ORDINAZIONI DIACONALI

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Carissimi Alex, Riccardo F, Riccardo M, Diego e Luca, nel giorno della vostra Ordinazione diaconale la Parola di Dio vi ricorda che siete responsabili dei vostri fratelli. La Chiesa è una famiglia dove ognuno è legato all’altro ed è responsabile dell’altro. Chi ha dinanzi a te, chiunque esso sia, ti appartiene, è un tuo fratello. Niente ti può allontanare da lui e niente che tu non possa ascoltare e accoglierlo. Non c’è colore della pelle, non ci sono lingue diverse, non c’è condizione sociale e nemmeno religiosa che ti possano impedire di sentirti custode dell’altro. Così ci ha voluti il Signore: fratelli che si vogliono bene. Ce lo ha ricordato pure il profeta Ezechiele nella prima lettura: “O Figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa di Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia” (33,7). Siamo tutti chiamati ad un servizio di responsabilità e di amore. Purtroppo non capita sempre così, sia nella società che nella Chiesa. Infatti, se qualcuno si comporta male, spesso alziamo le spalle dicendo che non è affare nostro, che non ci si può intromettere nella vita degli altri … da diventare uno slogan: vivi e lascia vivere. È il segno di un grande individualismo che caratterizza il nostro tempo, scambiando l’indifferenza per rispetto dell’altro. Talvolta per non perdere la simpatia e l’approvazione degli altri, siamo più propensi a tacere, a non prendere posizione degli errori e del male che ci circondano, preferendo parlar male e giudicare dietro le spalle. Ma cosa ci autorizza a intervenire nella vita di una persona?

Nella pagina evangelica, Gesù ce lo dice chiaramente: “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va e ammoniscilo fra te e lui solo” (Matteo 18,15). Non è, dunque, l’ergersi difensori della verità o credersi più bravi degli altri, ma semplicemente percepire l’altro come un fratello e una sorella. Mi sta così a cuore il bene dell’altro, che me ne prendo cura, perché solo chi ama sa prendersi cura e ammonire in modo giusto, facendo il primo passo, entrando in relazione senza ferire e colpevolizzare. La seconda parte del versetto 15 è ancora più bella e significativa: “Se ti ascolta avrai guadagnato il tuo fratello”. Questo vuole il Signore da noi: saper guadagnare, ma non solo i soldi, il successo o il potere, ma guadagnare un tuo fratello o una tua sorella. Il crescere della fraternità è il vero tesoro della storia. Non c’è guadagno più grande e più prezioso che diventare costruttori di comunione e di fraternità. Gesù ci ricorda poi che la correzione deve essere discreta e paziente, indicandoci tre passaggi: a quattrocchi, dinanzi a qualche testimone e alla fine con l’intera comunità, quasi a dirci di non arrendersi facilmente perché ci sta a cuore chi sbaglia e ci dispiace che commenta una colpa. Dice papa Francesco: “Correggere il fratello è un servizio, ed è possibile ed efficace solo se ciascuno si riconosce peccatore e bisognoso del perdono del Signore”. E se il percorso non dovesse funzionare, tu continua a volergli bene, come ha fatto Gesù nella sua vita, che non ha avuto paura di sedersi a tavola con i peccatori, i pagani e i pubblicani. Esaurite tutte le possibilità, vi è ancora una cosa che si può fare: pregare insieme per loro. “Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà” (18,19).

Carissimi ordinati, la Parola di Dio appena ascoltata vi aiuta a orientare in maniera più precisa e anche determinata il ministero diaconale che la Chiesa vi dona. Questo vi chiede di non vivere il diaconato come un ‘ministero di passaggio’. Anche se voi ricevete il primo grado dell’Ordine in vista del presbiterato, non significa affatto sminuire il suo valore intrinseco. La via maestra per considerare il ministero ordinato del diaconato è quella tracciata dal Concilio Vaticano II, che nella Lumen Gentium al n. 29, dopo aver descritto la funzione dei presbiteri, illustra quella dei diaconi “ai quali sono imposte le mani non per il sacerdozio ma per il servizio”. Questa differenza non è di poco conto, perché ci iuta a superare la concezione di un ministero, di un ordine di passaggio, riacquistando nella Chiesa un proprio posto con la sua specificità. Papa Francesco ha definito i diaconi i custodi del servizio nella chiesa. Che qualifica la Chiesa non è il potere o il comando, ma il servizio. Il più grande nella Chiesa è il Signore Gesù, che si è fatto il più piccolo e il servo di tutti. “Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire” (Marco 10,45). Questa logica dovrà accompagnarvi per tutta la vita e per tutti i ministeri che la Chiesa vi affiderà. Diaconi lo si rimane per sempre! Il potere che la Chiesa ha, è di servire e amare tutta l’umanità sempre, come ha fatto Gesù.

Carissimi Alex, Riccardo, Riccardo, con l’ordinazione diventate nella Chiesa e nel mondo segno di Cristo servo. Vi invito a vivere così questo tempo del diaconato. Non vivetelo aspettando il presbiterato, ma sperimentate concretamente il vostro essere diaconi nel servizio. Permettetemi una raccomandazione: provate a non fare le stesse cose di sempre, al massimo aggiungendo qualche rito in più, qualche paramento o attività pastorale. Siate profondamente consapevoli che con l’ordinazione vi siete legati indissolubilmente a Cristo Gesù, alla Chiesa e al mondo. Chi vi incontra possa sentire e vedere la gioia che vi portate dentro, l’entusiasmo e la passione di essere testimoni di Gesù, facendo da ponte tra Lui e l’umanità, senza paura di incontrare la gente, in qualsiasi situazione possa trovarsi. Andate, andate da tutti, anche nei posti più strani, soprattutto fatevi vicini a quelli che definiamo più lontani dalla Chiesa, ma forse più vicini al Signore. Fateli sentire che sono cercati e amati dal Signore. Che il vostro ministero diaconale sia un po’ più creativo, senza perdere troppo tempo nelle sacrestie e nelle canoniche. Se fate risplendere la liturgia, non sia per la bellezza dei paramenti o delle suppellettili, ma perché aiutate le persone a incontrarsi in maniera gioiosa con Gesù, spalancando le porte della Chiesa a tutti, anche a coloro che non ci sentono degni o che fanno fatica a entrare. Per uno stile di vita così, non occorrono tante cose … ma una vita sobria, che fa parlare il cuore con la vostra carità operosa verso tutti in particolare verso i più poveri. Ricordate quello che ci ha detto san Paolo: “Pienezza della legge è la carità” (Romani 13,10). Penso che sia anche il modo più bello per vivere il vostro celibato. Non una rinuncia all’amore ma un amare in pienezza mettendo al servizio degli altri tutto voi stessi, tutta la vostra affettività che diventa dono gratuito della vita con lo stile di Gesù.

Un’ultima considerazione. Tra le tante persone che siete chiamati a servire, trovano un posto speciale gli adolescenti e i giovani. È l’apostolato più difficile perché molto selettivo. Un giovane non va in Chiesa e in parrocchia perché c’è qualcuno che glielo ordina o impone; va perché si sente attratto, si sente voluto bene, accolto e ascoltato da qualcuno che conosce. Se oggi sono pochi a seguire la via dell’amore inteso come dono di sé, sia nel sacramento del matrimonio o nella vita consacrata o nel sacerdozio, è perché noi preti e diaconi facciamo fatica a testimoniare la gioia e la bellezza della nostra vocazione. La pastorale vocazionale, oggi più che mai, si realizza per contagio, cuore a cuore, gomito a gomito diceva Madeleine Delbrèl. Solo chi ha incontrato personalmente Gesù, solo chi si è appassionato di lui può testimoniarlo e, con la vita, trasmettere agli altri la gioia di seguire Gesù in una vocazione di speciale consacrazione, tutta dedita all’annuncio del Vangelo.

Un saluto carico di affetto e un grazie che sgorga dal profondo del mio cuore, ai genitori che vi hanno donato la vita e a tutti i vostri cari. Un ricordo particolare alle comunità parrocchiali di provenienza e dove avete esercitato il servizio pastorale, insieme a tutti i sacerdoti che vi hanno accompagnato. Un grazie al seminario, ai vostri compagni con i quali avete condiviso buona parte del cammino di formazione. A voi numerosi giovani e adolescenti, vi dico di non aver paura di scegliere la vita e di donarla agli altri. Ascoltate quella voce che c’è dentro di voi e che a qualcuno dice che è bello anche oggi dare la vita per l’annuncio del Vangelo.

 

+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo