45° Giornata Nazionale per la Vita

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In questa quinta Domenica del T.O. celebriamo la 45ma Giornata Nazionale per la Vita, voluta dai vescovi italiani sul tema: La morte non è mai una soluzione. ‘Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte’ (Sapienza 1,14). Siamo invitati a rinnovare come credenti la nostra piena adesione al Vangelo della vita, smascherando quella cultura di morte presente ai nostri giorni.

La Parola di Dio di questa domenica, che brilla come luce nelle tenebre, ci aiuta e ci chiede di essere nel mondo segni di speranza per tutta l’umanità, perché radicati e fondati sull’amore di Dio. Così abbiamo pregato all’inizio dell’Eucarestia: “Custodisci sempre con paterna bontà la tua famiglia”. Noi siamo la famiglia di Dio sulla quale veglia il suo amore. È da lui che attingiamo forza e coraggio per essere come comunità e come famiglie segni di speranza nel mondo. Il profeta Isaia ci ricorda che il vero culto a Dio non è fatto da gesti esteriori, ma “se toglierai di mezzo a te l’oppressione…. se aprirai il tuo cuore all’affamato… allora brillerà fra le tenebre la tua luce” (58,10). Gesù, rivolgendosi non solo ai discepoli ma tutta la folla e a tutti quelli che desiderano vivere lo spirito delle Beatitudini, invita ad essere “sale della terra e luce del mondo” (Matteo 5,13-16). Voi siete il sale della terra. Sappiamo che il sale serve per condire i cibi e anche per conservare certi alimenti, altrimenti marciscono. Abbiamo tutti il compito, sia nella vita che nell’umanità, di portare sapore, di essere forza in un mondo che ha perso la gioia di vivere e di amare senza interessi personali. Abbiamo il compito, come cristiani e discepoli del Signore, di preservare ciò che nel mondo vale e merita di essere accolto e, invece, di opporci ad ogni corruzione e ad ogni forma di morte.

La seconda immagine che usa Gesù, voi siete la luce del mondo, è ancora più incisiva, perché senza la luce del sole ci sarebbero solo tenebre e non ci sarebbero i colori e le bellezze del creato. Ma sappiamo che Gesù parla anche di una luce interiore, che è dentro di noi. Nel Vangelo di Giovanni Gesù dice di se stesso: “Io sono la luce del mondo” (8,12). Ecco perché l’invito di Gesù ad essere luce del mondo ci sorprende un po’, ci fa paura perché è Lui la luce, e noi come possiamo esserlo con i nostri limiti e le nostre fragilità? Chi vive secondo il Vangelo può diventare una manciata di sole e un raggio di luce che aiuta l’umanità ad essere più umana, più attenta al progetto che Dio ha su di noi. Anche perché la forza del sole e della luce consiste nel perdersi dentro le cose del mondo, senza mai far violenza o imporsi, per poi scomparire e lasciare la vita andare avanti. Ma Gesù ci invita ad essere attenti perché il sole può essere nascosto e il sale può perdere il suo sapore. Anche la nostra vocazione e la nostra fede nel Signore si possono annebbiare e perdere il vigore iniziale. Provvidenziale diventa la celebrazione annuale della Giornata per la Vita che ci aiuta a non rassegnarsi a una cultura che la mette sempre più in discussione, e non solo, ma che ci propone ‘la cultura della morte’. Questa giornata, voluta dai vescovi italiani dopo che fu approvata in Italia la legge sull’aborto nel 1978, per esprimere tutta la forza della non rassegnazione alla cultura dello scarto e per tenere svegli le coscienze rispetto al possibile prevalere dell’assuefazione. Nel 1984 la Chiesa italiana scriveva: “La Chiesa vuole stare dalla parte di tutti coloro che lottano contro ogni forma di violenza sull’uomo. Perciò non si rassegna e richiama le coscienze a combattere anche quella particolare violenza che è la soppressione del nascituro”.

“In questo nostro tempo, quando l’esistenza si fa complessa e impegnativa, quando sembra che la sfida sia insuperabile e il peso insopportabile, sempre più spesso si approda a una ‘soluzione’ drammatica: dare la morte”. Così inizia il testo del messaggio che riguarda la cultura di morte che oggi si sta diffondendo sempre di più in tante forme: dall’aborto, all’eutanasia, al suicidio assistito, e a tante altre situazioni di non cura dei poveri e sofferenti, nel corpo e nello spirito. la morte di alcune situazioni di malattia fisica e anche psicologica. Mi soffermo a richiamare alcuni passaggi del messaggio dei vescovi, che ci aiutano veramente a comprendere il tempo in cui viviamo e certe soluzioni che, purtroppo, si mettono in atto. “Dietro queste soluzioni – si legge – è possibile riconoscere importanti interessi economici e ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiosi, mentre non lo sono affatto”. “Quando un figlio non lo si può mantenere, quando non è voluto o so che nascerà disabile, limitando la mia libertà…. la soluzione è spesso l’aborto”. “Quando una malattia non la posso sopportare, quando rimango solo, quando non sopporto vedere soffrire una persona cara, … la via d’uscita può consistere nell’eutanasia o nel suicidio assistito”. “Quando l’accoglienza e l’integrazione di chi fugge dalla guerra o dalla miseria comporta problemi economici, culturali e sociali…. si preferisce abbandonare le persone al loro destino, condannandole ad una morte ingiusta”.

Nel messaggio ci sono anche alcuni riferimenti ai disagi del mondo giovanile che preoccupano molto, posti come interrogativi. “Siamo sicuri che la radice profonda dei femminicidi, delle violenze sui bambini, dell’aggressività delle baby gang non sia data da questa crescente dissacrazione della vita? Siamo sicuri che dietro il crescente suicidio, anche di giovani, non ci sia l’idea che la vita è mia e ne faccio quello che voglio?”. Il primo passo verso la dissacrazione è dimenticarci che la vita umana è prima di tutto un dono da accogliere e custodire. Leggevo l’altro giorno sui giornali una notizia: “Ha lasciato un biglietto per salutare amici e parenti in cui definisce la sua vita un fallimento. E poi si è suicidata nei bagni dell’università che frequentava a Milano. Aveva 19 anni”. Impressionante commento di una sua amica e compagna di corso: “Buongiorno ragazzi iniziamo velocemente l’appello. Così è iniziata la mia giornata a due passi dal luogo del suicidio del giorno prima, dove 230 studenti vengono chiamati per nome per sostenere l’esame. Uno tra tanti ma forse uno di quelli che ha mancato la soddisfazione di un’anima pesante e fragile; una di quelle a cui si doveva dare ascolto. E ho l’impressione che, nonostante il suo ultimo agonizzante urlo, tutti oggi siamo improv- visamente diventati sordi e che il fallimento che se l’è portata via, sia adesso in ognuno di noi”.

Prende ancora più valore il grido dei vescovi: la morte non è mai una soluzione, qualsiasi siano i problemi e le difficoltà. Guardando a Gesù, siamo invitati anche noi non a dare la morte, ma la vita. Gesù ci ha donato la sua vita morendo per noi, ma a vincere non è stata la morte, ma la vita, perché “Il crocifisso è risorto” (Marco16,6). Gesù ci chiede di vivere la vita in pienezza, a dare un senso e un significato anche quando è faticoso o viene minacciata. Ci insegna a condividere, accogliere e custodire ogni segno di vita umana, anzi, ogni segno di vita, anche dell’universo, perché tutto è opera di Dio. Anche la chiesa nostra madre è chiamata a difendere la vita e noi siamo chiamati ad aiutarla perché sia madre di tutti. Solo l’amore rivela la pienezza della vita.

“La giornata per la vita – conclude il messaggio dei vescovi – rinnovi l’adesione dei cattolici al Vangelo della vita, smascherando la cultura della morte. Rinvigorisca una carità che sappia farsi preghiera e azione; anelito e annuncio della pienezza di vita che Dio desidera per i suoi figli”.

 

+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo