La concattedrale di San Marco in Pordenone

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Il duomo di San Marco in Pordenone fu elevato alla dignità di concattedrale con Decreto della S. Congregazione dei Vescovi in data 26 ottobre 1974, con il trasferimento della sede vescovile da Portogruaro a Pordenone.
Già prima del mille esisteva una cappella, ampliata nel 1363, che arrivava fino alla crociera: era in stile romanico goticizzante e ornata di pregevoli affreschi: il campanile – uno dei più belli d’Italia – venne portato fino alla cella campanaria il 15 marzo 1347; con la successiva aggiunta della cuspide, su base ottagonale, misura m. 79,47 di altezza; il coro venne costruito nel 1459, la consacrazione dei tempio avvenne il 2 ottobre 1468, ma fu successivamente ampliato nel 1591 e poi ancora nel 1718: durante questi lavori esso cambiò radicalmente aspetto, assumendo linee neoclassiche, “come avvenne purtroppo di quasi tutte le belle chiese antiche dei nostro Friuli” (Degani). Il duomo dopo questi ampliamenti che lo avevano pressoché rinnovato, fu riconsacrato il 7 settembre 1812 dal vescovo Giuseppe Maria Bressa, che gli attribuì il titolo di arcipretale. Cinque altari di S. Marco provengono dalla chiesa del Rosario (disgraziatamente demolita nel 1812), compreso l’altar maggiore dalla mensa in su; la mensa in marmi policromi, con le figure in rilievo dei santi Marco e Giorgio, titolari delle due sole parrocchie allora esistenti in città, reca la data del 25 marzo 1695. Sopra l’altare, quindi staccata dalla parete dell’abside, veniva collocata la grande pala di S. Marco, opera del Pordenone. Il grande finestrone di fondo venne otturato quando sulla parete si collocò la tela, per far posto all’elegante ciborio proveniente dalla chiesa del Rosario, come i due angeli adoranti, opera di Giuseppe e Bernardo Torretti (1694-1774). I restauri eseguiti nel 1938 e nel 1960 e quelli soprattutto degli anni 1971-77 hanno messo in luce elementi pittorici e architettonici che hanno indotto gli studiosi a modificare certe loro convinzioni sulle vicende di questo tempio. Tra le opere d’arte di cui si imprezio- sisce il duomo concattedrale di Pordenone ricordiamo il portale (1511), il battistero (1506) e l’acquasantiera (1508) del Pilacorte; la tela della “Madonna della Misericordia”, una delle più belle opere del Sacchiense; la pala della “Fuga in Egitto” dell’Amalteo nella cappella Mantica (gli affreschi sono del Calderari, il Crocefisso è attribuito al Pilacorte); l’affresco rappresentante la “Risurrezione di Cristo” del Pordenone ventiduenne (in sacrestia); la pala cinquecentesca di S. Francesco e quella di S. Biagio dei Fogolino (1523); la pala di S. Agostino e S. Caterina dei veneziano Pietro della Vecchia; le portelle del Battistero (ora al Museo Civico) del Pordenone, ed altre ancora.
Il “tesoro di S. Marco” è costituito da sedici reliquiari di epoca e stile diversi. Non esistono più i sette antichi antifonari, venduti dal comune nel 1878, né i dipinti opera dell’udinese Pietro Venier (1673-1737) andati distrutti nel 1882. Nel corso degli ultimi restauri, è venuta alla luce, sotto l’intonaco dietro l’altar maggiore, la parte di un affresco, con un’iscrizione del 1412, la più antica sinora apparsa nel duomo.