Omelia festa don Bosco, Parrocchia don Bosco, 31 gennaio 2024

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Ringraziamo il Signore per il dono che ha fatto alla Chiesa, per la testimonianza di don Bosco. L’educazione è cosa del cuore, ripeteva il santo. Ma quando si parla di cuore, non dobbiamo intenderlo come un qualcosa di sentimentale o qualche frase condivisa sui social, ma l’amare l’altro, abbracciare la “causa” dei ragazzi e dei giovani, come ha fatto don Bosco, vivendo con tutto se stessi la ricerca dell’altro.
Il Vangelo di oggi prende le mosse dalla domanda che i discepoli rivolgono a Gesù: “Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?” (Matteo 18,1). Una domanda che probabilmente i primi discepoli già si erano fatto fin dall’inizio della loro chiamata e che – purtroppo – nella storia dell’umanità e anche della Chiesa, non si finisce mai di porsi, almeno nella prima parte. È la domanda della competizione, dove qualcuno deve essere più grande di un altro, meglio dell’altro. Ma la competizione è ciò che ci avvelena la vita. Se ci pensiamo, tante delle nostre fatiche nella vita di ogni giorno nascono dal fatto che non siamo capaci di vivere se non in una logica di competizione. Questa capita a noi adulti ma anche a voi ragazzi, a scuola, nel gioco, nel gruppo di amici e nello sport, incapaci di vivere da fratelli.
Gesù prende le mosse da questa domanda per dirci anche qual è il modo per vivere e stare bene, per essere felici, indicandoci la via antitetica a quella della competizione. Come si deve vivere? Si deve vivere come un bambino e ci si deve convertire per essere come un bambino. Il bambino, il piccolo, è l’immagine di colui che si abbandona con fiducia, che non ha sospetto, che non ha paura, che sa che la vita è nelle mani di qualcun altro. Carissimi ragazzi, facciamoci senza paura questa domanda: “Che cos’è che ci impedisce di vivere da fratelli?”. Il fatto di non sentirci come dei bambini abbandonati con fiducia nelle mani di Dio. Ma poi Gesù va oltre: questa via della piccolezza è la via che fa sì che si diventi come un bambino, facendosi piccoli e diventando così, e soltanto così e in questo senso, il più grande. È quella via che ci permette di mettere al primo posto davvero coloro che nel mondo sono trattati da ultimi, ma è quella via anche che ci permette di collocarci noi all’ultimo posto, per farci i servi di tutti. E infine Gesù dice anche che ciò che contrasta la logica della competizione è accogliere qualunque bambino, qualunque piccolo nel suo nome. È la via della cura per i bisogni dei più poveri, di chi ha la necessità dello sguardo dell’amicizia e del bene dell’altro per poter continuare a sentirsi vivo.
Mi sembra molto bello leggere questa pagina del Vangelo nel giorno della festa di San Giovanni Bosco, perché in qualche modo, nella sua vita ha incarnato questa pagina, testimoniando la bellezza, la lucentezza della molteplice via della piccolezza. San Giovanni Bosco è stato un uomo e un cristiano che si è affidato totalmente nelle mani di Dio. Tutti noi certamente conosciamo diversi particolari della sua vita, della sua esistenza. Sappiamo bene come, persino nei momenti di maggiore sconforto, non ha mancato di sapere che la Provvidenza di Dio c’era e non lo ha abbandonato. Lui è il testimone di questa molteplice via della piccolezza perché si è fatto servo di altri, soprattutto dei più piccoli, generando una comunità che esiste per servire i più piccoli, i più giovani. È testimone di questa via perché ha avuto occhi capaci di curare i bisogni dei più esclusi e poveri del suo tempo e di non trascurare ciò essi desideravano.
Don Bosco non solo ha servito, ma ha amato fino in fondo i ragazzi e giovani, incoraggiandoli e accompagnandoli a non trattenere il bene che sono e che portano in sé e a non avere timore di rischiare. I ragazzi, spesso, sazi di tutto, perdono la capacità di stupirsi, di capire le ragioni dell’impegno. Non si lasciano più interrogare dalla realtà, dalla presenza degli altri. Pongono al centro del mondo solo se stessi. Ma la vita chiede di essere donata, non consumata. Uno dei compiti più importanti dei genitori e degli educatori è quello, sull’esempio di don Bosco, di insegnare ai giovani di incontrare e amare Gesù Cristo presente nell’Eucaristia. Non basta, però, insegnare ad incontrarLo. Occorre educare i giovani a donarsi a Lui, per essere come Lui missionari. San Domenico Savio, capì l’importanza di questo. Accettò da don Bosco il consiglio di farsi apostolo tra i compagni, prendendosi in particolare cura dei più indisciplinati, animando i più in gamba nella missione educativa e pastorale dell’Oratorio. Oggi diventa cruciale educare i giovani a capire la propria vocazione, ad usare con senso critico internet e l’intelligenza artificiale che già invade la società e la nostra vita. In un clima culturale, che esalta la comunicazione e le interconnessioni, e che tuttavia ci porta ad abitare paradossalmente mondi frammentati di profonde solitudini, è decisiva l’importanza di ambienti educativi e comunicativi, ove sono rafforzati il senso della propria vita e l’impegno per la comunità.
In questa Eucaristia ringraziamo il Signore per aver suscitato nella Chiesa don Bosco, pastore secondo il suo cuore, padre e maestro della gioventù. Chiedete al Signore che vi aiuti ad imitarlo e a essere capaci di comunicare ai vostri amici l’amore di Gesù. Preghiamo per tutti i salesiani e le salesiane, in particolare per i salesiani che operano a Pordenone da cento anni, ringraziandoli per il loro servizio e la loro passione educativa, soprattutto nella scuola.
Buona festa a tutti.

+ Giuseppe Pellegrini
vescovo