Nel silenzio del Venerdì Santo siamo invitati ad alzare il nostro sguardo e contemplare Gesù crocifisso, segno del suo amore infinito per l’umanità e per ciascuno di noi. Come abbiamo sentito dal profeta Isaia “non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere” (53,2). Su quella croce l’amore ha raggiunto il suo vertice più alto, perché Gesù ha trasformato il dolore in amore e l’ingiustizia in sorgente di salvezza per tutti. Gesù non è fuggito dalla croce, non l’ha rifiutata ma vi è salito caricandosi di tutte le nostre sofferenze e dolori ed addossandosi dei nostri peccati. Potrebbe sembrare che la morte in croce di Gesù sia il fallimento della sua vita e della sua missione. La croce, invece, ci dice la Pasqua, non è una sconfitta ma la maniera sorprendente con cui Dio vince nell’amore le cattiverie e le ostilità dell’umanità. Ecco perché fra poco la croce entrerà solennemente in mezzo a noi e noi ci inginocchieremo davanti ad essa e la baceremo, così come oggi e domani, siamo invitati a genuflettere davanti alla croce come facciamo davanti a Gesù Eucaristia, perché essa è il segno dell’amore di Dio, fatto uomo pere la nostra salvezza.
Il racconto della passione nel Vangelo di Giovanni svolge il ruolo di ‘compimento’ della vita di Gesù, rivelando la sua vera identità di Messia e salvatore. Gesù va liberamente incontro alla croce che diventa lo specchio della sua gloria. Anche se il racconto inizia con l’arresto di Gesù nell’orto degli ulivi, tuttavia al centro della narrazione ci sta l’identità di Colui che è arrestato, che è come una luce che rischiara tutti gli avvenimenti imprimendovi un significato particolare e del tutto nuovo. Gesù, infatti, è ben consapevole di tutto ciò che sta per accadere contro di lui. Consapevole e anche pienamente libero. È lui infatti che va incontro a coloro che venivano ad arrestarlo consegnandosi a loro. Le parole che Gesù dice ai soldati, esprimono l’intensione di salvare i suoi amici e di non perdere nessuno di color che gli sono stati affidati: “Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano” (18,8), ma anche la grande solitudine che accompagna Gesù nell’ora della sua morte. I discepoli fuggono, tranne Pietro e Giovanni. Purtroppo, poco dopo Pietro lo tradirà, abbandonandolo alla sua sorte. Anche il popolo, che qualche giorno prima lo aveva portato in trionfo e acclamato come Messia per quelle strade: “Osanna al Figlio di David” (Matteo 21,9), ora, davanti a Pilato lo abbandona alla sua sorte, chiedendo che venga liberato Barabba. Gesù non si stupisce di questo abbandono da parte dei figli di Israele. Anzi, lo giustifica davanti a Pilato dicendo che il suo regno non è di questo mondo. Solo Giovanni, il discepolo amato e Maria con qualche altra donna, lo seguono fino al calvario, in piedi sotto la croce. E qui Gesù compie il gesto supremo dell’amore: lascia sua madre, Maria nelle mani di Giovanni e affida il suo amico Giovanni a Maria. Veramente ora tutto è compiuto! Gesù si libera di tutto e rimane solo davanti al Padre perché la morte, per Lui non è più morte ma passaggio al Padre: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Luca 23,46).
Vorrei soffermarmi sull’aspetto della solitudine e dell’abbandono di Gesù in croce, ricordato dall’evangelista Marco: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (15,34). Davanti agli insulti di tanta gente e all’abbandono di altri, tra questi anche dei suoi amici più cari, Gesù con il grido della sua preghiera ha la piena certezza della vicinanza del Padre, che approva questo atto supremo di amore, di dono totale di Sé, nonostante non si oda, come in altri momenti, la voce dall’alto. “Le parole che Gesù rivolge al Padre – dice papa Benedetto – sono l’inizio del Salmo 22, in cui il Salmista manifesta a Dio la tensione tra il sentirsi lasciato solo e la consapevolezza certa della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. … Gesù prega nel momento dell’ultimo rifiuto degli uomini, nel momento dell’abbandono; prega, però, con il Salmo, nella consapevolezza della presenza di Dio Padre anche in quest’ora in cui sente il dramma umano della morte” (Catechesi del 8/02/2012).
Nel silenzio del Venerdì Santo ognuno di noi contempli il mistero della croce, per trovare la luce e la bellezza di un amore capace di illuminare la nostra vita e la vita del mondo. La preghiera di Gesù morente sulla Croce ci insegni a pregare con amore per tanti fratelli e sorelle che sentono il peso della vita quotidiana, che vivono momenti difficili, che sono nel dolore, che non hanno una parola di conforto; portiamo tutto questo al cuore di Dio, perché anch’essi possano sentire l’amore di Dio che non ci abbandona mai.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
