Omelia 20 anniversario morte don Luigi Giussani, Porcia s. Giorgio 22 febbraio 2025

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Carissimi tutti, celebriamo proprio in questo giorno 22 febbraio il XX° Anniversario della morte di don Luigi Giussani, fondatore della Fraternità di Comunione e Liberazione e il 43° Anniversario del Riconoscimento Pontificio. Saluto con affetto tutti voi, la responsabile diocesana, Don Daniele e quanti si uniscono in questa celebrazione per ringraziare il Signore per aver suscitato nella Chiesa questo carisma. Diceva poco tempo fa il vostro responsabile Davide Prosperi, da poco riconfermato dal Santo Padre alla guida della Fraternità di Comunione e Liberazione per un altro quinquennio, che don Giussani ha sempre affermato che non aveva mai avuto intenzione di fondare qualcosa di nuovo, ma che il suo unico interesse era vivere e comunicare la passione del fatto cristiano come tale, nei suoi elementi originali. Carisma che gli è stato donato dallo Spirito e che la Chiesa ha riconosciuto autorevolmente: riscoprire l’incontro con Gesù Cristo, presente nella Chiesa, come risposta alle domande che sono nel cuore di ogni persona e di condividere la gioia dell’incontro con tutti coloro che si avvicinavano. Una testimonianza che è ancora più forte e attrattiva se è fatta insieme, in comunione con altri che condividono la stessa passione e lo stesso amore per Gesù Cristo.

Ci lasciamo guidare dalla Parola di Dio di questa domenica che ci aiuta a penetrare più profondamente la scelta e la passione che vi devono guidare nella vita di fraternità e nella testimonianza della persona di Gesù che chiama ad amare sempre e dovunque i fratelli e le sorelle che incontriamo nella nostra vita. Dopo il Vangelo delle Beatitudini proclamato domenica scorsa, l’evangelista Luca ci propone alcune parole di Gesù che insistono sulla radicalità del messaggio evangelico che non ci lasci comodi e quieti, perché escono dal modo di pensare ed agire di tanta gente, proponendoci un’altra logica e un altro stile di vita: “A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male” (6, 27-28). Amare i nemici è una continuazione dello stile delle Beatitudini che hanno proclamato ‘fortunate e felici quelle persone che soffrono perché si uniscono ancora più profondamente alla vita di Gesù che ci ha dimostrato il suo grande amore perdonando i suoi uccisori. Amari i nemici, quelli che ci odiano e ci maledicono, va al di là delle nostre possibilità e sembra umanamente impossibile, perché appare una debolezza e una sconfitta. Il nemico, si dice spesso ai nostri giorni, va combattuto, sconfitto e ucciso. Dobbiamo essere più forti, avere più armi per sconfiggere i nemici. E Gesù non ci dice di non odiare i nemici, ma ci chiede di amare i nostri nemici. È un amore esigente che Gesù ha accolto dal Padre e lo insegna anche a noi. Gesù si è fatto uomo per insegnarci ad amare come il Padre, che ci ha donato il bene più prezioso, il suo Figlio. Lui ha compreso il significato vero dell’amore del nemico che è la caratteristica e il punto centrale del cristianesimo. Scriveva Tertulliano: “Amare gli amici lo fanno tutti, i nemici li amano soltanto i cristiani”.

I nemici non sono una categoria astratta e lontana da noi, non sono i nemici degli altri, ma i nostri nemici: il collega che mi dà fastidio, il vicino che odio e al quale non parlo; sono talvolta così vicini che fanno parte della nostra famiglia. Questi sono i nemici da non odiare e da amare! Ricordiamo tutti il massacro al Bataclan a Parigi nel 2015. Quella sera era presente Antoine con la moglie che venne uccisa. Qualche tempo dopo scrisse ai terroristi: “Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio”. Gesù ci invita a fare un passo in più, ad amare i nostri nemici e ad essere “misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (v. 36). Tutto ruota attorno al ‘come’, che non sta ad indicare solo la misura alta dell’amore, ma la qualità, lo stile e la modalità di amare che quella di Dio e di Gesù. Amare è pregare per gli altri. Solo così potremmo rinnovare il mondo e l’amore del nemico salverà la nostra umanità.

La vita e la missione di don Luigi Giussani sono stati la rappresentazione vivente di chi ha saputo vivere e incarnare in pienezza lo stile di Gesù che ha amato fino alla fine. Un amore grande e illimitato che è andato oltre alle nostre possibilità e capacità. L’allora cardinal Ratzinger celebrando vent’anni fa il funerale di don Giussani lo descrisse come un uomo e un prete toccato dall’amore per Cristo, che era anche un amore per la Chiesa, rimanendo sempre fedele al dono ricevuto. L’amore a Cristo e all’uomo ha guidato la vita di Don Giussani. Un amore che porta al dono di sé, all’amore verso l’altro fino al perdono. Nel volume Un evento reale nella vita dell’uomo, che riporta alcuni scritti e parole di Don Giussani, troviamo alcuni passaggi che sono utili per la comprensione dell’amore come perdono. “L’affermare un altro come scopo e ragione del proprio cammino, del proprio operare si chiama amore. L’more è quell’opus humanus, è quell’opera umana, è quell’azione che afferma, che compie l’io affermando un altro: il mio io sei tu”. E ancora: “Se uno non perdona, allora vuol dire che non afferma, non ha in sé l’attenzione, la tensione di affermare l’altro; siccome l’ha offeso, non vuole affermare l’altro. Lui però non si può dividere, perciò anche quando prega Dio non lo pregherà veramente, lo pregherà senza amore. Senza perdono non si può domandare Cristo, senza perdonare all’uomo non si può domandare Cristo”.

Carissimi, in questa celebrazione eucaristica, aiutati dalla Parola di Dio e dalla testimonianza di Don Giussani, siamo invitati ad amare come Gesù, uscendo da noi stessi, affermando l’altro e perdonando chi ci ha offeso. Ci ricorda San Paolo che Gesù: “Svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, divenendo simile agli uomini” (Filippesi 2,7). Concludo riproponendovi l’intenzione di questo mese e di questa celebrazione: “In questo anno giubilare chiediamo a Maria ‘di speranza fontana vivace’ la Grazia di ripetere ogni giorno il nostro Fiat. La Madonna di Lourdes protegga il cammino della Fraternità e faccia crescere in noi la gratitudine per il dono di don Giussani alle nostre vite e l’amore alla Chiesa che desideriamo servire. Invochiamo su di noi e sul mondo intero il dono della pace”.

Buona festa a tutti.

+ Giuseppe Pellegrini
vescovo