Carissimi tutti ci troviamo qui nel paese natale per celebrare la memoria liturgica del beato Padre Marco d’Aviano, nato proprio qui nel 1631 e morto a Vienna nel 1699, dove è anche stato sepolto. Padre Marco è una delle figure religiose principali del XVII° secolo, grande predicatore, apostolo di conversione e di perdono, e animatore di una rinnovata vita cristiana. Diffuse la pratica del dolore perfetto per chiedere il perdono e la misericordia del Padre. Preghiera che abbiamo fatto anche noi all’inizio della celebrazione eucaristica. Padre Marco ha annunciato per tutta la sua vita la Parola di Dio, percorrendo le strade dell’Europa e invitando sia le persone semplici che accorrevano a lui per ascoltarlo, sia i potenti della terra, ad una fede sincera, al perdono e alla penitenza. Aveva ricevuto dal Signore il dono delle guarigioni e moltissimi che lo ascoltavano, si convertirono alla fede. Così disse nell’omelia della sua beatificazione, avvenuta il 27 aprile 2003, Papa Giovanni Paolo II: “In un’epoca e in un contesto diversi, rifuse per santità il Beato Marco d’Aviano, nel cui animo aveva il desiderio di preghiera, di silenzio e di adorazione del mistero di Dio. Questo contemplativo itinerante per le strade dell’Europa fu al centro di un vasto rinnovamento spirituale grazie ad una coraggiosa predicazione accompagnata da numerosi prodigi. Profeta disarmato della misericordia divina, fu spinto dalle circostanze ad impegnarsi attivamente per difendere la libertà e l’unità dell’Europa cristiana. Al continente europeo, che si apre in questi anni a nuove prospettive di cooperazione, il Beato Marco d’Aviano ricorda che la sua unità sarà più calda se basata sulle comuni radici cristiane”.
Ho ripreso per intero quanto ha detto San Giovanni Paolo II, perché è molto attuale anche ai nostri giorni, dove le Istituzioni europee fanno fatica a ripensare alle proprie radici cristiane, anzi, vogliono spesso dimenticarle, nella convinzione che siano superate e che sia necessaria una nuova solidarietà e fratellanza tra i popoli. Sta di fatto che dimenticandosi della forza dell’amore e del perdono che Gesù ci ha testimoniato, l’Europa rischia di non comprendere il vero significato e il vero valore della giustizia e della pace, ricorrendo, come sta succedendo oggi, a teorie, stratagemmi e scelte che non portano al rispetto della persona e dei popoli, ma di chi è più forte, di chi mostra i muscoli, provocando l’uso della forza e alimentando le guerre con la produzione sempre più elevata di armi, che stanno devastando l’umanità. Padre Marco aveva ben chiara l’idea che l’amore e la giustizia, il rispetto dell’altro e la salvaguardia della propria fede, hanno come punto centrale quanto ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella prima lettura: “L’amore di Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti … perché quelli che vivono non vivano più per se stessi” (2Corinzi 5,14-15). Una scuola di vita che non può essere dimenticata o tacciata di parzialità. Papa Giovanni Paolo II nel tracciare una sintesi della vita di padre Marco lo ha definito: contemplativo itinerante e profeta disarmato della Misericordia. Il ministero e la predicazione di p. Marco avevano come punto di riferimento la centralità di Gesù Cristo e la relazione personale con Lui. Pur desiderando una vita nascosta, contemplativa e silenziosa, p. Marco ha obbedito alla voce del Signore che gli chiedeva di andare, di uscire, non per distrazione o per paura, ma per annunciare a tutti, poveri e ricchi, l’amore e la misericordia di Dio, che in Gesù si sono fatte dono totale di sé fino alla morte. Fu così che, per volontà di altri, quando era necessaria la sua presenza, padre Marco, come lo si vede ritratto in uno dei primi dipinti, si recò sul campo di battaglia nei pressi di Vienna, per pacificare i vari comandanti degli eserciti ma soprattutto per portare una parola di fede, di speranza e di perdono alle truppe che salvarono l’Europa dagli invasori.
È lo stesso invito che viene rivolto anche a noi dal Vangelo di oggi: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura” (Marco 16,15). Gesù ha affidato ai suoi discepoli, anche se non ancora pronti e paurosi perché non avevano ancora compreso fino in fondo il suo messaggio, la missione di portare nel mondo la sua parola e la sua testimonianza. Gesù Risorto da ora in poi sarà presente nella comunità cristiana e nella testimonianza dei discepoli. Anche noi siamo invitati a testimoniare l’amore di Dio e lo stile di vita di Gesù nel mondo, negli ambienti dove viviamo, nella nostra quotidianità. Attraverso di noi, lui vuole continuare la sua missione per rivelare la Buona Novella dell’amore di Dio ai poveri. Una comunità che voglia essere testimone della Risurrezione deve essere segno di vita, deve lottare contro le forze della morte, in modo che il mondo sia un luogo favorevole alla vita, dove credere che un altro mondo è possibile. Soprattutto in quei paesi dove la vita della gente è in pericolo a causa delle guerre e delle ingiustizie. Le comunità devono essere una prova viva della speranza che vince il mondo, senza timore di essere felici!
Nell’Angelus del 27 aprile 2003 Papa Giovanni Paolo II invitava i pellegrini accorsi per la Beatificazione di padre Marco a lasciarsi guidare dall’esempio del beato, per portare nel mondo la luce del risorto. P. Marco l’ha fatto con una fede incrollabile e con il suo amore filiale alla Vergine Maria. Viviamo questa festa del beato Marco e la prossima festa dell’Assunta sostenuti dalla fede e dalla bontà di padre Marco per essere come lui annunciatori nel mondo, nel nostro mondo in questi tempi non facili e complessi dove c’è ancora sofferenza e guerre, l’amore e la misericordia di Dio.
Buona festa a tutti.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
