Omelia festa patrono S. Bartolomeo e Dedicazione Altare, Corva 24 agosto 2024

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Carissimi, in questo giorno di festa del patrono san Bartolomeo apostolo, dedichiamo il nuovo Altare che porta a compimento l’adeguamento liturgico del presbiterio secondo lo spirito del Concilio Vaticano II. La vostra Chiesa parrocchiale era già bella, ma ora lo è ancora di più perché mette in risalto la centralità dell’altare, segno di Cristo dal cui fianco squarciato scaturirono l’acqua e il sangue, fonte dei sacramenti della Chiesa e centro della nostra fede e del comune rendimento di grazie. Sull’altare si celebra l’Eucaristia. Scrive papa Francesco nella Lettera Apostolica Desiderio Desideravi: “Il contenuto del pane spezzato è la croce di Gesù, il suo sacrificio in obbedienza d’amore al Padre. Se non avessimo avuto l’Ultima Cena, vale a dire l’anticipazione rituale della sua morte, non avremmo potuto comprendere come l’esecuzione della sua condanna a morte potesse essere l’atto di culto perfetto e gradito al Padre, l’unico vero atto di culto. Poche ore dopo, gli apostoli avrebbero potuto vedere nella croce di Gesù, se ne avessero sostenuto il peso, che cosa voleva dire ‘corpo offerto’ e ‘sangue versato’: ed è ciò di cui facciamo memoria in ogni Eucaristia”.

Dedicare vuol dire destinare al culto da offrire a Dio. La lingua italiana ci aiuta a cogliere il senso quando si dice di una persona che è tutta dedicata alla famiglia o al suo lavoro, cioè è esclusivamente e totalmente riservata per quella missione. La vostra Chiesa è stata dedicata appena costruita dal vescovo De Zanche l’11 febbraio 1967 e successivamente arricchita dal bellissimo mosaico che ci ha descritto don Maurizio all’inizio della celebrazione. Oggi dedichiamo il nuovo Altare di pietra solida che richiama il Cristo, l’altare vivente del tempio celeste e l’Agnello “in piedi come immolato” (Apocalisse 5,6). Riconoscendo Gesù presente nel mondo, il Battista esclama: “Ecco l’agnello di Dio” (Giovanni 1,36). In piedi con la testa rivolta indietro per chiamare i discepoli a seguirlo. Questo ci ricorda che la Dedicazione dell’altare non è solo un altro esteriore pur commovente, ma una chiamata che il Signore fa a ciascuno di noi personalmente, un invito a seguirlo con tutta la nostra vita per essere i suoi testimoni nel mondo. La preghiera di Dedicazione ci ricorda i due significati principali dell’altare: ara del sacrificio del Cristo e mensa del suo convito.

“Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!”, ci ha appena ricordato la Lettera agli Ebrei (13,8). Lui è l’altare, la pietra viva che ci santifica con il suo sangue versato sulla croce. La salvezza non è fondata su osservanze rituali ma su Gesù Cristo. Non dobbiamo correre dietro a chissà quali idee ma solo essere radicati in Cristo, vero agnello che togli i peccati dell’umanità. Ecco perché l’autore della lettera invita anche noi a “uscire fuori dall’accampamento” (v. 13), a non essere chiusi e a non aver paura di chi non la pensa come noi, ma ad essere, servendomi delle parole di papa Francesco, una comunità e una Chiesa in uscita, che non si chiude, che cambia mentalità, che va controcorrente per portare a tutti il messaggio di amore e di misericordia di Gesù. La Dedicazione dell’altare è un invito a tutta la comunità di Corva a stringervi attorno a Cristo Gesù, a tener fisso lo sguardo su di lui, a fidarvi delle proposte che lui vi fa, anche se sono rivoluzionarie. Sentite rivolte a voi le parole che Gesù ha detto a Natanaele: “Vedrai cose più grandi di queste … vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il figlio dell’uomo” (Giovanni 1,50-51). Parole che ogni domenica, quando partecipate alla santa messa colpiscono il vostro cuore ammirando il bellissimo mosaico dell’abside del presbiterio. La nuova sistemazione del presbiterio permette di avere uno sguardo completo di tutto il mosaico, anche nella sua parte inferiore, che eleva lo spirito donandovi la speranza. Infatti, le due realtà, il cielo e la terra, non sono poi così lontane; il cielo aperto è unito alla terra da un passaggio di angeli. È anche il nostro compito di cristiani: vivere con il naso all’insù sempre pronti a salire questa via, e allo stesso tempo pronti a scendere sui sentieri della terra per immersi nella quotidianità della vita fatta di bene e di male come ci presenta la parte inferiore del mosaico Ricaricati saziati con il cielo, nella contemplazione del risorto, per poi spendersi e donarsi per la costruzione di una umanità nuova. Come da Nazareth, anche da noi può venire qualcosa di buono quando non ci chiudiamo in noi stessi e ci apriamo fiduciosi al Signore, come ha fatto Natanaele, vostro patrono. In questo modo potremo portare nel mondo la freschezza dell’amore di Dio, prendendoci. Cura dei più poveri e bisognosi.

L’altare è anche il segno del convito di Gesù nell’Ultima Cena quando istituì l’Eucaristia, che rimandano al grande dono che Gesù ci ha fatto: ‘prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo’. Noi abbiamo bisogno di essere presenti e di vivere intensamente quella Cena, mettendoci in ascolto della parola di Gesù, mangiando il suo corpo e bevendo il suo sangue. La relazione più profonda con lui sta nella partecipazione viva all’Eucaristia. “Senza l’Eucarestia domenicale non possiamo vivere”, dicevano nel 304 ad Abitene, località della Tunisia, i 49 cristiani martirizzati mentre in una domenica celebravano l’Eucaristia, professando che senza il riunirsi in assemblea domenicale per celebrare l’Eucaristia non avrebbero avuto la forza per affrontare le difficoltà quotidiane. Anche per noi oggi non è facile essere cristiani. Il mondo è segnato dal consumismo sfrenato, dall’indifferenza religiosa, dal secolarismo chiuso alla trascendenza e dalla paura delle guerre. E Gesù ancora ci ripete: “Chi mangia di questo pane vivrà in eterno” (Giovanni 6,58). Contemplando l’Agnello, professiamo la nostra fede in Gesù salvatore del mondo e vincitore della morte che ci dà la forza di vivere in pienezza la nostra fede che apre l’orizzonte alla speranza del Regno, invitandoci tutti a partecipare al banchetto che non avrà fine.

Un grazie a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione della ristrutturazione del presbiterio e a tutta la comunità cristiana di Corva. Sento dal profondo del mio cuore di rivolgere il grazie più sincero a don Maurizio che in questi 11 anni di ministero pastorale ha camminato con voi con profondità, generosità e passione, trasmettendovi la ricchezza e la forza del Vangelo, e la gioia di testimoniarlo a tutti, senza paura.

Buona festa a tutti.

+ Giuseppe Pellegrini
vescovo