“Trasmettere la vita, speranza per il mondo”, è il tema del messaggio dei Vescovi italiani per la Giornata Nazionale per la Vita. Sono passati ben 46 anni dalla prima Giornata per la Vita e il messaggio è sempre stimolante e speciale, in particolare nell’anno giubilare che ci apre con maggiore consapevolezza alla speranza che non delude: “Confidiamo pertanto nella grazia particolare di questo anno giubilare, che porta il dono divino di nuovi inizi. … Quelli che la speranza regala a chi è bloccato dalla disillusione e dal cinismo” (Messaggio, n.7). La chiesa italiana in questa giornata per la vita ci invita a riscoprire le ragioni più profonde del valore di ogni figlio che comincia a esistere, considerando che da anni si registra un costante e drammatico calo delle nascite e un preoccupante processo di sostituzione con l’aumento esponenziale di animali domestici nelle nostre case.
La concomitanza della domenica con la festa della Presentazione al Tempio di Gesù, ci è di aiuto per concentrare la nostra attenzione su un episodio della vita di Gesù a 40 giorni dalla sua nascita, quando i genitori lo portarono al Tempio per offrire a Dio ciò che Dio, per primo, aveva dato loro: un figlio! È la festa dell’incontro: incontro tra l’Antico e il Nuovo Testamento, tra un bambino e due anziani e l’incontro con Gesù che viene a noi e che noi andiamo da Lui. L’incontro con l’anziano Simeone aveva rappresentato l’attesa fedele del popolo d’Israele e l’esultanza del cuore per il compimento delle antiche promesse. Anche noi siamo invitati, come ha fatto Simeone, a rinnovare il nostro sguardo verso il futuro, per offrire all’umanità un esempio di giovinezza del cuore che apre alla speranza, perché le cose più importanti del mondo non vanno cercate ma attese. Un’attesa che non induce alla passività ma un’attesa operosa, che si fa movimento del cuore. Gesù è stato accolto da un uomo amante di Dio, Un uomo anziano capace ancora di desiderare e di attendere, che ha saputo riconoscere Gesù come salvatore. La presentazione al Tempio di Gesù è il compimento di una promessa di consolazione non solo per Israele ma anche per tutti i popoli. Se alla sua nascita non c’era una casa disposta ad accoglierlo, ora, dopo 40 giorni viene accolto in una casa, il Tempio che è la sua casa e la casa di tutti. Con un’unica condizione: saper riconoscere il Signore e accoglierlo nelle nostre braccia, perché quel bambino ci manifesta la presenza e la potenza di Dio.
L’occasione dell’Anno giubilare ci sprona a riflettere su un aspetto centrale di questa giornata: lo stretto collegamento tra la vita umana e la speranza, legame indissolubile. All’indomani della nefasta approvazione della legge sull’aborto, nel 1979 i Vescovi italiani scrissero: “Per ritrovare speranza bisogna avere il coraggio di dire la verità: la vita di ogni uomo è sacra!”. Nel messaggio di quest’anno, al n. 3 ci ricordano: “La speranza si manifesta in scelte che esprimono fiducia nel futuro; ciò vale non solo per le nuove generazioni. … Una particolare espressione di fiducia nel futuro è la trasmissione della vita senza la quale nessuna forma di organizzazione sociale o comunitaria può avere un domani. In quanto credenti, riconosciamo che l’apertura alla vita con una maternità e paternità responsabile è il progetto che il Creatore ha iscritto nel cuore e nel corpo di ogni uomo e donna”. Questa ‘strage degli innocenti’ che capita con l’aborto, non può trovare alcuna giustificazione razionale etica, lasciando dietro di sè uno strascico di dolore e di odio e inducendo molti a guardare al futuro con preoccupazione. La speranza si manifesta anche nella capacità di sostenere la difesa della vita e la tutela dei deboli, nella fiducia del futuro rappresentato dal donare la vita e nella tenacia di un impegno per la vita. Impegno che interpella prima di tutto la comunità cristiana, chiamata a fare di più per la diffusione di una cultura per la vita, sostenendo le donne alla presa con una gravidanza difficile da portare avanti.
Nel contesto sociale attuale, alcuni grandi valori come la dignità della vita umana, dalla sua origine alla morte alla fine naturale, la sacralità del sacramento del matrimonio che ne afferma l’indissolubilità e la centralità della famiglia minacciata da pressioni sociali ed economiche, non sono sempre accolti e rispettati. Siamo chiamati a non aver paura anche di alzare la voce e con gesti concreti di solidarietà, di rispetto e di difesa della vita, testimoniare a tutti le la nostra fede e i valori che la contraddistinguono. Sarà la condizione per una rigenerazione della nostra società. Viviamo in un contesto complesso e complicato, dove vige la cultura del più forte, dove non si riesce più a perdonare, a dialogare e a confrontarsi con l’altro. Scriveva papa Giovanni Paolo II nella Redemptor hominis: “L’uomo è la prima è fondamentale via della Chiesa”. Siamo chiamati sempre in ogni situazione a non venir mai meno a questi principi fondamentali del rispetto della dignità dell’umanità di ciascuno, sempre e dovunque. L’essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e fase del suo sviluppo e la Chiesa è chiamata a percorrere sempre questa via.
Carissime e carissimi, questo è il nostro impegno e chiediamo al Signore, nella celebrazione di questa Eucaristia, di esserci sempre vicino e di aiutarci nella testimonianza del grande e assoluto valore della vita umana. Un grazie di cuore a tutte le persone che attivamente sono impegnate nella difesa e salvaguardia della vita da sempre, al Movimento per la Vita, ai Centri Aiuto Vita della diocesi, al Servizio Diocesano per la Pastorale Familiare e a tutte le associazioni e gruppi che operano in questo ambito.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
