Non è facile comprendere il significato, il senso della risurrezione di Gesù e risulta, pure, difficile parlarne, perché siamo di fronte ad un fatto lontano nel tempo, che non riguarda i nostri sensi, che non è il frutto della nostra riflessione, perché Gesù l’ha vissuto da solo, solo Lui e Dio! L’evento più importante della storia della salvezza, la risurrezione, cioè il più grande annuncio del Vangelo, è l’unica realtà sottratta allo sguardo di tutti! Come ci ha ricordato il vangelo, la Maddalena, Pietro, il discepolo amato e le altre donne, trovarono la pietra rotolata e un sepolcro vuoto. La tomba vuota e la testimonianza delle donne e degli apostoli riguardo alle sue apparizioni sono gli unici due segni biblici consegnati alla nostra libertà, offerti alla nostra facoltà di aderire, in piena libertà. Ognuno di noi può aderire o può rifiutare. La Pasqua non è una ricorrenza, una festa da celebrare, un uovo di cioccolata che si spacca per vederne la sorpresa, quanto l’incontro con una persona, un compagno di viaggio: Gesù Cristo vivo e risorto. La Pasqua è un dono di Dio che incontra il nostro profondo desiderio di pienezza di vita e di speranza che non finisce mai.
Per cercare di comprendere meglio il fatto della risurrezione, ci aiuta la Parola di Dio di questa celebrazione. Dopo la corsa al sepolcro i due discepoli tornano a casa senza parlare. Pietro probabilmente, pur avendo visto il sudario e le bende, non ha compreso l’evento straordinario accaduto; ma per il discepolo amato le cose stanno diversamente. Ci racconta lo stesso Giovanni: “entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette” (20,8). Siamo di fronte al compimento di una promessa che Gesù aveva fatto: “Chi mi ama sarà amato dal Padre mio, anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Giovanni 14,21). La fede nasce dall’amore: solo l’amore per Gesù permette di comprendere in profondità la Scrittura e di saper discernere, a partire da un sepolcro vuoto, che Cristo è risorto. Per comprendere la risurrezione non è sufficiente le vista fisica, ma una vista che parte dal cuore. Giovanni è il discepolo che gli è stato più vicino nell’ultima cena, che era presente sotto la croce, pronto a morire per Lui. L’apostolo Pietro, nel libro degli Atti, considera la risurrezione di Gesù come frutto dell’azione di Dio, che ha accompagnato Gesù per tutta la sua missione terrena, permettendo che sperimentasse la morte per ridonargli poi la vita. Credere alla risurrezione di Gesù significa vedere in essa il compimento del piano di salvezza di Dio per tutta l’umanità. San Paolo nel breve brano della seconda lettura di oggi, ci dice che essere risorti con Cristo, significa centrarsi sull’eternità, sulle cose che contano davvero, che hanno un valore eterno. Le cose di lassù non sono altro che la ricerca della vera gioia che viene da Dio e che parte dal cielo e ritorno al cielo. Le cose di quaggiù, quel del mondo, non possono dare vita e gioia per l’eternità. Magari possono soddisfare il cuore avaro di qualcuno, ma non certamente trasformare quel cuore freddo e gelido, in un cuore che palpita d’amore verso Dio e verso i fratelli. Cambiare è possibile per tutti. Non c’è tristezza che tenga.
Rimuovendo la pietra dal sepolcro, Dio l’ha rimossa anche dal nostro cuore perché la nostra vita non rimanga prigioniera della paura e della disperazione. Spesso abbiamo paura che tutto possa finire sotto le macerie della superbia umana, chiusa dentro il nostro egoismo. La disperazione è purtroppo ancora diffusa ai nostri giorni e a volte è come un macigno, una grossa pietra che chiude le porte alla speranza e che ci impedisce di aprirci agli altri. Con la sua Pasqua Gesù ci offre la forza e il coraggio di andare oltre, di correre, come hanno fatto i discepoli, di non fermarci davanti alla tomba ma di entrare, di deporre tutte le nostre paure, i nostri peccati e le nostre chiusure, lasciandoci inondare dalla luce del Risorto per andare ad asciugare le lacrime di tanti cuori affranti, per portare a tutti quelli che incontriamo lungo le strade che sembrano senza uscita la sua gioia, il suo amore e la sua speranza.
Con le parole del vescovo Tonino Bello, desidero farvi i più cari auguri si una Santa Pasqua: “La Pasqua frantumi le nostre paure e ci faccia vedere le tristezze, le malattie, i soprusi, e perfino la morte, dal versante giusto: quello del «terzo giorno». Da quel versante le croci sembreranno antenne, piazzate per farci udire la musica del cielo. Le sofferenze del mondo non saranno per noi i rantoli dell’agonia, ma i travagli del parto. E le stigmate, lasciate dai chiodi nelle nostre mani crocifisse, saranno le feritoie attraverso le quali scorgeremo fin d’ora le luci di un mondo nuovo”.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
