Carissimi tutti, in particolare voi ammalati, anziani, operatori sanitari e volontari, stiamo vivendo il Giubileo del Malato nella 33ma Giornata Mondiale del Malato, qui a san Vito, in quattro significative tappe. Siamo partiti dalla cappella della casa di riposo della parrocchia con una delle domande che ci ha posto papa Francesco nel messaggio di quest’anno: “Come rimanere forti quando siamo toccati nella carne da malattie gravi, invalidanti, che magari richiedono cure i cui costi sono al di là delle nostre possibilità?”. Il papa non nega la complessità della sofferenza, ma ricorda che in quei momenti possiamo sperimentare la vicinanza di Dio che in Gesù condivide il nostro dolore: “Egli non ci abbandona e spesso ci sorprende con il dono di una tenacia che non avremmo mai pensato di avere, e che da soli non avremmo mai trovato”. In cappella ci siamo messi in preghiera invocando sugli ammalati e gli anziani la forza dello Spirito per essere fortificati nella pazienza e per raccogliere il frutto della speranza.
Poi abbiamo iniziato il pellegrinaggio giubilare fino al Santuario Madonna di Rosa che è una della quattro Chiese giubilari della diocesi. Camminando insieme con Maria – Giovanni Paolo II ha voluto che questa giornata fosse fissata l’11 febbraio di ogni anno, giorno in cui la Chiesa celebra la memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes – sostenuti dalla meditazione della Parola di Dio e da alcuni passaggi del messaggio del santo Padre, ci siamo sentiti segno e portatori di speranza nel mondo di oggi. “La speranza non delude (Romani 5,5) e ci rende forti nella tribolazione”. Con questo tema che papa Francesco ha scelto per la giornata di quest’anno, invita la Chiesa e il mondo intero a farsi ‘pellegrini di speranza’, sottolineando che la fede può essere una roccia incrollabile anche nelle prove più difficili. Questo invito alla speranza si basa sull’incontro personale con Dio che trasforma la sofferenza in un’occasione di grazia. Scrive il papa: “La malattia diventa un’occasione di un incontro che cambia, la scoperta di una roccia incrollabile a cui possiamo ancorarci per affrontare le tempeste della vita”. La speranza, però, non è solo sentimento e ottimismo, che nasce dal pensare positivo, ma un dono da accogliere e coltivare. “Mai come nella sofferenza – scrive ancora il papa – ci si rende conto che ogni speranza viene dal Signore”. Questo dono trova la sua massima espressione nella vita di Gesù, in particolare nei momenti della sua passione, morte e risurrezione, che illuminano ogni tribolazione con la certezza che Dio ci ama sempre e non ci lascia mai soli. Nei momenti più difficili della vita è importante e necessario sentire la forza e la presenza viva dello Spirito di Gesù vivo che opera e agisce in noi. Più di un medico, interpellato sull’importanza della speranza nei momenti più dolorosi e difficili della vita, riconosce che la speranza spesso si è dimostrata non meno importante dei farmaci e delle terapie. In questo cammino abbiamo sentita vicino la presenza di Maria nella recita del santo Rosario e nel canto delle Litanie che ci hanno fatto sentire in comunione con la Chiesa celeste, aprendoci alla speranza che non ha fine.
Con la terza tappa vissuta nell’atrio del santuario, abbiamo pregato il Signore, ricco di misericordia, che apra la porta dei nostri cuori per accogliere il perdono e la misericordia di Dio. Il Giubileo del 2025, come ha voluto il papa nella Bolla di indizione Spes non confundit, è da viversi sotto il segno della speranza. Scrive papa Francesco: “Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità”. Pensiamo quanto questo sia vero negli ospedali, nelle case di cura o nelle case di riposo! Continua il papa. “Possa il Giubileo essere per tutti occasione di speranza”.
Ora, carissimi, siamo qui a celebrare l’Eucaristia, culmine e fonte della vita cristiana, per rinnovare il grande gesto d’amore di Gesù che si dona a noi. Ci siamo immersi con il gesto dell’aspersione che ricorda il nostro battesimo, nell’amore e nella salvezza di Dio. Padre, Figlio e Spirito Santo che ci accoglierà nel suo Regno di amore giustizia e di pace, meta della nostra attesa. La pagina di Vangelo dii questa V domenica T.O. ci aiuta ancora di più a vivere in pienezza e con speranza, insieme ai nostri ammalati, il Giubileo. A differenza di Marco che pone la chiamata dei primi discepoli all’inizio del ministero dalla vita pubblica di Gesù, l’evangelista Luca lo inserisce dopo alcuni miracoli di guarigione, in un momento particolare della vita dei primi discepoli. All’invito di Gesù a Simone: “Prendi il largo” (Luca 5,4), la risposta è secca: “Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla” (v. 5). Anche noi viviamo momenti di fatica e di sofferenza, alcuni causati da malattie, altri invece provocati da altri, che ci impediscono di prendere il largo, di andare in acque più profonde, di abbandonare le sicurezze e di sperare che qualcosa possa cambiare. L’invito di Gesù è di uscire nel mare aperto dell’umanità del nostro tempo, per essere testimoni di bontà, di misericordia e di speranza. Solo così potremo dare un senso pieno alla nostra vita. Venticinque anni fa, papa Giovanni Paolo II, alla fine del grande Giubileo del 2000, invitava la Chiesa a non aver paura di prendere il largo, di fidarsi delle parole di Gesù e di ravvivare la speranza che Lui non ci abbandona mai. “Duc in altum! Questa parola risuona oggi per noi e ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro” (Novo Millennio Ineunte, 1). Anche se non è sempre facile, l’altra espressione di Simone: “Ma sulla tua parola getterò le reti” (v. 5) ci indica una via sicura per diventare segno di speranza per l’umanità. È una bella espressione perché ci fa sentire la Parola di Dio più vicina, una parola che ciascuno di noi ha udito, almeno una volta, e che ci ha segnato per sempre. Una parola che fa entrare in relazione profonda con Lui.
Papa Francesco nella conclusione del suo Messaggio si è rivolto ai malati e a quanti li assistono, definendoli protagonisti di un vero e proprio “inno alla dignità umana, un canto di speranza”, la cui voce risuona ben oltre i luoghi di cura. La loro testimonianza è un segno per la Chiesa e la società, capace di ispirare la carità e la solidarietà. A voi in particolare, carissimi medici, infermieri e personale sanitario, cappellani, volontari anche associati, familiari, che il papa vi definisce “angeli di speranza e messaggeri di Dio”, il mio grazie più sincero. Un ringraziamento al sig. Sindaco e ai vigili urbani che ci hanno assistito nel pellegrinaggio dalla casa di riposo al Santuario Madonna di Rosa. Affido tutti, malati e chi li assiste, alla protezione di Maria Salute degli infermi e Regina della pace. Nostra Signora di Lourdes, prega per noi.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
