Nell’orazione iniziale del Pellegrinaggio Giubilare prima del Vespro, abbiamo chiesto al Signore che la vita di voi consacrate e consacrati sia un segno luminoso del suo amore nel mondo e una testimonianza di speranza per tutta l’umanità. In queste semplici e altrettanto profonde parole è racchiuso il significato del pellegrinaggio giubilare e soprattutto il senso profondo della vostra consacrazione: testimoni di speranza nel mondo, facendo brillare l’amore di Dio in ogni vostra parola e opera. Speranza e amore, un binomio insito nella vita di fede e ancora di più nella vita religiosa. Mai come oggi gli uomini e le donne sono alla ricerca di un senso ancora più profondo della loro vita, che la materialità e la ricchezza non riescono a soddisfare. Per poterlo fare è necessario vivere come ha fatto il vecchio Simeone che è stato capace di attendere, di desiderare e di avere speranza contro ogni speranza. Solo così ha potuto riconoscere in quel bambino “la salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele” (Luca 2,30-31). Gli occhi di Simeone si sono aperti e le labbra si sono sciolte in un cantico di lode al Signore.
Anche voi carissime e carissimi consacrati siete chiamati ad essere nel mondo di oggi, sempre più chiuso e preoccupato del benessere personale, un segno della vita futura nel Regno di Dio che si concretizza in uno stile di vita che mette al centro il Signore Gesù e la radicalità dell’esperienza cristiana. Aspetti che si fondano per tutti nel battesimo e poi si specificano nelle differenti vocazioni, per voi nella consacrazione che fa della vostra vita un culto a Dio nella carità e prossimità con ogni persona, vissuti nella vita comune e nella fraternità reciproca, non sempre compresi dalla nostra cultura e società impregnata di individualismo.
La centralità del Signore Gesù e la radicalità dell’esperienza cristiana vengono ben evidenziati nei versetti della Lettera agli Ebrei che abbiamo appena letto. L’autore afferma la superiorità dell’azione salvifica di Gesù Cristo, confrontandola con i sacrifici dell’Antico Testamento che non erano capaci di offrire la salvezza e la giustificazione di fronte a Dio. Ciò che apre le porte della salvezza agli uomini e alle donne di ogni tempo, è l’adesione libera e incondizionata di Gesù fatto uomo per la nostra salvezza. In questo senso, le parole pronunciate da Gesù: “Ecco, io vengo … per fare, o Dio, la tua volontà” (10,7), rappresentano l’unico e vero sacrificio gradito a Dio, La morte di Gesù non è stata un incidente di percorso ma, in conformità al piano di salvezza di Dio, assumendo la nostra umanità, con un gesto gratuito di amore, si è fatto dono per tutti. Gesù, accogliendo di essere uno di noi, ci insegna che, mettendo al servizio degli altri la propria umanità, i propri doni e talenti ricevuti, favoriamo la piena partecipazione e coinvolgimento alla sua opera di salvezza del mondo. È la strada, la via vissuta da Gesù che viene offerta a noi per vivere in pienezza la nostra vita e per dare un senso al nostro vivere e al nostro a morire. Chi fa la volontà di Dio entra in una nuova parentela con Gesù, non fondata sul sangue ma su un nuovo legame spirituale. “Chi fa la volontà di Dio, costui e per me fratello, sorella e madre” (Marco 3,35).
Questa è la scelta che voi consacrati e consacrate avete fatto nel giorno della professione religiosa e che rinnoverete fra poco, chiedendo al Signore di essere perseveranti nella fedeltà alla vocazione e testimoni gioiosi nel servizio alla Chiesa e al mondo. Un servizio che parte dalla contemplazione di Dio, del creato e delle sue creature, nonostante la cattiveria dell’umanità che sta inquinando il creato e con le guerre sta distruggendo la vita delle persone. In questo vostro Giubileo, desidero lasciarvi due parole che vi invito a riprendere e rileggere nella vostra vita e nei servizi pastorali che svolgete in diocesi: amore e speranza. L’amore si è manifestato certamente nella chiamata degli inizi della vostra vocazione e lo avete sperimentato e incontrato tante altre volte in numerose occasioni. Un amore che va sempre ricercato e trovato! Dio ci ama per primo e lo fa sempre, al di là delle nostre risposte e dei nostri errori. Un amore che non è astratto ma qualcosa di veramente concreto, che ritroviamo nel volto di tante persone che incontriamo e che serviamo. Un amore però, che va sempre riacceso nell’incontro quotidiano con lui e con la sua Parola. Ma un amore senza speranza rischia di essere solamente un’esperienza umana. Ecco perché è fondamentale per voi oggi, rianimare la speranza! La speranza non è solo sentimento e ottimismo che nasce dal pensare positivo, ma un dono da accogliere e coltivare. Il “problema” della speranza per voi consacrate e consacrati non è dovuto alla crisi delle vocazioni o all’innalzarsi dell’età, neppure alle difficoltà concrete nelle quali vivete la vostra vita di consacrazione e di ministero. Perché la speranza è quella vitalità che nasce dall’accogliere l’amore di Dio con fedeltà, con la consapevolezza gioiosa che è il Signore che vi ha chiamato e vi chiama ad essere nel mondo segni viventi della sua presenza e del suo amore, dentro questo nostro tempo.
Concludo con le parole di papa Francesco all’inizio della Bolla di indizione del Giubileo. Sono parole ancora più vere per voi, perché vi aiutano a ravvivare il vostro carisma e il vostro servizio pastorale: “Tutti sperano! Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa di bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. … Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano l’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità”. Il campo di apostolato è vastissimo e non ci sono limiti di età o patenti da rinnovare, ma solamente la capacità e la volontà di entrare nel profondo del cuore e nel vissuto della gente per portare la grazia e il dono della Parola di Dio che salva e rianima, perché “la speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo” (Romani 5,5).
Carissime e carissimi, da parte mia e di tutta la nostra Chiesa diocesana, delle comunità parrocchiali, dei presbiteri e diaconi un grazie sincero per la vostra presenza e testimonianza tra di noi: non solamente perché offrite un servizio necessario in tante situazioni della vita delle comunità cristiane, ma soprattutto per il vostro esserci e la vostra testimonianza, segno vivente del Regno di Dio che è già in mezzo a noi. Ringraziamo il Signore anche perché in quest’anno donerà nella nostra diocesi due giovani donne che si consacreranno per sempre a Lui: domani nel Monastero di San Vito suor Maria Petra e fra poco nell’Ordo Virginum Chiara Posocco della parrocchia di Chions.
Buon Giubileo a tutte e a tutti.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
