ANNIVERSARIO MORTE CARD. CARLO MARIA MARTINI

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Carissimi, abbiamo vissuto un bel momento che ci ha aiutato a riflettere sulla figura e gli insegnamenti del card. Carlo Maria Martini, sostenuti dalla testimonianza della sorella e dalla bella mostra che è stata allestita nel nostro museo. Ora ci troviamo insieme in cappella per ricordare con la celebrazione dell’Eucaristia l’undicesimo Anniversario della sua morte, avvenuta a Gallarate il 31 agosto del 2012. Il Vangelo di oggi ci sollecita a coltivare la virtù della vigilanza: vivere ogni attimo alla presenza di Dio, sicuri che egli è sempre con noi, che non ci lasci a soli, nemmeno nello scorrere inesorabile del tempo. Il Signore viene: ecco la radice della nostra speranza, la sicurezza che tra le tribolazioni del mondo giunge a noi la consolazione di Dio, una consolazione che non è fatta di parole, ma di presenza, della sua presenza che viene in mezzo a noi. Il discepolo è colui che non si perde d’animo, che non ci lascia prendere dal panico e attende il ritorno del Signore. È colui che non si addormenta, non si lascia intorpidire dall’abitudine, guardandosi attorno con autentica capacità di discernimento. Da tutto questo Gesù vuole ridestarci. Lo fa con un verbo: “Vegliate” (Matteo 24,42). Vegliare era il lavoro della sentinella, che vigilava restando sveglia mentre tutti dormivano. Vegliare è non cedere al sonno che avvolge tutti. Per poter vegliare occorre avere una speranza certa: che la notte non durerà sempre, che presto arriverà l’alba. È così anche per noi: Dio viene e la sua luce rischiarerà pure le tenebre più fitte. Suppone una solida speranza e una costante presenza dello Spirito proprio per essere capaci di discernere i segni dei tempi. Tenersi pronti significa porsi sempre davanti al Signore, sentirlo sempre vicino in tutte le pieghe della nostra esistenza. Nella parabola del servitore, che oggi il brano di Vangelo ci propone, la vigilanza prende la forma di una fedeltà responsabile verso quei compiti che il Signore ci affida, nel momento in cui, chiamandoci alla vita, ci assegna un pezzo di storia umana da costruire con lui, sempre dominati sostenuti e guidati dalla sua parola.

Chiediamo al Signore il suo Spirito, per vivere in pienezza, in questo tempo, la capacità del dominio di sé e di disciplina nella nostra vita, come ha vissuto il card. Martini. Martini non ci ha lasciato un testamento spirituale, nel senso esplicito della parola. La sua eredità è tutta nella sua vita e nel suo magistero e noi dovremo continuare ad attingervi a lungo. Ha, però, scelto la frase da porre sulla sua tomba, tratta dal Salmo 119: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”. In tal modo, egli stesso ci ha dato la chiave per interpretare la sua esistenza e il suo ministero. La luce della Parola di Dio, sulla scia del Concilio Vaticano II, abbondantemente profusa, è il dono attraverso il quale Gesù accoglie chiunque decide di seguirlo. Dio è veramente vicino a ciascun uomo, qualunque sia la situazione in cui versa, la posizione del suo cuore, l’orientamento della sua ragione, l’energia della sua azione. Nella sua vita ha sempre cercato di abbracciare tutto l’uomo e tutti gli uomini. Lo ha potuto fare proprio perché era ben radicato nella certezza incrollabile che Gesù Cristo, con la Sua morte e risurrezione, è perennemente offerto alla libertà di ognuno. Ce lo ha sapientemente ricordato nella sua ultima intervista prima della morte. “La Chiesa è stanca, nell’Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l’apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose però esprimono quello che noi siamo oggi? Il benessere pesa. Noi ci troviamo lì come il giovane ricco che triste se ne andò via quando Gesù lo chiamò per farlo diventare suo discepolo. … La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e dipendo dall’aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l’amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa. Solo l’amore vince la stanchezza. Dio è Amore. Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?”.

La figura di Carlo Maria Martini è ancora viva nella Chiesa. Un magistero e una testimonianza così profondi e carichi di sollecitazioni nella vita personale di ciascuno, che rendono il Cardinale un faro anche oggi. Certo il mondo e la Chiesa sono profondamente cambiati dalla sua morte. La Parola è stata il suo fondamento, che ha fatto conoscere e amare, le sue lettere pastorali e i corsi di esercizi spirituali, puntualmente venivano meditati ben oltre i suoi confini. Eppure, rileggendo quelle parole oggi, manifestano tutta la loro attualità: sanno parlare con efficacia all’uomo di oggi, come a quello del suo tempo. Ringrazio il Signore per averlo incontrato personalmente nel 2005, in Casa Assistenti a Roma, qualche ora prima del suo ingresso in Conclave. Una testimonianza di lucidità, di umiltà e di amore alla Chiesa che mi hanno aiutato a vivere con serenità alcuni omenti non facile della vita della Chiesa. Grazie di cuore.

 

+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo