Omelia funerale don Gualtiero Bertolo, S. Vito al T., 21 giugno 2025

condividi su

Letture: Isaia 52,13. 53,3-12; Luca 7,11-17.

Carissimi confratelli nel sacerdozio, fratelli, sorelle e parenti tutti, ci troviamo, almeno per molti di noi, ancora insieme nella Chiesa parrocchiale di San Vito per accompagnare nella dimora eterna Don Gualtiero, che qui è nato e qui ha trascorso i suoi ultimi tre anni nella Casa del clero. San Luigi Gonzaga, che oggi la chiesa ne celebra la memoria, lo accolga e lo accompagni in Paradiso. Con questi sentimenti viviamo la comunione dei Santi che professiamo nel credo e che si è costituita nel battesimo, certi che la morte non spezzerà mai.

Ho scelto il brano del IV° Cantico del Servo sofferente del profeta Isaia, perché ci permette di comprendere ancora di più la vita e il ministero di Don Gualtiero. Gesù, applicando su di sé la figura del Servo di Jahvè, ci ha ricordato che lui “non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Matteo 20,28. Certamente lo stile di vita di Gesù ha incarnato quello che Isaia ha descritto: “Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire. … Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza” (Isaia 53,3.11). Il testo non specifica quali siano le sofferenze, perché c’è spazio per ogni sofferenza umana. Quei dolori sono i nostri dolori e le nostre sofferenze, che più o meno sperimentiamo. Per questa ragione le sofferenze del Servo, come quelle di Gesù, ci insegnano che Dio non è venuto per liberarci dalle prove ma per abitarle, per essere presente nella prova di ogni persona, perché solo così ci ha potuto salvare veramente.

Da questa prospettiva diventa più facile rileggere la vita di Don Gualtiero. 83 anni dei quali 58 come prete. Carattere buono e mite ma spesso incerto nelle decisioni da prendere, fin da seminarista e poi da giovane sacerdote, come vicario parrocchiale per quattro anni a Fanna, tre anni e San Michele al T. e sette anni a San Nicolò di Portogruaro, sentiva dentro di sé una paura forte di non essere all’altezza del dono che Dio gli aveva fatto, tanto da provocargli stress, disagio e angoscia. Non fu una crisi vocazionale ma una continua ricerca di trovare il suo posto come presbitero nella vita della Chiesa. Era consapevole delle sue fatiche e difficoltà interiori, che spesso aveva confidate ai suoi amici e al vescovo. Durante l’esperienza nell’attività pastorale in parrocchia, aveva maturato la convinzione di non essere in grado di sopportare il peso e la fatica del ministero parrocchiale, sentendosi invece più portato all’interiorità, alla meditazione, allo studio e all’ascolto delle persone più fragili e sofferenti. Gli fu così assegnato il compito di cappellano nell’Ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone, che portò avanti per 12 anni. Ma anche qui il desiderio di interiorità si fece sempre più intenso, un appello interiore, scrive, di vivere “nel mondo come monaco”. Fu scelto di inviarlo a Maniago come collaboratore e cappellano dell’Ospedale e della Casa di riposo, che servì per ben 29 anni. Tale scelta rispondeva al suo desiderio di trovare più spazio per la contemplazione, la preghiera e lo studio del greco e dell’ebraico, per conoscere più profondamente il Signore Gesù, ma anche per imitare santa Teresa di Gesù Bambino che aveva scritto che se fosse stata prete, avrebbe studiato a fondo l’ebraico e il greco, al fine di conoscere il pensiero divino, tale e quale si è rivelato nel linguaggio umano. Don Gualtiero ha sempre sentito forte la vocazione alla contemplazione, considerato che sua sorella era diventata monaca di clausura nel monastero delle Visitandine qui a San Vito. Durante il periodo di Maniago fu contento di assumere per alcuni anni il servizio pastorale della parrocchia di Fratta, dove si spese con passione alla formazione delle famiglie e all’ascolto dei più poveri, edificando il ‘Centro Comunitario’. In tutto il periodo maniaghese, collaborò con la Caritas vicariale sempre attento ad ascoltare e aiutare i più poveri. Significativo il saluto ricevuto a Maniago l’8 settembre del 2022, prima della sua partenza. Fu ringraziato dalla comunità parrocchiale e civile per il bene fatto, ma soprattutto per essere stato un uomo e un prete ‘compassionevole’, come Cristo che prese su di sé il male e le sofferenze degli altri.

La sensibilità alle sofferenze degli altri e la compassione di don Gualtiero, che sono la sua vera caratteristica, mi hanno spinto a rileggerle la sua vita attraverso il racconto del miracolo di Gesù nel villaggio di Nain. Due cortei si incrociano alla porta della città: il corteo della vita, con Gesù e i discepoli e il corteo funebre, di un giovane che si va a seppellire. L’attenzione di Gesù, però, non è sul ragazzo morto, ma sulla madre vedova, debole e fragile, priva dell’unico figlio. Gesù si commosse preso dalla compassione, stabilendo una immediata comunione con chi soffre, e dopo aver toccato la bara disse: “Ragazzo, dico a te, alzati. Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituirà a sua madre” (Luca 7,14-15). Nella vita che Gesù restituì al ragazzo, la gente vide la presenza salvifica di Dio attribuendo a lui il miracolo. In questo modo Gesù rivela la grandezza di Dio Padre misericordioso vicino a chi soffre e si china sul dolore umano.

È stata pure l’esperienza e la testimonianza che ci ha offerto don Gualtiero in tutta la sua vita. Proprio perché anche lui ha vissuto momenti di dolore e di fragilità, si è sempre fatto prossimo, si è fatto buon samaritano con chi si trovava nel dolore e nel bisogno, sempre vicino al mondo della sofferenza e della povertà, chinandosi con delicatezza e misericordia. Possiamo dire che don Gualtiero si è fatto carità verso gli altri, fino alla fine della sua esistenza. Un grazie particolare alla Casa del clero di San Vito, ai preti residenti e a tutto il personale. Così pure un grazie sincero alla comunità e ai preti di Maniago che hanno accolto don Gualtiero, li sono stati vicini, aiutandolo nei momenti di fatica e di difficoltà, facendolo sentire a casa. Un ricordo al fratello Egidio, alla cognata Elsa, ai nipoti e parenti tutti.

La Madre di Gesù che ti è stata affidata, caro don Gualtiero, e che tu hai sentito come tua madre, ti accompagni dal suo Figlio Gesù, per ricevere il premio della vita nuova.

+ Giuseppe Pellegrini
vescovo