CORPUS DOMINI

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Celebriamo oggi la solennità del Corpus Domini istituita nel 1247 in Belgio, per celebrare la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, messa in dubbio da alcuni che parlavano solo di presenza simbolica. Qualche anno dopo, nel 1264, il Papa nel riconoscere il miracolo eucaristico di Bolsena estese la festa del Corpus Domini a tutta la Chiesa universale. Questa celebrazione diventa per tutti noi un’opportunità per comprendere sempre di più il valore e il significato dell’Eucaristia e per adorare il Corpo di Gesù donato e il suo Sangue versato per la salvezza di tutta l’umanità.

Ci lasciamo guidare dalla Parola di Dio, in particolare dalle parole di Gesù nel Vangelo: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Giovanni 6,51). Siamo all’interno del capitolo VI di Giovanni, il grande discorso di Gesù sull’Eucaristia che inizia con il racconto della moltiplicazione dei pani, per poi spiegare quell’evento riferendolo a se stesso, e alla risposta che Gesù ha dato ai suoi ascoltatori che non comprendevano bene cosa volesse dire. Il brano di oggi è molto denso: guardiamo alle cinque parole ricorrenti: mangiare (8 volte), bere/bevande (4), vita/vivere (9), carne (6), sangue (4). Nel discorso così importante e anche determinante per la sua vita, Gesù usa delle immagini molto semplici prese dalla vita quotidiana: in particolare l’immagine del mangiare il pane. Cibo umile, semplice che quotidianamente ci sostiene e che diventa il simbolo della vita. A questo significato, Gesù ne propone uno in più, affermando che è necessario non solo un alimento per la vita fisica, ma pure un alimento interiore, un cibo che sostiene e fa crescere la vita interiore, la vita eterna: “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”. Lui stesso è quel pane per la vita eterna: un pane che non viene dagli uomini e che gli uomini non possono darsi perché viene dal cielo, da Dio. E Gesù ci invita a mangiarlo. Un invito che sconcerta gli avversari ma anche gli amici e che Gesù ribadisce più volte.

Mentre la nostra vita scorre inesorabilmente verso la morte Gesù corregge questo piano inclinato mostrandoci, invece, che la nostra vita corre verso Dio. Ecco perché è importante riceverlo dentro di noi, mangiare quel pane che il corpo di Gesù. Comprendiamo così l’invito che Mosè ha fatto al popolo nel deserto: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere” (Deuteronomio 8,2). Anche noi siamo invitati oggi a ricordare quanto Dio ha fatto per noi, quanta benevolenza ci dimostra, quanti sostegni ci offre per vivere bene ed essere forte nelle situazioni di difficoltà e nelle avversità. Il dono della manna è stato un segno della benevolenza di Dio ed è considerato una prefigurazione di un altro dono ben più grande, che è la vita che Gesù stesso ci ha donato, perché noi potessimo vivere la nostra in pienezza. Nel deserto della vita non siamo soli; il Signore Gesù cammina con noi donandoci il suo corpo il suo sangue che, come ci ricorda San Paolo nella seconda lettura, ci fa essere in comunione profonda con lui e tra di noi, formando il corpo di Cristo che è la chiesa: “Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo” (1Corinzi 10,17).

La festa di quest’oggi, legata indissolubilmente alla celebrazione del giovedì santo, l’Istituzione dell’Eucaristia, ci aiuta a penetrare ancora più profondamente il significato per noi e per la vita della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato che l’Eucaristia è il centro, il culmine e la sorgente della vita della Chiesa e della comunità cristiana. Domandiamoci: cosa significa partecipare ogni domenica alla celebrazione dell’Eucaristia? Cosa significa mangiare il suo corpo? Mangiare e bere la vita di Cristo, non significa solo adorare il corpo e sangue del Signore, ma fare memoria e nutrirci di Cristo che si dona come pane spezzato e sangue versato, per tutti, così da dire anche noi, come san Paolo: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Galati 2,20). Carissimi, noi tutti siamo invitati ad assimilare ciò che la vita di Gesù ha significato, fino a diventare noi stessi il corpo di Cristo. Infatti, nella nostra vita scorre il sangue di Gesù, il flusso della sua vita che ci aiuta a vivere come lui e a farci dono per gli altri. Vivo di Cristo e come Cristo, per dare un senso ancora più pieno alla mia vita. Ce lo ricorda bene Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e Dio in lui chiuse” (6,59). Determinante è la piccolissima preposizione “in”, che crea legami di intimità, innestandoci in Gesù e diventando come Lui: Gesù che si è incarnato, che è nato da Maria, che è morto sulla croce e che è risorto. Lui vive in me, e io divento il segno vivo della sua presenza nel mondo. Ogni volta che partecipiamo alla santa Messa, dovremmo rimanere incantati e sorprenderci quando il celebrante ridice le parole di Gesù: “Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi. Prendete e bevetene tutti, questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me” Dovremmo sentire queste parole come una grande dichiarazione d’amore che Dio fa attraverso il suo Figlio a tutta l’umanità. Scrive Ermes Ronchi: “Cristo vuole che nelle nostre vene scorra il flusso caldo della sua vita, che nel cuore metta radici il suo coraggio, perché ci incamminiamo a vivere l’esistenza come l’ha vissuta a lui. Dio si è fatto uomo perché ogni uomo si faccia come Dio”. Sia così la nostra vita personale e la vita di tutte le nostre comunità cristiane.

 

+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo