sembra a volte solo un assetato seduto ad un pozzo e poi scopriamo che è il Messia.