Omelia S. Messa con studenti Pontificio Seminario Lombardo, Seminario Pordenone 25 settembre 2024

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Un carissimo e affettuoso saluto di benvenuto a voi cari studenti del Pontificio Seminario Lombardo, al rettore don Mario Antonelli, che ho conosciuto al tempo della sua esperienza di Fidei Donum in Brasile e a tutte le persone che sono con voi. Ringrazio il Signore e sono grato della vostra presenza nella nostra diocesi, segno di vicinanza e di affetto. Vi ringrazio pure per l’accoglienza che il Pontificio Seminario Lombardo offre a qualche nostro presbitero chiamato a specializzarsi negli studi.

Ci lasciamo guidare in questa breve meditazione dal Vangelo che la liturgia ci propone. L’’evangelista Luca non sia accontenta del racconto dell’invio in missione dei dodici, com’è narrato nel capitolo 9, ma lo riprenderà, sembrando quasi un doppione, nel capitolo decimo a proposito della missione dei 72 di secoli. L’invio dei 12 non è una semplice delega del ministero di predicazione ma attraverso la sua ‘forza’ e il suo ‘potere’ li rende partecipi della sua potenza divina. Mi soffermo nella breve meditazione su tre parole, due verbi e un pronome indefinito, per comprendere il gesto di Gesù e quanto vuol dire anche a noi: convocò, li mandò, nulla.

L’invio in missione è preceduto da una chiamata che suggerisce un movimento verso Gesù: “Chiamò a sé”. Gesù chiama chi vuole, senza tener conto delle qualità o delle capacità dei prescelti, chiama a seguirlo dove ognuno si trova, “perché stessero con lui e per mandarli a predicare” (Marco 3,14). Questo ci ricorda che il primo aspetto della missione, dell’annuncio del Vangelo consiste nell’avvicinarsi a Gesù, nell’entrare in relazione profonda e personale con lui e con la sua persona. I 12 sono stati scelti da lui. Anche noi siamo chiamati a realizzare questo progetto perché è lui che ci ha chiamato. Capita di essere concentrati più su noi stessi e sulle nostre capacità, sui nostri sforzi che sentirci chiamati da lui, sentire che la vocazione è frutto di una chiamata personale e irrepetibile, per entrare in relazione con lui.

“Li mandò”. Gesù ci chiama per restare con lui e per andare. Nel verbo mandare è racchiusa una consapevolezza: la partenza non è frutto di una decisione propria ma l’obbedienza a un comando. Il discepolo è coinvolto in prima persona ma il regista è il Signore. Penso che sia capitato anche a ciascuno di voi. Certamente non avete scelto di proseguire negli studi! È un invito e un mandato del vostro vescovo, che talvolta, pur con fatica, avete accolto. Non dimenticatelo mai! Il tempo dello studio è opera del Signore che vi manda per una missione particolare nella vita della Chiesa e delle vostre comunità. Ma per viverlo come missione è necessario uscire da se stessi e andare altrove con il mandato che vi ha dato Gesù: annunciare il Regno e guarire gli infermi. Gesù ha inviato gli apostoli in missione perché potessero rivivere quello che hanno vissuto insieme con lui, facendo percepire a chi incontravano che il regno di Dio era già all’opera, era già in mezzo alla gente con dei segni che manifestassero la presenza di Dio. Annunciare il Regno e non sostituirlo, rimanendo sempre al servizio del Regno, con uno stile di prossimità e di vicinanza. Viene in mente l’immagine della Chiesa che ci propone Papa Francesco: un ospedale da campo, perché oggi le persone sono ferite dalla vita, perché sono fragili e confuse, fisicamente, spiritualmente e anche intellettualmente.

Per Seguire Gesù e per annunciare il Vangelo i discepoli sono chiamati ad una dotazione quasi “nulla”. Nulla è un pronome indefinito che equivale a niente; in questo modo diventa importante il messaggio e non la persona del predicatore. Non portare nulla perché in quell’andare i discepoli non devono portare cose ma se stessi e la Parola di Gesù. Nulla è la condizione necessaria per far spazio a Dio e alle necessità di chi incontriamo. Pertanto è necessario liberarsi da tutte le sicurezze e certezze, perché la forza e la fonte della missione sta nella parola di Gesù che ha inviato gli apostoli e che invia anche noi, come suoi testimoni, umili ed efficaci, con la forza che ci viene da lui. Ci penserà poi Dio e le comunità ci accoglieranno.

Chiediamo al Signore che la nostra testimonianza sia autentica e che ci doni la forza di avere sempre lui come compagno di strada. Abbiamo fede, il Signore stesso provvederà. Questo è il mio augurio e anche la mia preghiera per questo vostro nuovo anno di formazione e di studio.
Buon Cammino punto

+ Giuseppe Pellegrini
vescovo