Carissime e carissimi, con la celebrazione della S. Messa nella Cena del Signore, entriamo nel mistero pasquale, il mistero della nostra salvezza che riviviamo in questi tre giorni santi, cuore della fede cristiana, di passione, morte e risurrezione del Signore Gesù. È soprattutto l’ascolto della Parola che ci permette di partecipare e di entrare nella sua piena comprensione. Lo facciamo ricordando la Pasqua del popolo di Israele nel racconto dell’Esodo e la Pasqua di Gesù nel racconto di Paolo e nella versione dell’evangelista Giovanni. Ciascuna esperienza è associata al comunissimo evento di una cena, segno di convivialità e intimità, ma che in questi contesti assume la dimensione del camminare insieme dalla schiavitù alla libertà; di Gesù che si fa pane spezzato per noi e che si china sulla nostra umanità con il gesto della lavanda dei piedi. È il cammino che anche noi, in questi giorni santi, desideriamo compiere verso il Signore, per presentargli la nostra vita e il nostro desiderio di bene e di amore, ma anche un cammino verso l’umanità sfigurata da ingiustizie, guerre e violenze inaudite, per portare nel mondo l’amore di Dio e il suo progetto di salvezza.
Ci soffermiamo a considerare il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia fattoci da Paolo e da Giovanni. San Paolo dice ai cristiani di Corinto, in merito al gesto liturgico che essi compiono nel giorno del Signore: “Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso” (1Corinzi 11,23). L’Eucaristia non è qualcosa che la Chiesa si è data, ma semplicemente un’azione ricevuta dal Signore e che sempre dovrà essere trasmessa ai credenti, così come i Vangeli e Paolo ce l’hanno tramandata. “Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese il pane e, dopo aver reso grazie lo spezzò e disse: ‘Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me” (11,23-24). È la notte del tradimento, del non riconoscimento e dell’abbandono da parte di tutti i discepoli. Proprio nel momento dello sfaldamento del gruppo e dell’assenza di qualsiasi legame umano, Gesù fa il dono dell’Eucaristia e dell’alleanza, perché ama senza misura, ama al di là del coraggio e dei meriti di ciascuno. La tavola eucaristica di Gesù non è definita dall’essere giusti o ingiusti; nessuno era degno quella sera, in quel pasto eucaristico, sedere a cena con Gesù! Ma proprio in quel contesto Gesù ha spezzato il pane. un corpo che è per voi, per noi, ad indicare che è un corpo dato, vita spesa fino all’estremo, vita offerta per gli altri, vita che crea relazione profonda. L’espressione ‘corpo per voi’ nega ogni logica individualista, ogni egoismo e ogni divisione. Paolo ha ricordato alla comunità di Corinto e ricorda anche a noi che non si può partecipare all’Eucaristia e poi vivere nella logica di pensare solo a se stessi, di salvare la propria vita escludendo gli altri, senza una vera comunione. È l’Eucaristia che fa la Chiesa, rendendoci tutti fratelli e aiutandoci a volerci bene ed essere contenti di stare insieme. Le parole che Gesù ha pronunciato sul pane e sul vino e trasformate nel suo corpo e nel suo sangue, segno di una vita spesa e donata fino alla morte, oggi le ripete per noi e per ogni nostra comunità, per ogni comunità cristiana che celebra l’Eucaristia anche se viviamo ancora la divisione e la separazione con gli altri cristiani, nostri fratelli e sorelle. Stasera desideriamo pregare in modo particolare per l’unità di tutti i cristiani.
Nel vangelo di Giovanni, non troviamo il racconto dell’Istituzione dell’Eucaristia ma la lavanda dei piedi ai discepoli da parte di Gesù, gesto eucaristico che manifesta ancora più visibilmente l’amore di cui Gesù è stato capace, spendendo la sua vita per noi. Mi soffermo sul primo versetto del Vangelo appena proclamato: “Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (13,1). Non è una semplice introduzione alla narrazione della lavanda dei piedi, ma l’affermazione della piena consapevolezza di quello che Gesù aveva fatto nella sua vita e nel gesto che stava compiendo. Gesù si consegna liberamente alla passione – come recita la seconda preghiera eucaristica – e lo fà per amore del Padre e per amore di tutta l’umanità, amandoci fino alla fine. Gesù si consegna liberamente, nella certezza di aver ricevuto tutto dal Padre e in particolare per l’autorità che il Padre gli aveva dato e che Lui aveva vissuto mettendosi a servizio dell’umanità, con un amore senza misura, ridonando dignità a chi l’aveva smarrita, abbacchiando i lebbrosi e curando ogni sorta di infermità. Gesù si alzò da tavola e si mise a lavare i piedi ai suoi discepoli. Un gesto che riassume tutta la sua vita, prefigurando pure la sua morte. Così lo è anche per noi, tutte le volte che ci curviamo sulle sofferenze e sulle fragilità dei fratelli, sostenuti dalla forza e dalla potenza del Padre che non ci lascia mai soli.
Carissimi, facciamo nostre le parole di Paolo, che ci trasmesso quello che ha ricevuto da Gesù. Diventi il nostro impegno e il compito di tutta la comunità cristiana: trasmettere ciò che questa sera abbiamo ascoltato, vissuto e celebrato. Non si tratta di una semplice trasmissione di riti o di parole, ma di portare nella nostra vita quotidiana lo stile di vita di Gesù che si concretizza nell’amore, nella prossimità e nella vicinanza verso chi è nella sofferenza e nel bisogno. L’eucaristia sarà la nostra forza e il nostro sostegno. Auguro un buon Triduo Pasquale.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
