Omelia Anniversario Dedicazione Chiesa del Seminario, Pordenone 23 maggio 2025

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Letture: Apocalisse 21,9-14; 1Pietro 2,4-9; Giovanni 2.13-22.

Carissimi tutti, celebriamo con gioia la memoria della Dedicazione di questa chiesa del seminario ai santi Martiri Concordiesi e a san Luigi Gonzaga, avvenuta nel lontano 1932.Ogni volta che ci riuniamo, seminaristi educatori e sacerdoti residenti, docenti e personale insieme con le vostre famiglie per celebrare questo anniversario, celebriamo la bellezza di tutta la Chiesa, sposa dell’Agnello e madre di tutti noi. Così pregheremo nel prefazio: “Nella tua infinita benevolenza hai voluto abitare dov’è raccolto il tuo popolo in preghiera, per portare a compimento in noi, con l’incessante aiuto della grazia, il Tempio dello Spirito Santo, risplendente per santità di vita”. Questo vale anche per la chiesa del seminario che ha visto e vede tuttora giovani che si preparano al ministero sacerdotale e anche numerosi preti e laici che vengono qui per un momento di preghiera e di spiritualità. Quando noi ci troviamo insieme per celebrare e per pregare, è il Signore che viene ad abitare in noi; qui ci attende, ci aspetta e qui gioisce nel vederci radunati insieme. Qui, poi, porta a compimento la sua opera facendoci sentire suo Popolo santo.

Ci consola e ci sostiene l’immagine dell’Apocalisse: “L’angelo mi trasportò in spirito su un monte grande e alto e mi mostrò la città santa, Gerusalemme … Le mura della città posano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello” (21,10.14). La Chiesa si costruisce su Cristo, fondamento solido e sicuro. I nomi dei 12 apostoli indicano la perfezione nella totalità del popolo nuovo che succede a quello antico: le 12 tribù di Israele, e sulla fede degli apostoli si identifica tutta la Chiesa. L’edificio materiale che oggi ricordiamo, è il simbolo della Chiesa, costruita dalle pietre vive che siamo tutti noi cristiani. Ce lo ha ricordo l’apostolo Pietro nella seconda lettura: “Quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo” (1Pietro 2,5). Il testo proclamato è segnato dal ricordo del libro dell’Esodo che ci dice che il popolo di Israele si è costituito intorno al Sinai; ora il nuovo popolo si costituisce attorno ad un’altra roccia, Gesù. A lui ci si può avvicinare perché è “la pietra che costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo” (2,7): solo su questo fondamento, che è Gesù, è possibile anche oggi costruire con gioia il Tempio vivo che siamo noi. Il Tempio è il corpo del Signore, il tempio è il corpo di ognuno di noi, il tempio è la comunità cristiana.

Non sempre, però, ci rendiamo conto che il nemico è continuamente all’opera per distruggere il Tempio di Dio, il nostro essere tempio, Chiesa vivente e comunità cristiana. Ci impressiona la pagina del Vangelo di oggi nel vedere Gesù che, mentre sale per la prima volta a Gerusalemme per la festa della Pasqua dei Giudei, festa che diventerà la sua Pasqua di resurrezione, nel tempio si indigna per quello che sta capitando, agendo con forza ed impeto per salvare e per purificare la dimora di Dio tra gli uomini. Infatti, proprio nel Cortile dei Gentili, luogo in cui tutti i popoli sono chiamati e accolti per alzare le mani al Signore, viene introdotto ‘un altro dio’ con la sua logica: il profitto, l’affare e il denaro. Il tornaconto personale comanda tale logica, facendo di quello spazio di preghiera uno spazio di mercato. La vocazione di Israele di essere una casa per tutti e una luce accesa per tutti i popoli, è vinta dal sistema del primato del guadagno. Benedetto il grido di Gesù: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato” (Giovanni 2,16). Non si può usare Dio per il proprio interesse. La purificazione del tempio che ha fatto Gesù, era necessaria perché tutto Israele riscoprisse la sua vocazione: essere luce per tutti i popoli.

Con questo gesto Gesù ci invita a purificare le nostre azioni e le nostre intenzioni in modo che la ricerca di Dio sia la più pura e la più disinteressata possibile. Il tempio di Dio non è solo questo edificio ma è il corpo di Cristo, la Chiesa e nella Chiesa anche noi e la nostra comunità. La tentazione che talvolta proviamo è di accaparrarci beni materiali, comodità e potere, pensando che questi ci possano rendere felici. Celebrare l’anniversario della Dedicazione della Chiesa, che per noi è il cuore del seminario, diventa per tutti un’occasione per rivitalizzare sempre di più l’essere comunità. Penso in modo particolare, cari seminaristi, alla vostra comunità del seminario, che non deve brillare solo di bellezza esteriore ma deve essere sempre più un luogo di relazioni vere tra di voi, accogliendovi, ascoltandovi reciprocamente e amandovi come fratelli. Solo così la vostra comunità potrà essere luce che illumina il cammino di altri giovani, segno che attrae e che offre spazio a tutti. Vi invito a consolidare e a rafforzare ancora di più il vostro essere comunità di fratelli che si amano e che si vogliono bene, che desiderano essere, in modo particolare per i giovani, segno eloquente di un tempio vivo, formato da pietre vive che siete voi. Le pietre non sono tutte uguali come lo sono i mattoni. Ogni pietra ha una sua forma, ogni pietra è originale. Anche la vostra comunità del seminario è formata da giovani diversi per carattere, per età e anche per modo di pensare, per stili di vita frutto di tradizioni e culture differenti. Fa male sentire che ogni tanto c’è qualche frizione e contrasto perché non tutti la pensano allo stesso modo o perché si fatica ad ascoltare e ad accogliere idee, prospettive e proposte diverse dalle vostre. In questo modo non vi preparate bene ad essere presbiteri capaci di ascolto e di relazione con tutti. Nella comunità del seminario è fondamentale che si sviluppi un’autentica capacità relazionale dove le persone si ascoltano e si accolgono, si amano come fratelli, chiamati tutti dal Signore Gesù. Solo se sarete capaci di formare una vera comunità e fraternità tra di voi, un domani sarete capaci di mettervi al servizio degli altri nelle differenti comunità.

Concludo con una frase del poeta indiano Tagore: “La felicità dell’uomo non sta nel possedere qualcosa, ma nel cedere se stesso a chi è più grande di lui”. A tutti un augurio di buona conclusione dell’anno formativo e di un periodo estivo che, oltre ad un po’ di riposo, vi offra la possibilità di donarvi agli altri.

+ Giuseppe Pellegrini
vescovo