Carissimi tutti, stiamo vivendo il Pellegrinaggio giubilare di Speranza ‘Trasmettere la vita’, come ci ha invitato Papa Francesco, con una visione della vita piena di entusiasmo da diffondere in particolar modo ai nostri giorni, che sembrano aver dimenticato e smarrito la speranza, considerate le numerose situazioni di conflitto e di guerre, le tensioni tra le popolazioni che fanno fatica a vivere e talvolta anche ad accogliere chi è più fragile, debole: i profughi fuggiti alla ricerca di una vita più dignitosa e i bambini mai nati.
Ringraziamo papa Francesco, augurandogli salute e ogni bene, per aver messo tra i segni di speranza che sono da implementare e sostenere, quello del desiderio di trasmettere la vita. Scrive al numero 9 della Bolla di Indizione del Giubileo Spes non confundit: “L’apertura alla vita con una maternità e paternità responsabile è il progetto che il creatore ha iscritto nel cuore e nel corpo degli uomini e delle donne, una missione che il Signore affida agli sposi e al loro amore”. Non è un caso che il nostro pellegrinaggio avvenga all’inizio della primavera, quando la natura, dopo un lungo inverno, si apre a nuove forme di vita. La vita nascente è la primavera della vita che è ricca di promesse, di speranza e di attese. La primavera della vita vince sempre, su tutto e su tutti: sul dolore, sulle sofferenze, sulle delusioni e sulle povertà. La vita vince perché è bella, e la bellezza salverà il mondo. Questo è il messaggio che desideriamo offriamo in questo pellegrinaggio giubilare di speranza, desiderando che diventi contagioso anche per altre persone e realtà sociali e istituzionali. Abbiamo percorso alcune tappe della vita: coppie che desiderano accogliere e donare la vita; bambini adolescenti e giovani che accolgono la vita che germoglia e cresce; adulti che affrontano anche le prove e le difficoltà del vivere quotidiano, insieme con le gioie; anziani che ci trasmettono la speranza della vita. Se vissuta così la vita diventa essa stessa un segno di speranza nella Chiesa, nel mondo e nelle nostre comunità.
In questo cammino ci hanno accompagnato alcune riflessioni del Santo Padre, alcune preghiere e canti e la Parola di Dio. Ora siamo davanti a Gesù nell’Eucaristia, vivo e presente in mezzo a noi, fonte e sorgente della nostra vita che ci richiama all’unità e al dono per essere suoi discepoli. La Parola di Dio che ci accompagna in questo momento di adorazione e di intensa preghiera, illumini la nostra mente, il nostro cuore e la nostra vita, non solo singolarmente ma anche come famiglie, gruppi, associazioni e comunità. Questi pochi versetti del Vangelo di Giovanni ci riportano al centro della riflessione sulla vita vera: come accoglierla, sostenerla e alimentarla. Siamo nel capitolo 12, quando Gesù, dopo l’ingresso a Gerusalemme, svela la sua vera identità ad alcuni Greci che volevano conoscerlo. E per far questo Gesù racconta l’evento della Croce attraverso la parabola del ‘chicco di grano’ e il detto sulla sequela (cfr. Giovanni 12,23-25). La riflessione di Gesù sembra un po’ strana: stiamo celebrando la vita con il desiderio di trasmetterla, e Gesù ci offre come immagine la croce nel suo duplice aspetto di morte e di vita, di fallimento e di vittoria. Spesso i Vangeli usano l’immagine del seme che è Gesù stesso. Il Figlio dell’uomo è come il chicco di frumento che viene seminato in terra e muore. Ma proprio perché muore produce molto frutto. Questa immagine e le parole di Gesù devono essere ben comprese. Non sono una contrapposizione tra la vita materiale e la vita spirituale, perdi l’una per avere l’altra! Questo è un falso spiritualismo, difficile anche per noi da accogliere. Si tratta invece di due modalità per vivere la propria vita: o l’esistenza vissuta nella conservazione e chiusura di sé o l’esistenza vissuta nella gratuità e nel dono di sé. Nel primo caso l’esistenza si perde chiudendosi a riccio, senza portare gioia e felicità; nel secondo caso, invece, la vita sboccia in pienezza offrendoci gioia e forza di viverla. Solo chi è capace di dare se stesso, di donare se stesso agli altri, di servire può mettersi alla sequela di Gesù e diventare suo discepolo.
Carissimi, questa è la prospettiva cristiana che Gesù offre a tutti noi per vivere in pienezza la vita e per avere più coraggio nel mondo di oggi, soprattutto in quello occidentale, di aprirsi con generosità per generare la vita, ogni vita, dal suo concepimento fino alla fine. Vita, infatti, significa gioia, significa resurrezione. Oggi si parla tanto di bene comune, dimenticandosi spesso che il frutto più grande del bene comune è la vita vissuta in pienezza. Ricordiamoci che il primo aspetto è proprio quello di generare, di aprirsi con fiducia a donare all’intera società e comunità, nuove vite. Ecco perché è necessario parlare di cultura della vita che deve rafforzarsi e prendere sempre più spazio anche nei dibattici pubblici. Fare un figlio per una coppia e il regalo più grande, non solo per la famiglia, ma per la Chiesa e l’intera società. È il dono grande che Dio fa all’umanità. Con questo pellegrinaggio noi desideriamo dare un segno forte alle Istituzioni e alla politica. Sentiamo sempre più necessarie delle politiche familiari che permettano alle famiglie di affrontare con più serenità questa meravigliosa avventura del donare e generare la vita. Dobbiamo abbandonare tutti, politici compresi, quella storica neutralità nei confronti della vita nascente e sollecitare con più forza delle scelte (alcune già in atto) per evitare l’inverno demografico, come ricorda papa Francesco, se non addirittura il suicidio demografico della nostra società. Appoggiamo anche noi l’idea che sta prendendo sempre più piede di una giornata nazionale della vita nascente, al fine di riscoprire la bellezza della genitorialità, della natalità e della vita. Vita che Gesù ci insegna ad accogliere e a donare.
Buon pellegrinaggio giubilare.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
