Carissime e carissimi, pellegrini della Diocesi di Concordia-Pordenone e di altre località, consacrate, consacrati e seminaristi riuniti in occasione della Tredicina di sant’Antonio di Padova, un caro saluto a tutti e un grazie sincero e riconoscente alla Comunità francescana conventuale del Santo che ci accoglie in questa celebrazione Eucaristica giubilare. Siamo nell’Anno Santo e in questa Chiesa giubilare viviamo il Giubileo come Pellegrini di speranza con sant’Antonio. Ci lasciamo guidare dalla Parola di Dio del giorno, all’interno della novena di Pentecoste e ispirare dall’esperienza spirituale del Santo.
La Parola di Dio ci presente due grandi discorsi di addio: di san Paolo e di Gesù. Nel cap. 20 del Libro degli Atti, l’apostolo Paolo agli anziani della Chiesa di Efeso a Mileto, ricorda che la sua predicazione è ormai conclusa, sopportando insidie e prove procurate dagli avversari del vangelo. Riparte per compiere fino all’ultimo la missione che il Signore gli ha affidato, proiettandosi verso altre realtà, sconosciute e ostili, con la certezza, però, di condurre così “a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al Vangelo della grazia di Dio” (v. 24). Nella pagina evangelica, ci viene proposta dall’evangelista Giovanni nl capitolo 17, a conclusione dei discorsi di addio, la ‘grande’ preghiera di Gesù al Padre. Una preghiera dove solo Gesù parla e parla sempre al Padre. A Lui parla di sé e dei discepoli, senza mai distogliere il suo sguardo al Padre. Il nome Padre è l’invocazione, l’unica invocazione continuamente ripetuta in tutta la preghiera, segnata profondamente dallo scoccare della sua ‘ora’, oramai giunta: “Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te” (v. 1). È l’ora in cui Dio porta a compimento la sua opera. Questo termine accompagna tutta la narrazione del Vangelo di Giovanni, a partire dall’episodio di Cana quando Gesù ricorda a sua Madre che non è ancora giunta la sua ora (cfr. 2,4). Gesù, consapevole che la sua missione è giunta al traguardo, la consegna nelle mani del Padre, affrontando la passione con la totale disponibilità ad aderire al progetto e alla volontà del Padre che è di salvare l’umanità attraverso l’incarnazione del suo Figlio Gesù. È sulla Croce, che Giovanni chiama ‘glorificazione’, che il mistero di Dio che è amore, è apparso in tutto il suo splendore e la sua forza, sconfiggendo con la resurrezione la morte.
Carissimi tutti, anche noi come discepoli del Signore Gesù e destinatari dell’amore di Dio, desideriamo accogliere con gioia la gloria eterna che è stata donata dal Padre al Figlio e che Gesù, attraverso il dono della sua vita, offre a ciascuno di noi. Attraverso anche l’esperienza di questo pellegrinaggio giubilare, Gesù ci affida un mandato, che Lui stesso, ricevuto dal Padre, ha vissuto nella sua vita: vivere non per se stesso ma per gli altri. Questo è il messaggio di speranza che noi siamo chiamati a portare nel mondo di oggi. Ce l’ha ricordato anche papa Leone nella celebrazione per l’inizio del suo pontificato: “Questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del vangelo”. Nell’indire il Giubileo della speranza, papa Francesco ci ha invitati a “spalancare ancora la Porta Santa per offrire l’esperienza viva dell’amore di Dio che suscita nel cuore la speranza certa della salvezza in Cristo” (Bolla di indizione, 6). Ecco perché è necessario tenere accesa la fiaccola della speranza che ci è stata donata, e fare di tutto perché ogni persona riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, recuperando il senso di fraternità universale e l’attenzione al dramma della povertà che impedisce a milioni di donne e di uomini di vivere in maniera degna la loro vita.
In questa celebrazione desideriamo soffermarci sulla figura di sant’Antonio come uomo di speranza. La sua fede nel Signore Gesù e la sua appassionata predicazione del Vangelo, hanno permesso al Santo di testimoniare in prima persona e di esortare tutti, anche i più lontani, ad affidarsi al Signore nelle situazioni drammatiche della vita, a sperare contro ogni speranza. Nella sua vita è sempre stato orientato in una direzione che lo ha spinto in avanti, senza mai tornare indietro sui suoi passi: da Lisbona, dove nacque a Coimbra dove studiò; dalla Sicilia, dove fece naufragio a Padova, dove visse fino alla morte. Tra i numerosi passaggi dei suoi Sermoni sul tema della speranza, vi offro, almeno per me, due dei più significativi: l’immagine dell’olio e del fiore. La speranza è come l’olio: “Considera che l’olio galleggia su tutti i liquidi, e per questo simboleggia la speranza, che ha per oggetto le cose eterne, le quali sono al di sopra di ogni bene transitorio”. La speranza è anche come il fiore: “E poiché nel fiore c’è la speranza del frutto, giustamente nel fiore è raffigurata l’attesa sicura dei beni futuri. … un rinnovamento nell’impegno di progredire”. Il fiore non è ancora frutto, ma con attesa e pazienza lo potrà diventare.
Sant’Antonio ha illuminato il cammino di tante persone e di tanti poveri, che altrimenti sarebbero stati prigionieri della disperazione. Siamo qui anche noi per invocarlo e per chiedergli la ‘grazia’ di rimanere fedeli al nostro battesimo e alle scelte di vita che ciascuno ha fatto, con lo stile di sant’Antonio che si è fidato della Grazia del Signore e si è donato fino a dare la sua stessa vita. Dalle opere di misericordia nasce la speranza, diceva Antonio. Viviamo anche noi la misericordia, la solidarietà e l’accoglienza dei più piccoli e dei più deboli, sostenendoli nel corpo e nello spirito, come ha fatto lui. Da lì nasce la speranza che è il fondamento della nostra esistenza, di cui tanto ha bisogno il nostro tempo: capacità di rispondere all’appello di bene che viene dalle persone e a dalle situazioni della vita.
Senza paura e senza tentennamenti andiamo avanti con fiducia. Non siamo soli. La parola del Signore è luce sul nostro cammino e la testimonianza e l’intercessione di sant’Antonio ci sorreggono nei momenti più difficili. Ma per poter camminare e andare avanti occorre essere mossi da una speranza che ci spinge in avanti e non ci blocca. Questa spinta non può venire da noi, ma soltanto da Dio. È lui che ci attrae a Sé e ci spinge oltre le situazioni più complicate della vita verso un futuro luminoso, capace di sostenere la nostra umanità e la quotidianità della vita.
Buon cammino giubilare e buona festa di sant’Antonio.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
