S. MESSA DI CONSOLAZIONE, DI LIBERAZIONE E GUARIGIONE

condividi su

Carissimi tutti, riprendiamo con la celebrazione di questa sera l’incontro di preghiera mensile e la celebrazione dell’Eucaristia di consolazione, di liberazione e guarigione. Scriveva tempo fa il Dicastero per la Dottrina della fede: “L’aneto di felicità, profondamente radicato nel cuore dell’uomo, è sempre accompagnato dal desiderio di ottenere la liberazione dalla malattia e di capirne il senso quando se ne fa esperienza … La malattia come altre sofferenze umane costituisce un momento privilegiato di preghiera: sia di richieste di grazia, per accoglierla con senso di fede e di accettazione della volontà divina, sia pure di supplica per ottenere la guarigione”. Con queste disposizioni viviamo anche noi questo momento di preghiera nell’ascolto della Parola e nell’adorazione dell’Eucaristia, sorgente e fonte di ogni grazia. Siamo sotto lo sguardo materno di Maria e accompagnati oggi dalla testimonianza di un grande santo e dottore della Chiesa: san Giovanni Crisostomo.

San Paolo nel testo della lettera ai Colossesi appena proclamato, ci riporta al centro della nostra fede, punto di partenza di ogni nostra preghiera e supplica: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù … e rivolgete il pensiero alle cose di lassù non a quelle della terra” (3,1-2). Paolo ci invita ad essere attenti alle pulsioni e a tutto il male che sta attorno a noi che ci rendono schiavi: impurità, immoralità, passione, desideri cattivi, ira e animosità; queste sono le opere dell’uomo vecchio, cioè dell’uomo abbandonato a se stesso e che si colloca fuori della benedizione di Dio, nella condizione di peccato. Persone che si lasciano dominare dal male e dal maligno. Ma qual è il confine tra benedizione e maledizione? Ci viene in aiuto l’evangelista Luca che dopo i quattro ‘beati voi’, aggiunge quattro ammonimenti: guai a voi ricchi, guai a voi che ora siete sazi, guai a voi che ora ridete, guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi (cfr. 6,24-26). In questo modo ci risulta ancora più chiaro comprendere il confine tra benedizione e maledizione. Il confine, infatti, non è dato dalla divisione esterna del mondo in categorie contrapposte, dai pregiudizi che noi usiamo per separarci dagli altri. Non sono le cose esterne che ci separano da Dio e che ci impediscono di essere felici. Non è la ricchezza in sé, il pianto e le persecuzioni che ci allontanano da Dio! Il Vangelo ci aiuta a considerare il modo di agire di Dio nella storia, come cantiamo con Maria nel Magnificat: “Dio ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato i riti a mani vuote” (Luca 1,53). Non sono dunque le situazioni esterne a noi, fuori di noi, ma la verità del nostro cuore. La vera contrapposizione, il vero conflitto tra il bene e il male è tra un cuore chiuso e un cuore aperto; un cuore chiuso alla vita chiuso a Dio e agli altri e, quindi, alla fiducia; oppure un cuore aperto e accogliente, disponibile ai cambiamenti, attento a percepire la presenza di Dio dentro di noi e nella storia.

Oggi il Vangelo ci invita a non aver paura di avere un cuore aperto, ad allargare il nostro cuore all’amore di Dio. Solo così potremo essere consolati, guariti e liberati da ogni negatività e da ogni male. Invece, spesso siamo sconsolati, afflitti, doloranti anche fisicamente; spesso percepiamo attorno a noi una carica e una potenza maligna che ci impediscono di entrare nel profondo del nostro cuore e di percepire che lo Spirito è dentro e abita in noi e che la sua forza ci dà coraggio. Le Beatitudini sono un messaggio di speranza e di liberazione perché esprimono la forza del Regno di Dio che è già in mezzo a noi … anche se non ho ancora pienamente. Pur essendoci ancora il male, ce lo ricordano i quattro guai, sappiamo però che il Vangelo ci offre parole cariche di forza e speranza in Dio che porterà a termine la sua opera di salvezza. In ogni Beatitudine, infatti, è racchiusa una promessa di Dio che ci accoglie nelle sue mani e ci aiuta a cambiare mentalità e strada, comportamenti e stili di vita.

Questa sera ci viene in aiuto la fede e la testimonianza di un grande santo: San Giovanni Crisostomo. Padre della Chiesa primitiva – nasce ad Antiochia verso i 349, terminate le persecuzioni e muore in esilio in Armenia nel 438. Fu vescovo di Costantinopoli, famoso per la sua predicazione e i suoi scritti spirituali. A chi gli chiedeva Perché Dio ha lasciato libero il diavolo a operare contro di noi così rispose: “Perché egli non solo non nuoce a coloro che sono vigili e attenti a se stessi, ma si rende anche utile, non per il suo libero volere che è cattivo, ma per la fortezza di coloro i quali si valgono della sua malizia per resistere”. Porta come esempio Giobbe che, tentato profondamente dal diavolo, resistette consolidando la sua fede nel Signore che è presente e che vuole il bene dei suoi figli. Quando Papa Paolo VI, ora santo, parlò del diavolo, citò un’espressione del Crisostomo: “Non è il diavolo ma l’incuria degli uomini stessi che causa tutte le loro cadute e tutti i mali di cui si lamentano”. San Giovanni Crisostomo era anche ben consapevole della battaglia spirituale che si svolge attorno a noi. Nel commento al Vangelo di Giovanni, ha insegnato al suo popolo un’abitudine semplice, che a suo avviso impediva a qualsiasi presenza maligna di entrare in una persona. Riteneva importante leggere e comprendere le Scritture, anziché possedere semplicemente un bell’esemplare della Bibbia. Cito un suo testo: “Un’anima che mette davvero in pratica le parole della Scrittura e le mantiene sempre vive nel suo cuore e sulle sue labbra, sarà immune dagli attacchi satanici!” Lo ricorda pure san Paolo nella lettera agli Efesini al capitolo VI, invitando i cristiani a rivestirsi dell’armatura di Cristo per resistere alle forze del male. Le Scritture sono una forte difesa contro Satana, ma devono entrare nel profondo del cuore.

In un’omelia sul diavolo tentatore, san Giovanni Crisostomo descrivere le cinque vie della riconciliazione con Dio e della purificazione: vie che ci tengono lontani dagli assalti del maligno. La prima è quella della condanna dei propri peccati. È importante confessare per primi il nostro peccato perché solo così potremo essere giustificati. Una seconda via, per nulla inferiore alla precedente: non ricordare le colpe dei nemici, dominare l’ira, perdonare i fratelli che ci hanno offeso, perché solo così potremo ottenere il perdono delle offese. La terza via è quella della preghiera fervorosa e ben fatta che proviene dall’intimo del cuore. Una quarta via e l’elemosina fatta con amore perché apre il cuore ad essere attenti e a preoccuparsi di chi è nel bisogno. L’ultima via e l’umiltà. Se ci si comporta con temperanza e umiltà si distrugge alla radice il peccato, come il pubblicano che riconoscendo umilmente le proprie colpe, se ne tornò a casa giustificato.

Carissimi, viviamo questo momento comunitario di fede e di preghiera nella certezza che il Signore è con noi, che il Signore è più forte del male, del peccato e anche di Satana. Se noi saremo uniti a lui e in comunione con lui, certamente metteremo un forte ostacolo al male e al maligno da impedire che possano entrare in noi e nella nostra vita.

Un grazie sincero per l’impegno e la testimonianza che ci offrono i due sacerdoti delegati da me per accompagnarvi e, se necessario con l’esorcismo, don Alberto e Don Pietro. Un grazie al parroco don Giovanni, alla parrocchia, al coro e ai volontari che ci accolgono, ci sono vicini e ci aiutano nel momento di preghiera.

 

+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo