Giornata del Settimanale Diocesano

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Il settimanale diocesano è come una persona: ha un corpo e ha un’anima, una parte che si vede e un’altra invisibile, che guida e sostiene la prima. Così è Il Popolo. Nato nel ’22 ha, giocoforza, cambiato le sue membra: direttori, redattori, collaboratori, giornalisti, abbonati, lettori, si sono succeduti nel tempo, passandosi la staffetta dello scrivere, del raccontare per gli altri. Così oggi, oltre alla struttura che concretamente pensa, organizza e confeziona il settimanale (quella che opera in via Revedole a Pordenone per intenderci), una rete di persone si muovono nel territorio per il giornale. Sono i tanti collaboratori che da Cimolais a Bibione si impegnano ogni settimana affinchè i lettori e gli abbonati scoprano quanto accade. Dentro alle istituzioni, agli enti, alle associazioni; dentro ai teatri e negli stadi: sempre là dove c’è la gente. Perchè è alla gente che Il Popolo parla, racconta. È ciascuno dei suoi lettori che vuole informare, avvisare, interessare. Ma Il Popolo ha anche un’anima. Ha un’anima perchè è nato, e vive, in un contesto preciso. È il settimanale diocesano e come tale è il settimanale di ogni parrocchia della diocesi e di ogni parrocchiano. Perché le parrocchie sono innanzitutto vita di comunità: ci si incontra, si portano i bambini a scuola, agli incontri, a catechismo, si prega e si saluta ogni nuovo arrivato, ogni famiglia che si forma, ogni vita che se ne va. Nelle parrocchie ci si impegna nella solidarietà come nell’educazione, ci si misura su temi che contano, sui valori in cui non smettere mai di credere. Per ferma convinzione. Il settimanale racconta anche di questa vita. Tra istituzioni civili e campanili la gente cresce, lavora, si innamora, si prende cura del proprio figlio e del proprio genitore. Tra istituzioni e campanili la gente vive. Incontra un disservizio e vuol saperne il perché, telefona per avvisare o ne da testimonianza diretta. Non diversamente i collaboratori del settimanale: vivono, vedono e scrivono. Quantificarli è difficile: una decina partecipano assiduamente allavoro della redazione: programmano insieme al direttore gli argomenti da trattare, riportano ai redattori i problemi che sul territorio si dibattono. Moltissimi, un centinaio, sono coloro che, pur senza essere settimanalmente presenti, non attraversano questi nostri giorni e questi nostri luoghi senza pensare al giornale. Chiamano, raccontano un fatto, propongono un argomento, informano di quel che accade. E scrivono per noi, per i loro paesani come per tutti i lettori, quanto succede. Scrivono e, oggi più di sempre, anche fotografano: questo personaggio, quell’avvenimento, la cena del quartiere, l’ingresso del nuovo sacerdote, la recita dei bimbi, l’atto vandalico o il premio ricevuto. Questo siamo tutti noi che collaboriamo ogni settimana alla nascita de Il Popolo: occhi e parole per chi non c’era. Il corpo della politica, della vita economica, delle associazioni lavorative (artigiani, banche, agricoltori,. commercianti e sindacati) o sociali (l’Operaia, la Panorama, le scuole, l’università) o culturali (spettacoli, film, mostre e concerti), si unisce così allo spirito nella ricerca del senso profondo di vivere, lavorare, leggere. Sempre alla ricerca, anche attraverso il nostro settimanale, di ogni momento in cui in questa vita si apre uno spiraglio di una vita Altra.Il nostro settimanale diocesano Il Popolo viene pubblicato dal 1922. E’ una presenza capillare. Il pregio del settimanale è che dura una settimana in casa. Lo hanno capito anche i pubblicitari. Senza Il Popolo la nostra comunità cristiana è priva di una voce pubblica, che forma opinione. Ce ne accorgiamo quando siamo quasi soli a difendere il valore della famiglia, della vita, da quella nascente a quella che sta per lasciarci, delle scuole materne. Il nostro giornale è però voce anche di tante realtà, anche non ecclesiali, che non trovano spazio adeguato negli altri media. Il giornale, ha raggiunto le quaranta pagine, esercita pure la funzione di far sentire unita l’intera comunità diocesana. E’ voce di quel Friuli occidentale che va dal Portogruarese alla montagna Pordenonese. (da Il Popolo 28/11/2010)
 
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