Omelia S. Messa conclusione del Pontificato di Benedetto XVI Pordenone, 28 febbraio 2013

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Omelia  S. Messa conclusione del Pontificato di Benedetto XVI

Pordenone,  28 febbraio 2013

 

Il nostro essere qui, insieme, questa sera, è un segno eloquente dell’amore per Benedetto XVI, e al tempo stesso per la Chiesa, desiderosi che possa sempre essere fedele al suo Signore e testimone nel mondo di fedeltà e di speranza. Proprio in questo atteggiamento va colta la chiave interpretativa della scelta stessa che papa Benedetto ha annunciato: con quel gesto di grande fede e di umiltà, ha anteposto il bene della Chiesa alla sua persona. Davanti a questo esempio, risuonano dunque ancor più efficaci le parole del profeta Geremia: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo … e benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia” (Geremia 17, 5-7). Nell’Angelus del 17 febbraio scorso, commentando il testo evangelico delle Tentazioni di Gesù, Benedetto XVI ci ricordava che “queste tentazioni sono anche false immagini dell’uomo, che in ogni tempo insidiano la coscienza, travestendosi da proposte convenienti ed efficaci, addirittura buone, strumentalizzando Dio per i propri interessi, dando così più importanza al successo o ai beni materiali”. Ci troviamo di fronte ad un bivio: vogliamo seguire il nostro io, o Dio? L’interesse individuale, oppure il vero bene?

In quest’ottica di fede, possiamo davvero affermare che la scelta compiuta dal papa è stata un atto di amore per la Chiesa; e davanti a questo gesto ci sentiamo tutti invitati, con serietà ed impegno, a smascherare e respingere quelle tentazioni che ne deturpano il volto. Nel cammino quaresimale di conversione, il Signore attraverso la sua Parola e il suo esempio, ci invita a togliere le maschere da tutti quei meccanismi che rischiano di dominare il nostro cuore, di non renderci liberi, addirittura senza che ce ne rendiamo conto. Se n’era accorto l’uomo ricco di cui ci parla il Vangelo, uomo senza nome, che non riesce a guardare in faccia Lazzaro e a non rendersi conto di essere divenuto schiavo del proprio egoismo. Solamente un cuore libero, un cuore veramente aperto alla gratuità dell’amore di Dio, riesce a scorgere il Signore che passa accanto, a spalancargli la porta e ad accoglierlo invitandolo alla sua mensa.

Nelle parole del salmo 1 lo vogliamo ridire anche noi “beato l’uomo che confida nel Signore”. La liturgia, con saggezza, pone sulle nostre labbra e nel nostro cuore la preghiera più vera e più bella che possiamo – questa sera – elevare al Signore per papa Benedetto, mentre con affetto lo accompagniamo in questa ore faticose, per lui e per la Chiesa intera. Ci rendiamo conto che è ancora troppo presto per ricercare e trovare il significato più profondo di questo gesto. Non è ancora possibile individuare le ragioni di una scelta che ha sconvolto la Chiesa e il mondo intero. Tra le tante cose che sono state dette, e scritte, desidero riproporre un pensiero di Benedetto XVI, offerto all’inizio del suo pontificato, che diviene ora possibile chiave di lettura per comprendere in qualche modo il suo gesto e il suo stile di servizio alla Chiesa. Il ministero di papa Benedetto è stato tutto incentrato nella volontà di far risplendere la verità della fede. Tutto il suo impegno, in questi anni, è stato di aiutare la Chiesa, e in essa tutti i credenti, a ritrovare la bellezza del credere, anche nel nostro tempo. Ci ha ricordato e testimoniato che la Parola di Dio è più che mai viva, attuale anche in questi nostri giorni. E’ stato il grande messaggio del Concilio Vaticano II, nel quale – continua sempre il papa – abbiamo fatto esperienza della presenza del Signore, della sua grazia. Il fuoco di Gesù non è divoratore, né distruttivo; è un fuoco silenzioso, una piccola fiamma di bontà. Nell’aprire poi la porta della fede, aveva espresso il desiderio che tutta la Chiesa potesse ravvivare quella positiva tensione, quell’anelito di annunciare Cristo all’uomo contemporaneo. Alla luce del suo gesto inatteso, possiamo ora comprendere queste sue espressioni, tante altre frasi di Benedetto XVI.

Salutando, l’11 ottobre scorso, quanti partecipavano alla fiaccolata voluta nella memoria dei cinquant’anni del Concilio, con voce un po’ velata di commozione, ci diceva: “Anche oggi siamo felici, portiamo la gioia nel nostro cuore, ma direi una gioia più sobria, una gioia umile. In questi cinquant’anni abbiamo imparato ed esperito che il peccato originale esiste e si traduce, sempre di nuovo, in peccati personali, che possono anche divenire strutture del peccato. Abbiamo visto che nel campo del Signore c’è sempre anche la zizzania. Abbiamo visto che nella rete di Pietro si trovano anche pesci cattivi. Abbiamo visto che la fragilità umana è presente anche nella Chiesa, che la nave della Chiesa sta navigando anche con vento contrario, con tempeste che minacciano la nave e qualche volta abbiamo pensato: «il Signore dorme e ci ha dimenticato». Ma Benedetto XVI non si è mai scoraggiato; ha sempre confidato, e continua a confidare nel Signore. E’ lui che guida la sua Chiesa. Noi siamo semplici strumenti nelle sue mani, umili, operai della sua vigna!

Credo pertanto che la comprensione più autentica e profonda della decisione di Benedetto XVI vada ricercata proprio all’interno di quest’anno della fede. Non sono stati i criteri di efficienza ad essere al centro delle sue preoccupazioni, quanto la volontà e la capacità di guidare la barca di Pietro e la necessità dell’annuncio del Vangelo, oggi. Più che con l’attesa enciclica sulla fede, papa Benedetto ci ha testimoniato nell’esempio di vita che è la fede che riesce a nutrire le vicende della storia. E’ per questo che è necessario lasciarci guidare e riempire da Dio.

In questa sera dal nostro cuore nasce spontanea la preghiera per il dono che è stato per la nostra Chiesa papa Benedetto. Ti diciamo grazie, Signore, per averci donato in questi otto anni un Pastore instancabile secondo il tuo cuore. Non ha anteposto nulla al tuo amore, ha guidato la tua Chiesa con spirito di saggezza e determinazione, pur in tempi faticosi e a volte minacciosi. Anche nei momenti più delicati, a volte tragici, non ha mai confidato sulle proprie capacità o sulle proprie forze, ma ha pregato: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Giovanni 6,68) .

 

Sia lodato Gesù Cristo!

 

                                                                                + Giuseppe Pellegrini

                                                                                              vescovo

Pordenone
28/02/2013
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia