Un cordiale saluto all’Abate dei Vallombrosani, nostro conterraneo che ci onora della sua presenza e ai monaci che operano qui in città. Un saluto ai confratelli concelebranti e a tutte le autorità civili e militari presenti. Un caro saluto anche a tuti voi presenti, accorsi numerosi alla celebrazione particolare che ricorda i 400 anni della miracolosa ‘dimostrazione’ della Madonna delle Grazie e il primo centenario dell’incoronazione dell’effige che veneriamo.
Oggi la Chiesa celebra la nascita di Maria, madre del Signore e prima fra i discepoli. Un modo simpatico. per esprimere gratitudine e per riflettere sul suo ruolo nella storia della salvezza. Il buon giorno si vede dal mattino. Anzi, dall’aurora. Una bella aurora ci fa capire che tipo di giornata sarà. Maria ha sempre rivestito un ruolo di grande importanza all’interno della prima comunità cristiana: il suo esempio e la sua personale storia di fede sono diventate punto di riferimento. La natività di Maria è tra le feste mariane più cariche di stupore che ci siano. E non perché stiamo parlando della nascita di una bambina che diventerà la Madre di Dio, ma perché contemplare la sua nascita ha lo stesso effetto di contemplare l’aurora quando nasce il giorno. Maria è l’aurora di un giorno senza tramonto che si chiama Gesù Cristo, l’Emmanuele, il Dio con noi. Questa festa pertanto si avvicina di più al mattino di Pasqua. Con la nascita della Madonna ha inizio quell’attimo che il Vangelo chiama “pienezza dei tempi”. Ma la storia della salvezza non viene dal nulla, essa attraversa i secoli.
La nascita di Maria è il segno che Dio ha preparato per noi la salvezza. San Paolo nella lettera ai Romani scrive: “Quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo” (8,29). Questo è particolarmente vero per Maria, predestinata ad essere conforme all’immagine del Figlio di Dio e figlio suo. E Dio ha predisposto tutte le cose secondo questa intenzione: “Sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio” (8,28). Così nella pagina evangelica appena proclamata Dio ha preparato tutte le generazioni umane in vista della nascita di Gesù e di Maria sua madre, per indicare il loro radicamento nella nostra umanità. Una sequenza di nomi che ci sovrastano e in parte ci lasciano un po’ indifferenti, rispetto ad altre pagine del Vangelo. L’intento è quello di narrare una storia che solo in apparenza può sembrare la conseguenza dell’intreccio casuale di incontri e volontà umane. È invece la sintesi di una storia vivente, spesso anche di peccatori, che è stata condotta da Dio verso la nascita di Maria e di Gesù. Alla fine il disegno di Dio si è realizzato con mezzi straordinari e sconcertanti: Giuseppe è colui che amando, accogliendo e custodendo Maria, farà intersecare le attese di Israele con la nascita del Salvatore. “Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: ‘Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Matteo 1,20-21). Giuseppe non capisce ciò che succede, perché nel tempo di Dio tutto avviene e capita per l’opera dello Spirito Santo. Tutto ci parla dell’amore di Dio: amore di Dio creatore, amore di Dio salvatore. Fin dall’eternità Dio aveva pensato a questa donna, a questa storia e a questa famiglia per dare vita alla venuta del Figlio in mezzo a noi. Ma lo ha pensato con il rischio della libertà di tutte queste persone. Ecco che cosa rende la storia della salvezza non l’esecuzione di un copione già scritto ma un’avventura che si gioca tra il progetto e la chiamata di Dio e la libertà e gli “eccomi” delle persone.
La festa di oggi è la festa per la nascita della donna che più di tutti pronuncerà l’Eccomi, il
‘Si’ più decisivo della storia. Guardando a Lei e alla sua libertà, rinasce in noi la voglia e la speranza di vivere diversamente. Quante volte anche noi siamo tentati di indulgere a una tale interpretazione, usando espressioni come destino, fortuna e fatalità, facendo fatica a scorgere un progetto più grande, capace di coinvolgerci sia come persone singole, sia come comunità civile e religiosa. In realtà Matteo ci ricorda che la storia è guidata sapientemente da Dio, lasciando alle persone la piena e totale libertà di decidere, di accogliere o non accogliere il suo progetto. Come credenti avvertiamo la necessità di recuperare uno sguardo intriso di memoria degli eventi nei quali abbiamo sperimentato la benevolenza e la fedeltà di Dio, la sua misericordia, ma anche la capacità di essere aperti alla novità di Dio e dello Spirito. Memoria e Novità sono i due pilastri su cui si fonda l’esperienza di ogni persona e di ogni credente. Perdere la memoria è un segno premonitore che porta con sé smarrimento e disorientamento. Un popolo senza memoria è privato di quell’esperienza di vita che i nostri padri ci hanno consegnato, spesso attraverso prove e sacrifici, valori acquisiti e difesi con fortezza e fedeltà; ma sarebbe altrettanto preoccupante se fossimo uomini e donne rassegnati all’idea che nulla potrà mai cambiare nella nostra vita, nella società e anche nella Chiesa. C’è un fatto nei vangeli dell’infanzia di Gesù che ci può aiutare. Dopo la visita dei pastori “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Luca 2,19). Maria non solo è parte attiva di questi avvenimenti: il suo sì pronunciato nel giorno dell’Annunciazione è espressione di un’adesione convinta e desiderosa, che necessità, però, di tempo per custodire e meditare, per riflettere su quanto accadeva a loro e su quanto potrà accadere nella nostra vita. Noi oggi non abbiamo tempo di fermarci per pensare, riflettere e cercare di comprendere il senso della vita e della storia. Il cuore è il luogo per eccellenza per la meditazione, è il centro della persona. La sapienza del cuore è la capacità di affrontare le grandi questioni che attraversano la nostra vita e che ognuno si porta dentro: qual è il significato della mia vita? Per che cosa vale la pena faticare, impegnarsi, soffrire? Come vivere relazioni mature? Come scegliere gli amici o la persona con cui condividere la propria vita? Come affrontare il successo e il fallimento? Come dare senso anche alle mie fragilità e malattie? Come affrontare il grande nemico, la morte, o la perdita di una persona cara? Tante domande che entrano in modo prepotente e imprevisto nella nostra vita, che non possiamo eludere, che forse adesso diciamo di non avere tempo di affrontare, eppure ci sono momenti nei quali abbiamo necessità di Qualcuno che ci possa dare la sapienza del cuore.
Carissimi, poniamoci alla scuola della Vergine Maria, Madre sapiente e premurosa, perché la nostra città di Pordenone sia abitata da uomini e donne capaci di offrire il dono più grande: la sapienza del cuore, cioè la capacità di amare!
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
