Omelia festa Madonna di Fatima, Bovolone 13 maggio 2024

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Carissimi, sono molto contento di celebrare insieme con voi la festa della Madonna di Fatima qui a Bovolone, dove ho avuto la grazia di vivere questa festa negli anni dal 1979 al 1983. Porto sempre nel cuore il 13 maggio 1981, quando a poche ore dalla messa e dalla processione, ci fu l’attentato a Giovanni Paolo II. Eravamo moltissimi quella sera, confusi e addolorati, ma uniti nella preghiera a Maria per la salvezza del Santo Padre. Un grazie particolare a Don Cristiano e agli altri confratelli per avermi invitato questa sera. Sono passati 80 anni, da quella domenica 1° ottobre 1944, quando mons. Pezzo espresse il desiderio del voto di dedicare alla Madonna di Fatima il 13 maggio di ogni anno, come ringraziamento per la salvezza delle persone che erano in Chiesa durante il bombardamento del 17 settembre. Mons. Pezzo fu tra i primi a diffondere il messaggio e il culto della Madonna di Fatima nelle nostre terre. Infatti, solo nel 1930 vennero riconosciute dalla Chiesa le Apparizioni. Messaggio che è molto attuale anche ai nostri giorni, in un periodo di crisi mondiale con le guerre che si fanno sempre più vicine a noi e che stanno distruggendo non solo le case, i paesi e le città, ma soprattutto i cuori di tanta gente che diventano sempre più chiusi e insensibili alle sofferenze del mondo, togliendoci la gioia di vivere, la serenità e la speranza. Siamo qui stasera per ricordarci che il Signore e la Vergine Maria non ci abbandonano mai. Ci affidiamo a Maria perché lei, con il suo sguardo continui a proteggerci e con il suo sorriso alimenti la nostra fede, speranza e carità.

Il Vangelo appena proclamato ci aiuta ad affidarci a Dio Padre che ci ama e non ci lascia mai soli nelle prove e nelle difficoltà della vita. Siamo nella parte conclusiva del lungo discorso di addio di Gesù, dopo l’Ultima cena e la Lavanda dei piedi. I discepoli erano turbati da quello che stava succedendo e dalle parole di Gesù, che preannunciavano cosa sarebbe accaduto a loro tra breve, ma anche le prove che più avanti avrebbero incontrato: sofferenze, persecuzioni, rifiuti e morte. Il tempo futuro sarà sotto il segno delle doglie e dei travagli, delle afflizioni e dei dolori – sembra una fotografia del nostro tempo e delle difficoltà di essere cristiani e di avere ancora fede nel Signore, – ma i discepoli sono chiamati a vivere in serenità e pace, perché se resteranno uniti a Gesù, come Lui lo è con il Padre, non saranno più soli e non dovranno più avere paura. “Nel mondo avrete tribolazione, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo” (Giovanni 16,33). La fede in Cristo non strappa il credente dal mondo, ne è garanzia di una vita facile. La vittoria di Cristo sul mondo, sul male e su satana, non ha posto fine alle tribolazioni, ma garantisce a quanti sono fedeli a Lui, a chi ha fede in Lui, di godere del suo amore e della sua pace, anche se ancora nella prova e nel dolore. Solo uniti al Risorto, potremo partecipare alla sua vittoria definitiva sul male. Con questa certezza Gesù invita anche noi, stasera, a fidarci di Lui, a non aver paura, perché è vivo e risorto. La croce che sembrava essere la sconfitta definitiva di Gesù, in realtà è la croce che salva il mondo, perché è il gesto di amore più grande che Dio ha riservato per noi. Anche umanamente: un cuore che non conosce il dolore non potrà mai sperimentare il vero amore.

Carissimi tutti, in questa sera siamo invitati a compiere un salto di qualità nella nostra fede, aprendo il nostro cuore a Lui. Questo possiamo farlo non da soli, ma mettendoci in ascolto della parola di consolazione di Gesù e accogliendo tutti quei segni che la provvidenza ci offre. Solo così, la nostra tristezza e le nostre difficoltà si cambieranno in gioia. Per compiere questo salto di qualità, siamo aiutati da alcuni fatti e avvenimenti: quello che hanno vissuto alcuni, salvati dal bombardamento, con il voto fatto da mons. Pezzo e soprattutto le apparizioni della Madonna a Fatima.
Era il 13 maggio 1917 quando Lucia dos Santos e i fratellini Francisco e Jacinta Marto videro una Signora splendente che avrebbe cambiato la loro vita e segnato il Novecento. Fu la prima di sei apparizioni che i tre piccoli pastori avranno fino ad ottobre. Sappiamo che i segni soprannaturali e le apparizioni sono presenti nella storia dell’umanità, entrando nel vivo delle vicende umane e accompagnando il cammino del mondo. Queste manifestazioni, sempre in sintonia con la fede e con il Vangelo, convergono verso l’oggetto centrale della predicazione di Gesù: l’amore del Padre che suscita la conversione e dona la grazia per abbandonarsi a lui. Anche il cuore del messaggio di Fatima è un forte appello alla conversione e alla penitenza, nella certezza, come ci ha ricordato il Vangelo che Gesù ha vinto il mondo perché è una sola cosa con il Padre. Il 13 maggio 1982, nel viaggio che Giovanni Paolo II ha fatto a Fatima per ringraziare la Madonna a un anno dall’attentato, disse: “Se la Chiesa ha accolto il messaggio di Fatima è perché esso contiene una verità e una chiamata che nel che nel loro fondamentale contenuto sono le verità e le chiamate del Vangelo stesso: Convertitevi (fate penitenza) e credete al Vangelo. (Marco 1,15)”.

La sollecitudine di Maria verso di noi è la stessa sollecitudine di suo figlio Gesù. Fatima ci aiuta a crescere nella fede, nella speranza e nella Carità, invitandoci alla conversione, a fare spazio a Dio nella nostra vita. I tre pastorelli si erano arresi alla forza interiore che li ha che li aveva pervasi e raggiunti. Fatima ci aiuta non a fuggire dalla terra, ma ad alzare gli occhi verso il cielo. Alla richiesta fatta alla Signora da Lucia: ‘da dove venisse’, rispose: “Vengo dal cielo”. Questa è la conversione che Maria chiede a tutti noi: guardare verso il cielo. Scrive Paolo ai Colossesi: “Cercate le cose di lassù, dov’è Cristo … non a quelle della terra” (3,1). Non è l’invito ad abbandonare o a fuggire dalla terra, dalla quotidianità della vita, ma a trovare un po’ di spazio e di tempo e di silenzio per lasciare che il cielo, l’infinito, Dio, entrino dentro di noi e nel nostro cuore. Essere cittadini del cielo significa abitare la terra in un modo nuovo, sapendo cogliere i valori perenni e alti dello Spirito e lasciando cadere quelli bassi del peccato e del vizio. Il cielo non è solamente la meta definitiva alla fine della nostra vita, ma è vivere l’oggi nell’ascolto e nella contemplazione del Signore Gesù Risorto che è sempre con noi e che ci aiuta. Quando ascolti e ti fermi, il cielo entra dentro di te e nella tua vita e nella tua vita quotidiana portando pace, serenità e gioia.

Da Fatima si diffonde su tutta l’umanità un messaggio di conversione e di speranza, di pace e di amore. Affidiamoci e consacriamoci al Cuore Immacolato di Maria, perché possiamo orientare sempre il nostro sguardo a Gesù, luce che non tramonta e meta della nostra vita. Riprendiamo il gusto della preghiera ogni giorno; apriremo così una porta per contemplare il cielo.

+ Giuseppe Pellegrini
vescovo