Letture: Efesini 4,1-7. 11-13; Giovanni 10,14-18.
Carissimo don Giovanni qualche giorno fa, quando siamo venuti a trovarti al CRO, avevi espresso il desiderio di poter tornare in parrocchia per celebrare il tuo 60° anniversario di servizio pastorale come parroco nella parrocchia di Gaio-Baseglia. Desiderio che non si è avverato ma che certamente celebrerai in Paradiso tra la gloria degli Angeli e dei Santi. Ho scelto questi due brani della Parola di Dio perché ci aiutano non solo a comprendere più profondamente la sua lunga vita di prete, ben 67 anni, ma soprattutto per accogliere il suo stile pastorale e il suo ministero e farlo nostro, perché dopo tanti anni è ancora valido e ci può aiutare ad essere buoni cristiani e bravi preti.
Non ho dubbio nell’affermare che una delle caratteristiche di don Giovanni è l’essere un uomo e un prete di comunione, con un profondo senso ecclesiale di collaborazione, di testimonianza e di amore alla Chiesa. Ce lo ha ricordato l’apostolo Paolo nella prima lettura: “Comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto … avendo a cuore di conservare l’unità dello Spirito, per mezzo del vincolo della pace” (Efesini 4,1.3). Questa è la testimonianza che Paolo ha scelto nella sua opera di evangelizzazione: non un apostolo che percorre le vie del mondo da solo, ma un innamorato di Cristo e dei fratelli, con i quali condivide la fede e la missione, discernendo le vie da percorrere e i metodi pastorali da attuale. Paolo è convinto che il Vangelo annunciato senza comunione ecclesiale non possa riguardare Gesù, perché è solo un protagonismo personale. E anche nelle situazioni più complicate, vedi l’Assemblea di Gerusalemme, Paolo si è sempre messo alla ricerca della volontà di Dio in comunione con i suoi accompagnatori, nella consapevolezza che “siamo collaboratori di Dio” (1Corinzi 3,9), “allo scopo di edificare il Corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio” (Efesini 4,12-13). Paolo ci insegna a non avere paura dei doni e dei ministeri che lo Spirito Santo suscita nella Chiesa, perché l’unico che fa crescere è il Signore. Anche noi tutti, carissimi, siamo invitati a prendere consapevolezza del proprio dono e della chiamata a servizio nella Chiesa, senza porre ostacoli ai doni che gli altri hanno ricevuto. La nuova comunità che nasce dalla Resurrezione e dalla Pentecoste, trova unità e comunione attorno all’insegnamento degli Apostoli, al ritrovarsi nello spezzare il pane, nella condivisione con i poveri e nella preghiera. È lo stile di fraternità e di comunione della prima comunità cristiana che ci presentano gli Atti.
Don Giovanni, dopo alcuni anni di vicario parrocchiale a Bagnara, Cordenons e Zoppola, viene nominato dal vescovo, a soli 31 anni, parroco di Gaio-Baseglia, dove vi rimane fino alla morte. Il vescovo De Zanche lo mandò lì perché la situazione non era delle più facili. Chi era presente in quel tempo racconta che negli anni precedenti l’arrivo del nuovo parroco le due comunità erano divise e molti si erano allontanati dalla Chiesa, considerata la tragica situazione delle chiese di san Marco di Gaio e Santa Croce di Baseglia chiuse e inutilizzate in favore della ‘chiesa di mezzo’ dedicata a san Pio X. Don Giovanni non si spaventò e con la sua bontà e il suo carattere tenace iniziò a intrecciare i fili delle due comunità costituendo fin da subito il Consiglio Pastorale, uno tra i primi, e iniziando a restaurare le due chiese ricche di storia e di arte, consapevole che l’arte è una delle opportunità per trovare la trascendenza e per arrivare alla fede in Dio. In questi 60 anni don Giovanni ha fatto risplendere, riportano a nuovo le due chiese e altre chiesette e capitelli, ma soprattutto ha saputo ricreare quel clima di fiducia, di partecipazione, di fraternità e di fede con la cura e l’amore alla liturgia e alle celebrazioni, e con la catechesi e la formazione, facendo crescere una comunità di credenti e alimentando la fede dei più piccoli, dei giovani, delle famiglie, degli adulti e anziani.
Un altro aspetto importante nel ministero di Don Giovanni è dato dal suo essere un pastore -usando l’espressione cara a Papa Francesco – con l’odore delle pecore: un padre per tutti e un padre che si è speso per il bene di tutti. Nel brano di Vangelo vengono evidenziate due caratteristiche del Buon Pastore. Gesù conosce le sue pecore e le sue pecore conoscono lui (cfr. Giovanni 10,14). Gesù ci conosce per nome; non siamo degli anonimi ma persone uniche, ciascuno con la propria storia, con i propri doni e anche difetti. Lui è sempre pronto a prendersi cura di noi. L’altra caratteristica è che Gesù ama le pecore fino al dono della sua vita (cfr. v.15). L’amore per le pecore porta Gesù a morire sulla croce, perché la volontà di Dio è che nessuno vada perduto. Un amore grande, non motivato dalle necessità né condizionato da calcoli umani, fino al dono della stessa vita.
Scrive don Giovanni nel suo testamento spirituale: “Con voi di Gaio-Baseglia mi sono sempre sentito bene. Continuate a seguire Gesù salvatore con gioia e coraggio e non stancatevi mai di volervi bene”. Don Giovanni è stato un pastore come lo è stato Gesù, coltivando fin dalla sua giovinezza un grande amore per il Signore e pregando ogni giorno per la sua comunità e per la Chiesa, maturando un profondo senso ecclesiale, anche nei tempi più difficili e più complicati e rimanendo sempre unito al Papa e alla sua diocesi. Lo ricordo anch’io sempre presente ai ritiri spirituali e alla formazione del clero e agli altri momenti diocesani, accompagnato di suoi collaboratori. Nella sua comunità è sempre stato accanto a tutti in modo particolare nella vita liturgica nella catechesi che ha sempre curato con passione e nella carità operosa verso i più poveri. È significativo che pur parroco di una parrocchia piccola, sia stato per tanti anni nominato Vicario foraneo di Spilimbergo, voluto dai confratelli e amato sempre da tutti, perché vedevano in lui un padre, un fratello e un amico che prima di parlare testimoniava con la vita quanto diceva. Ricordo anch’io che in qualche incontro di forania, talvolta acceso e complicato, Don Giovanni ha sempre cercato di mediare e di trovare i punti di incontro e di comunioni più che quelli di rottura. Ha sempre amato la sua Chiesa diocesana e il seminario nelle sue necessità, favorendo tra i confratelli delle raccolte fondi. Ma non si è mai chiuso nella sua realtà, aprendosi al mondo intero, Da giovane prete andò a trovare in America i suoi parenti in un viaggio non facile, ma che lo aiutò a sperimentare l’università della Chiesa e la ricchezza delle differenze culturali. Passione che ha sempre coltivato, accompagnando i suoi parrocchiani e altre persone ad allargare gli orizzonti, visitando le bellezze artistiche dell’Italia e dell’Europa.
Cari confratelli, ringraziamo il Signore per questo esempio di prete che ci ha dato e preghiamolo perché doni alla nostra Chiesa di Concordia-Pordenone sante e numerose vocazioni. Un grazie alla comunità parrocchiale di Gaio-Baseglia e tutte le persone che gli sono state vicine in questi anni. Un ricordo per i familiari, i nipoti e per il fratello Guerrino con la moglie. Un grazie alla sua dottoressa Lanfrit e ai medici del CRO e in particolare a don Riccardo che gli è stato vicino negli ultimi giorni e al signor Angelo. Il Signore accolga don Giovanni nel suo Regno.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
