Brano evangelico: Marco 2,13-20
Andate e Amate
Carissime e carissimi tutti, celebriamo questa sera, nella Cattedrale della Diocesi, Santuario dei santi martiri concordiesi, la 33ª Giornata dei Missionari Martiri nel contesto del Giubileo che papa Francesco ha dedicato al tema della speranza: Pellegrini di speranza. In questo modo si rafforza il legame tra martirio e speranza. La serenità con cui tanti martiri, a imitazione del primo martire Santo Stefano, hanno affrontato il martirio, è un frutto maturo della speranza nella Resurrezione di Gesù e nella partecipazione alla sua Vita Divina. Una speranza che permette al martire di affrontare il martirio e di perdonare gli uccisori come ha fatto Gesù: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Luca 23,34). L’elenco dei Missionari Martiri ogni anno, purtroppo, si allunga sempre di più. Anche nell’anno 2024 sono stati uccisi per la fedeltà alla loro missione e al Vangelo 13 missionari, di cui 8 sacerdoti 5 laici. Fin dall’inizio della sua predicazione, Gesù ricordava ai suoi discepoli la fatica e i pericoli della missione: “Ecco io vi mando come pecore in mezzo ai lupi” (Matteo 10,16), e ancora: “Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima” (v.28). In questo modo i martiri sono simbolo di speranza per la Chiesa e per il mondo, come lo è stato il vescovo sant’Oscar Romero che ha ispirato molte persone e gruppi a non aver paura di testimoniare la propria fede e di fare della propria vita un dono per tutti. Facciamo memoria di questi nostri fratelli e sorelle uccisi per il Vangelo, perché il loro esempio continui a dare nuovi frutti, per l’evangelizzazione del mondo. In una umanità che rischia di allontanarsi sempre di più, non sola dalla fede in Dio ma anche dai valori umani che sostengono il bene comune, come la solidarietà, la speranza, l’accoglienza e la dignità di ogni persona, ringraziamo questa sera il Signore per il dono della vita di questi nostri fratelli e sorelle. Preghiamo che ci sia di aiuto per non aver paura di rafforzare e consolidare la nostra fede e per testimoniare il Vangelo con scelte di vita che vanno controcorrente alla mentalità odierna.
Il tema della giornata dei Missionari Martiri di quest’anno, in sintonia con la Giornata Missionaria Mondiale che abbiamo celebrato nel mese di ottobre, ci sollecita a ripensare al momento iniziale del nostro essere cristiani e della nostra vocazione: Andate e amate. Queste parole risuonano anche per noi nel Vangelo appena proclamato. Gesù chiama Levi, pubblicano e peccatore, a seguirlo. Il modo di fare di Gesù è una novità perché non segue le prescrizioni dei farisei che vietano di stare con i pagani e con i peccatori. Gesù chiama Levi a seguirlo e va a tavola con lui. La sua missione e il suo modo di fare sono ben precisati: stare con tutti, e se c’è da fare qualche preferenza, è per i poveri, i peccatori e i lontani. Nessuno ha il monopolio dell’amore di Dio e tutti siamo invitati a stare con lui. Tutti siamo invitati alla sua mensa. “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Marco 2,17). Gesù non si accontenta di accogliere tutti, di stare con loro ma, prima di tutto li chiama, prendendo lui l’iniziativa e cercando di persona i lontani e i peccatori. Egli chiama tutti a partecipare attivamente alla sua missione, invitandoli a condividere la sua responsabilità di annunciare il Regno e l’amore di Dio, offrendo al peccatore, se lo vuole e si converte, tutte le possibilità per salvarsi e per diventare suo discepolo nell’annuncio della salvezza. Mentre i suoi avversari si inquietano per il contagio dell’impurità, Gesù si preoccupa del bisogno che i peccatori hanno di lui. Nei versetti finali del brano evangelico, con l’immagine dello sposo Gesù ripete che essendo lui lo sposo, non conviene che i suoi discepoli digiunino. Ma “quando lo sposo sarà loro tolto, in quel giorno digiuneranno” (v.20). Immagine mediante la quale Gesù allude in modo enigmatico alla sua morte, ricordando che anche per i discepoli arriverà il momento in cui saranno chiamati a condividere la sua stessa croce.
È la testimonianza dei tanti missionari e missionarie che hanno offerto la loro vita per annunciare il Vangelo di Gesù in tutte le parti del mondo, dagli inizi del cristianesimo fino ad oggi. Dalla Chiesa, anche se non ufficialmente, vengono ricordati come missionari martiri. Uomini e donne, consacrati e laici che non hanno esitato a mettere in pericolo la loro vita nelle situazioni di maggior pericolo, come guerre, violenze e malattie, rimanendo vittime di percosse e rapine. Molti potevano scappare, ma non l’hanno fatto e sono stati uccisi per essere fedeli al Vangelo e per amore alle persone che servivano. Sono per noi una forte testimonianza della fede vissuta profondamente e della speranza che va oltre le prove e le difficoltà della vita. Paradossalmente sono i martiri, quelli che nessun angelo è sceso dal cielo per salvarli, a chiederci di avere tanta fede nel Cristo, per annunciare con semplicità e schiettezza che c’è una salvezza, una buona notizia per l’umanità di oggi, anche quando i cieli sono chiusi e la prospettiva della morte è l’unica strada plausibile.
Nella bolla di indizione del Giubileo Spes non confundit, papa Francesco ci ricorda il legame forte che c’è tra la speranza e il martirio. Così scrive al n.20: “La testimonianza più convincente di tale speranza ci viene offerta dai martiri, che, saldi nella fede in Cristo Risorto, hanno saputo rinunciare alla vita stessa di quaggiù pur di non tradire il loro Signore. Essi sono presenti in tutte le epoche e sono numerosi, forse più che mai, ai nostri giorni, quali confessori della vita che non conosce fine. Abbiamo bisogno di custodire la loro testimonianza per rendere feconda la nostra speranza”.
Buona Veglia e preghiera.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
