Omelia Veglia di preghiera per la Giornata Missionaria Mondiale, Concattedrale S. Marco 17 ottobre 2024

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Andate e invitate al banchetto tutti (cfr. Matteo 22,9)

Sono molto contento di vivere insieme questo momento di preghiera in occasione della Giornata Missionaria Mondiale. Contento perché ci sentiamo Chiesa universale; Chiesa che non si chiude in se stessa; Chiesa che non ha paura delle culture, delle razze e delle tradizioni diverse; Chiesa che si apre a tutti e va verso tutti. Sono anche contento perché papa Francesco nel suo messaggio ci ricorda che essere cristiani significa essere missionari e che annunciare il Vangelo è un dono e una festa che ci riempie di gioia. L’asse portante della fede è il dono di Dio che ci fa respirare aria di festa: il figlio del re si sposa e ci chiede di fare festa, di gioire insieme con lui.

La parabola evangelica del banchetto nuziale ruota attorno a tre immagini: una stanza vuota; l’andare ai crocicchi delle strade e invitare alla festa tutti; un vestito sbagliato. La prima immagine è drammatica anche per Dio … il Dio della sala vuota. Fa pensare a tante nostre Chiese e a tante persone che non vogliono più o non hanno più bisogno del pane eucaristico. Persone che, invitate alle nozze, accampano delle scuse per non andare e persone che non hanno tempo e voglia di fare festa ma solo di fare soldi. L’idolo della quantità che chiede di sacrificare la qualità e la gioia del vivere è reale ieri come oggi. La seconda immagine ci ricorda che il re non si dà per vinto, non si scoraggia e, cambiando la prospettiva, ci sorprende: “Andate e invitate al banchetto tutti”. Il Signore chiede anche a noi un cambiamento radicale nella nostra vita. Di solito anche noi quando facciamo qualche festa invitiamo amici, parenti, colleghi di lavoro. Gesù ci chiede di uscire per le strade meno frequentate e di invitare al banchetto tutti, senza badare a meriti o formalità. Infatti la prospettiva di Dio è dalla parte opposta, da chi non ha niente, dai barboni, dai migranti, da chi si sente scartato. Per Dio nessuno si deve sentire escluso. Che grande che è il nostro Dio: dal rifiuto dei primi invitati passa a chiamare tutti senza arrendersi alla prima difficoltà.

Nella terza immagine vediamo che tutti entrano e riempiono la sala. Dio non cerca persone perfette o immacolate, ma vuole uomini e donne in cammino, anche con il fiatone, anche affaticati e zoppi, ma in cammino. Dio entra con noi, non ci lascia per strada, non è separato e lontano, ma all’interno della sala fa fasta con noi. A lui sta a cuore la nostra gioia e la nostra felicità. Ma ad un certo punto si accorge che uno non indossa l’abito da festa. Tutti quelli che erano entrati, in un modo o nell’altro, si erano cambiati l’abito, ma uno no. Non era peggiore degli altri, ma entrando senza l’abito da festa significa che non voleva fare festa ma partecipare senza nessun coinvolgimento. Non aveva capito che la cosa più importante era proprio far festa ed essere felice. Invece si era isolato con la stessa mentalità di quelli che non avevano accettato l’invito.

Questa parabola ci aiuta ad entrare più profondamente nella comprensione del significato della Giornata Missionaria Mondiale, accogliendo anche noi l’invito del Signore che ci chiama ad andare dappertutto e a portare a tutti la gioia dell’incontro con lui al banchetto della vita. Il Cammino sinodale che la Chiesa universale sta vivendo e anche il Cammino sinodale che la nostra Diocesi ha vissuto, ci ricordano che per essere cristiani autentici è necessario essere missionari, portatori di Gesù, della sua Parola e del suo stile di vita, dappertutto. Ogni situazione dove la gente vive quotidianamente, necessita della luce del Vangelo: la famiglia, la scuola, gli ambienti di lavoro, di gioco e della festa, le numerose povertà del nostro tempo, senza mai dimenticare che c’è un mondo, che ci sono miliardi di persone che non conoscono Gesù e che attendono che noi glielo portiamo come dono che aiuta a vivere bene e ad essere felici. Scrive Papa Francesco nel Messaggio per la GMM del 2024: “Per questo la Chiesa continuerà ad andare oltre ogni confine, ad uscire ancora e ancora senza stancarsi o perdersi d’animo di fronte a difficoltà e ostacoli, per compiere fedelmente la missione ricevuta dal Signore” (n. 1).

Il cammino sinodale che abbiamo vissuto ci sta aiutando sempre di più ad essere Chiesa in cammino, uniti e corresponsabili, preti, consacrati e laici, nella condivisione della fede e nel servizio ai fratelli. È un essere Chiesa e uno stile di Chiesa che il Concilio Vaticano II ci ha aiutato e ci aiuta a vivere in modo più dinamico ed evangelico. Infatti, ogni Chiesa diocesana è responsabile dell’annuncio del Vangelo non solo nel proprio territorio, ma in tutto il mondo. Questa è la bellezza dell’essere Chiesa oggi: tutto il popolo di Dio è missionario, ogni cristiano lo può diventare, nella misura in cui porta in sé il desiderio e la volontà di condividere con responsabilità la missione della Chiesa, portando a tutti il Vangelo. Con una particolarità importante: non solo le Chiese sparse nel mondo hanno bisogno del nostro annuncio e della nostra cooperazione ma anche noi stessi e la nostra Chiesa di Concordia Pordenone abbiamo bisogno delle altre Chiese, per crescere nell’universalità e nella cattolicità.

Carissimi tutti e tutte, provocati questa sera dalla parola di Dio e dalla partenza del giovane Daniele di Spilimbergo, che sarà per un anno missionario Fidei Donum in Albania, permettetemi di far mie alcune parole che anni fa i Vescovi della CEI ci hanno offerto, in occasione del 50° fella Fidei Donum: ‘noi Chiese del vecchio continente abbiamo bisogno ancora di uomini e donne, preti, consacrati e laici, famiglie, giovani e adulti che partono per la missione. Infatti, mentre offriamo la ricchezza di una tradizione millenaria, riceviamo l’entusiasmo con cui la fede è vissuta negli altri continenti’. Non permettiamo che muoia entro pochi anni l’esperienza della missionarietà ad gentes nella nostra Chiesa diocesana. Sono tante le forme di questa missionarietà: ci sono le vocazioni ad vitam, per tutta la vita, negli Istituti religiosi missionari, e le vocazioni Fidei Donum, per un periodo della propria vita più o meno lungo, per religiosi e religiose, per i presbiteri diocesani e per i laici. Anzi, sarebbe auspicabile che questa esperienza fosse vissuta insieme, preti e laici, ognuno con la sua specifica vocazione, a servizio dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo.

Sogno, ma desidererei che fossimo in molti a sognare – ci ricorda papa Francesco che chi sogna da solo rischia di essere un’illusione, se si sogna insieme, il sogno potrà avverarsi – che ancora nella nostra Chiesa diocesana ci siano laici e laiche, famiglie, giovani e adulti che abbiano il coraggio di partire in missione, coltivando quel seme che è presente in molti e che chiede di essere custodito, coltivato e fatto germogliare. Sono consapevole che è andare controcorrente, ma sarà un’esperienza, lunga o corta che sia, che darà una svolta alla vostra vita, aiutandovi a vivere con più responsabilità e donandovi un’apertura mentale e del cuore che vi darà la forza di superare qualsiasi prova della vita. A voi fin d’ora, attraverso occasioni di incontro e di formazione che il Centro Missionario Diocesano propone e proporrà, preparare il terreno perché il seme germogli.

Con la missione nel cuore.

+ Giuseppe Pellegrini
vescovo