Meditazione Ritiro del clero, Santuario Madonna del Monte Marsure 10 maggio 2018

condividi su

La creatività dello Spirito nella vita del ministro ordinato

Ripensando al cammino di formazione, per noi preti e diaconi, di questi ultimi due anni e in particolare alle Settimane residenziali di Bibione, incentrate su alcune fatiche che incontriamo nel ministero e, quest’anno, sulla complessità che viviamo nei cambiamenti e nel passaggio di incarichi, mi sembra importante allargare l’orizzonte e rileggere le fatiche del chi va, chi viene e della comunità diocesana e parrocchiale, recuperando in profondità la dimensione spirituale e la nostra specifica identità di persone consacrate. Infatti, oltre alla dimensione umana e psicologica, fondamentali nella nostra vita e nei momenti più difficili come il cambiamento di incarico, è necessario che ci affidiamo alla Parola (come ho ricordato nell’omelia del Giovedì Santo) e allo Spirito Santo che agisce in noi. Solo così potremo attuare un autentico discernimento, mettendo in sinergia tutto il nostro essere, la nostra mente e il nostro cuore con la presenza viva ed efficace di Dio che agisce in noi, tramite il suo Spirito e la sua Parola, anche quando umanamente sembrano non esserci più soluzioni o percorsi possibili. Ripensiamo per un istante alla scena delle Nozze di Cana (Giovanni 2, 1-11). Sembra che non ci sia più nessuna alternativa al fallimento della festa di nozze, perché manca la cosa più necessaria. Maria la pensa in modo diverso e propone una soluzione sconcertante: “Qualsiasi cosa vi dice, fatela!”. (v. 5). È necessario che anche noi ci mettiamo, senza se e senza ma, in ascolto di Gesù, perché con Lui sono sempre possibili nuove soluzioni. Lo Spirito Santo, Spirito del risorto, è la forza creativa, che agisce in noi e nella nostra vita. È necessario che ne prendiamo sempre più coscienza e soprattutto che sappiamo riconoscerlo in noi, per poi lasciarlo agire. Se ci mettiamo in ascolto di Lui saremo capaci di superare qualsiasi difficoltà e fatica, ma non perché interviene in maniera miracolistica ma perché ci dà la forza di buttarci e di giocarci, di ascoltare e riconoscere la sua presenza, con verità e lealtà.

Come testo di riflessione per il ritiro di oggi, ho scelto il Giovanni 14, 1-31. Lo ascoltiamo.
Alcune considerazioni potranno esserci utili per la meditazione personale.

“1 Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via”. 5Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?”. 6Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”. 8Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. 9Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. 12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. 13E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò. 15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”. 22Gli disse Giuda, non l’Iscariota: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?”. 23Gli rispose Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. 30Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, 31ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco. Alzatevi, andiamo via di qui”.

Dopo l’ultimo pasto consumato insieme con i discepoli, prima della cattura e della morte, Gesù come testamento, lascia la cosa più preziosa, il suo comandamento nuovo, ultimo e definitivo: “Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Giovanni 15,12). Comincia il suo lungo discorso con l’annunciare il tradimento di uno dei 12 e la sua dipartita da questo mondo. I discepoli sono presi da una grande paura: è l’ora della tentazione e della prova; prova della fede e crisi della comunità. Ecco perché nel testo, ricorre per due volte, all’inizio v. 1 e al v. 27 l’imperativo: “Non sia turbato il vostro cuore”. Anche Gesù aveva provato paura davanti alla prospettiva della croce. Ma c’è un solo modo per vincere il turbamento e la paura: la fede in Dio. “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (v.1). In questo modo Gesù vuole ricordare ai discepoli le ragioni della fiducia e del coraggio. Solo Dio è la roccia, tutte le altre sicurezze deludono. Ecco perché chiede ai discepoli di fidarsi di Dio e anche di Lui, perché Dio si è rivelato pienamente e definitivamente nella persona di Gesù. Questa è la novità del cristianesimo e della fede cristiana: credere e fidarsi di Gesù, del suo Vangelo e del suo stile di vita.

Capita però che nella vita spesso facciamo esperienza dell’assenza di Dio; sembra che Dio non sia presente nella storia e nella nostra vita, soprattutto nei momenti più delicati e difficili. Le parole di Tommaso ci riportano alla cruda verità, perché non è stato facile per lui comprendere lo stile di vita di Gesù e fidarsi delle sue parole. Non è facile nemmeno per noi, comprendere il mistero del Dio nascosto in Gesù di Nazareth. Si fa fatica a capire che la morte, se è vissuta come atto d’amore, come dono di sé agli altri, diventa la strada, la via maestra per arrivare a Dio e a Gesù. Noi conosciamo Dio e arriviamo a Lui attraverso l’umanità e lo stile di vita di Gesù, nel dono della vita che Lui ha fatto al Padre e a noi. Nella risposta di Gesù a Filippo “chi ha visto me ha visto il Padre” (v.9), è racchiusa tutta la nostra spiritualità di cristiani e di preti: Dio si incontra nell’umanità di Gesù, ascoltando le sue parole, guardando al suo agire e cercando di imitare le sue opere. In definitiva Dio si identifica con l’amore che Gesù ci ha donato, amore che dà a noi la forza di fare certe scelte anche se dure e faticose. L’assenza di Dio è temporanea, perché Gesù, con la sua morte e risurrezione non se ne va, non muore ma è andato nella Casa del Padre suo per preparaci un posto e per poi ritornare nella forza dello Spirito. Questa è la certezza che ripete più volte: “Non vi lascerò orfani: verrò da voi” (v.18) e “vado e tornerò a voi” (v.28).

Credere in Gesù significa entrare in relazione e in dialogo con Lui, Non tanto dal punto di vista intellettuale, quanto con la vita, amando come lui ci ha amato. La seconda parte del capitolo (vv. 15-31) ha come tema dominate l’amore per Cristo che si concretizza nella vita e nelle scelte di ogni giorno. Possiamo affermare che il test dell’amore per Gesù è l’obbedienza, è accogliere e osservare i suoi comandamenti, anche quelli più difficili da vivere, perché l’amore coinvolge tutto il nostro essere. Proprio per questo non è mai facile seguire Gesù, perché ci chiede qualcosa di personale, di profondo che tocca tutta la nostra esistenza. Gesù non è solo un maestro spirituale che ci chiede di seguirlo, come ce ne sono tanti nel mondo, ma ci chiede di amarlo concretamente, amando e servendo i fratelli che sono nel bisogno. Amare Lui vuol dire amare gli altri! Ma per vivere così l’amore verso il Signore, è necessario accogliere il dono dello Spirito Santo, luogo dell’incontro tra l’amore del Padre e del Figlio, dimora della loro presenza. Lo Spirito mandato dal Padre ci ricorda quanto Gesù ha detto e fatto, perché compito dello Spirito è quello di insegnare e ricordare. Lo Spirito Santo rende la storia di Gesù sempre viva e sempre attuale per noi, forza di Dio che passa attraverso la resurrezione di Gesù.

Questa presenza viva dello Spirito, è stata riversata abbondantemente in noi nel giorno del nostro Battesimo, che ci ha innestati come tralci alla vite; è stata riconfermata in modo più consapevole nel giorno della Cresima e ci ha resi simili a Cristo con l’imposizione delle mani e l’unzione del Crisma nel giorno della nostra ordinazione sacerdotale. Scriveva papa Giovanni Paolo II ai sacerdoti il Giovedì Santo del 1998: “Un intimo legame unisce il nostro sacerdozio allo Spirito Santo ed alla sua missione. Nel giorno dell’Ordinazione presbiterale, in virtù di una singolare effusione del Paraclito, il Risorto ha rinnovato in ciascuno di noi quanto operò nei suoi discepoli la sera di Pasqua, e ci ha costituiti continuatori della sua missione nel mondo (cfr Giovanni 20,21-23). Questo dono dello Spirito, con la sua misteriosa potenza santificatrice, è fonte e radice dello speciale compito di evangelizzazione e di santificazione a noi affidato”.

Ed è proprio la forza di questo Spirito, carissimi confratelli, che ci deve sostenere ed aiutare nei momenti faticosi e complicati del nostro ministero. È, infatti, l’amore, come ci ha detto Gesù nel Vangelo, che trasforma l’esistenza in vita piena e che dà la forza di compiere scelte coraggiose, anche se possono essere non sempre facili e gradite. Gesù ha percorso per primo la strada dell’amore. Per amore salì sulla croce e per amore donò tutto se stesso per noi. Il racconto dell’istituzione dell’Ultima Cena inizia proprio così: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Giovanni 13,1). Contemplando l’agire di Gesù, siamo invitati anche noi a far leva proprio su questo amore per Gesù e per i fratelli, che abbiamo scelto nel giorno della nostra consacrazione e che è diventato il fondamento della nostra identità. Le fatiche del ministero, qualsiasi esse siano, sono più sopportabili e si possono affrontare meglio partendo proprio dalla forza che ci dà lo Spirito che è dentro di noi, dall’amore che ci fa superare le difficoltà, anche nel cambiamento. Lo ripeto: non è per un falso spiritualismo ma perché abbiamo ricevuto coraggio, energia e forza dallo Spirito e dalla presenza di Dio in noi. Come possiamo vincere la paura? Non certamente a forza di parole o di ragionamenti, né con sogni o illusioni o con continui rimandi. È necessario entrare un po’ di più in noi stessi, stare bene con noi stessi e recuperare quella presenza di Dio, quella forza dello Spirito che ci sostiene e la certezza che Gesù risorto è vivo e ci cammina a fianco. Ai discepoli paurosi, Gesù promette che ritornerà dopo aver preparato un posto in cielo, e che da ora in poi sarà presente in tutti con il dono dello Spirito Santo. A noi il compito di fidarci un po’ di più di Lui e della sua provvidenza, di accogliere il dono dello Spirito, considerando attentamente le forze e le capacità che sono dentro di noi e l’amore e la comunione di tante persone che ci vogliono bene.

Amare e riconoscere l’amore e i doni dello Spirito non è facile. Nei discorsi di addio, Gesù ci offre una bella lezione su cosa significhi veramente amare. Nel cap. 16 al v. 17, parlandoci della venuta dello Spirito, Gesù dice: “È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi”. Non ho scelto questo testo perché ci possa confortare nei cambiamenti di parrocchia o di ministero – anche se cambiare e lasciare un posto è sempre difficile – ma perché vi è racchiusa una delle grandi verità del vero amore. Amare significa, ad un certo punto, avere il coraggio di fare un passo indietro perché l’altro possa emergere, in piena libertà e maturità. Lo spirito entra quando trova un po’ di spazio per poter agire. Teologicamente possiamo dire che la Presenza deve passare attraverso la Distanza. Spesso Dio viene definito come il ‘totalmente Altro’, il ‘lontano presente’, colui che dà senso alla vita senza mai essere invadente, presente ma lasciando liberi, liberi anche di scegliere. Come i genitori che devono fare un passo indietro nella vita dei figli, lasciandoli prendere le loro decisioni e l’orientamento della vita.

Anche noi, nell’esercizio della nostra paternità, siamo chiamati a fare qualche passo indietro, a non sentirci indispensabili, a non aver paura di ‘lasciare e ricominciare’, certi che qui si può manifestare il progetto di Dio e la sua volontà, anche se ci costa un po’ di fatica. Così ha fatto Gesù nella sua vita e nel suo ministero, specialmente con i suoi discepoli: la sua non è stata un’assenza vuota ma una distanza feconda, un’assenza che ha permesso alla Spirito di venire ad abitare dentro ciascuno di noi. Spirito che nel cuore di chi lo accoglie dona libertà e capacità di prendere decisioni senza paura e senza lasciarsi prendere dal panico.
Nell’esortazione apostolica GAUDETE ET EXULTATE, al n. 24 papa Francesco ci dice: “Lasciati trasformare, lasciati rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la tua preziosa missione non andrà perduta. Il Signore la porterà a compimento anche in mezzo ai tuoi errori e ai tuoi momenti negativi, purché tu non abbandoni la via dell’amore e rimanga sempre aperto alla sua azione soprannaturale che purifica e illumina”. I santi sono un riflesso della presenza di Dio, perché lasciano fruttificare la grazia battesimale e vivono la loro vita in unione con Lui, nell’ accoglienza della presenza dello Spirito che li fa portare ad altri frutti di amore. “La santità – dice papa Francesco – della porta accanto” (GE 7).
Per vivere così e per consolidare e rafforzare la nostra santità di preti e di diaconi, siamo invitati a camminare, a non aver paura di vivere pienamente la presenza dello Spirito in noi. In questi giorni, anche come preparazione alla Pentecoste, vi invito a meditare il capitoletto dell’esortazione apostolica che nei numeri 129 – 139 ci invita ad annunciare il Vangelo con audacia e fervore. Solo due citazioni.
“Abbiamo bisogno della spinta dello Spirito per non essere paralizzati dalla paura e dal calcolo, per non abituarci a camminare soltanto entro confini sicuri. Ricordiamoci che ciò che rimane chiuso alla fine sa odore di umidità e ci fa ammalare.” (GE 133).
“Dio è sempre novità, che ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere. … Non ha paura! Va sempre al di là dei nostri schemi e non teme le periferie. Egli stesso si è fatto periferia” (GE 135).

Concludo con una preghiera, ricavata dal n. 139 di Gaudete et exultate:

Signore, donaci la grazia di non esitare quando lo Spirito esige da noi che facciamo un passo avanti; ti chiediamo il coraggio apostolico di comunicare il Vangelo agli altri e di rinunciare a fare della nostra vita un museo di ricordi.
In ogni situazione, desideriamo che lo Spirito Santo ci faccia contemplare la storia nella prospettiva di Gesù risorto. In tal modo noi e la Chiesa, saremo in grado di accogliere le sorprese del Signore. Amen.

+ Giuseppe Pellegrini, vescovo