25° PRESENZA MONASTERO MONACHE BENEDETTINE

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C’è un’espressione nel Vangelo di questa domenica che ha richiamato la mia attenzione. Sono alcune parole che Gesù ha detto a Pietro: “Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa” (Matteo 16,18). È la prima volta che Gesù nel Vangelo parla della sua Chiesa e ritornerà solo un’altra volta nel capitolo 18. Chiesa, ecclesìa, significa assemblea dei chiamati, la nuova comunità dei credenti che ha Gesù come costruttore e che gli apparterrà per sempre. In questa costruzione Pietro sarà l’intendente, colui che apre e chiude con le chiavi affidategli da Gesù stesso, la prima pietra dell’edificio della comunità Cristiana. Qui a Cesarea Gesù ha abbozzato la prima Chiesa, che continua tra fatiche e difficoltà, camminando verso il Regno. Carissimi e carissime tutte, noi oggi siamo qui come continuatori di quella prima Chiesa, la Chiesa di Cristo, in tutte le sue preziose e necessarie componenti: il Popolo Santo di Dio nella varietà dei suoi carismi e ministeri. Oggi con gioia grande e gratitudine al Signore, facciamo memoria della presenza da 25 anni nella nostra Diocesi del Monastero Benedettino “Santa Maria Annunciata” di Poffabro. Era la Primavera del 1998, quando il vescovo mons. Sennen Corrà chiese alla Badessa del Monastero san Cipriano in Trieste, di poter costituire in diocesi una presenza Monastica Benedettina. La comunità monastica rispose con gioia e il 23 agosto 1998, divenne realtà, iniziando nella casa estiva diocesana di Poffabro una presenza stabile di monache benedettina che iniziarono la vita comunitaria. Nel 2002 il monastero venne eretto canonicamente.

La Parola di Dio della liturgia di oggi ci aiuta a comprendere con maggior profondità il significato della presenza monastica nella Chiesa e nella nostra Diocesi. Per essere Chiesa è necessario ritornare costantemente al progetto originario di Gesù che possiamo ben riassumere nella domanda che pone ai discepoli nella regione di Cesarea di Filippo: “Ma voi, chi dite che io sia?” (16,15). Il ministero di Gesù stava entrando in una fase delicata, in cui era necessario consolidare la fede dei discepoli. Cominciò col sondare il territorio, chiedendo ai discepoli cosa pensasse la gente su di Lui, anche se il suo desiderio era conoscere quale fosse il loro rapporto profondo e la relazione con Lui, il coinvolgimento con la sua vita e la fiducia che ponevano nel suo progetto di vita. E anche se la risposta di Pietro fu da ‘manuale’, preconfezionata e non ancora compresa fino in fondo, era e rimane la risposta più vera e più bella: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (v. 16). È lo stesso Pietro che non ha accolto il messaggio di Gesù relativo alla sua fine e che lo tradirà. Ma Gesù gli affidò egualmente la sua Chiesa.

 

Oggi, il Signore Gesù rivolge la domanda ‘chi sono io per voi’ a ciascuno di noi e a voi carissime sorelle che fate memoria dei 25 anni di presenza a Poffabro; a te, carissima madre suor Gigliola che ricordi i 50 anni della tua professione religiosa nell’Ordine Benedettino; a voi care sorelle che dal monastero di Cesena da oggi venite a far parte definitivamente di questa comunità. Il passaggio per voi non è facile, perché la stabilità del luogo, come diceva sant’Antonio abate ‘che una pianta continuamente trapiantata non può mettere radici e portare frutto’, vi crea un po’ di fatica. Ma siete chiamate a vivere la dinamicità del Regno e a inserirvi in una comunità che è lieta e gioiosa di accogliervi e di condividere con voi la fraternità e la preghiera. Chi è Gesù per me? Sia questo l’interrogativo radicale che vi aiuterà a vivere il carisma monastico con stabilità, sobrietà e autenticità, vivendo nel mondo senza essere del mondo, mettendo al centro la persona con i propri bisogni e talenti e orientando lo sguardo verso il volto del Signore, che chiama a rispondere alla sua chiamata e alle sue domande.  E anche se le vostre risposte, come quella di Pietro, talvolta non sono sempre consapevoli, diciamo con san Paolo: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!” (Romani, 11,33).  Non dobbiamo prendere paura della nostra fragilità, dei difetti e anche degli errori. Dio ci vuole bene e ci ama così come siamo, chiedendoci di seguirlo e di testimoniarlo vivo nei secoli e operante nell’umanità. In questo ci è di aiuto anche la prima lettura che parla di Sebna, un ministro di corte, superbo e arrogante, che Dio sostituirà con Eliakìm (cfr. Isaia, 22,15.19-23), uomo saggio e giusto. È il Signore che ci dà il mandato di essere suoi testimoni, di essere uomini e donne di Dio: non uomini e donne che non sbagliano mai o hanno sempre la soluzione giusta su tutto, ma figli e figlie che si fidano di Lui e si sentono parte viva della Chiesa di Cristo.

Siamo qui oggi per ringraziare il Signore per il dono che ha fatto alla nostra Chiesa diocesana di una comunità monastica benedettina. Il carisma monastico offre alla Chiesa e alle nostre comunità cristiane la costante memoria del primato di Dio vissuto nella preghiera, nella fraternità, nell’accoglienza e nel servizio umile, come anche nel contatto con il creato e la speciale cura dell’ambiente con l’impegno a preservare i frutti della terra. In un incontro con le suore Benedettine, papa Francesco le ha ringraziate per il carisma dell’accoglienza, per la speciale cura dell’ambiente e per l’impegno per il dialogo con tutti: carismi che sono fondamentali per la società di oggi. (cfr. Discorso 8 settembre 2018). Anche in questo monastero di Poffabro, possiamo dire che brillano queste virtù e carismi. Un luogo che esercita uno speciale fascino per molti, anche disorientati, per vivere una sosta e una ricarica dell’anima. Nel cammino sinodale che stiamo vivendo come Chiesa diocesana, è emerso con forza il bisogno e la necessità di luoghi di ascolto e di accoglienza che trovano risposta nelle porte aperte delle nostre parrocchie e della comunità religiose, in primis quelle di clausura. L’oasi di silenzio contemplativo del monastero di Poffabro è raggiunta quotidianamente da innumerevoli voci che interpellano l’ascolto accogliente delle sorelle benedettine nelle loro intense giornate, intrise di sapienza ispirata all’ora et labora della regola. Possiamo dire che è la caratteristica di questo monastero: la spiccata vocazione all’accoglienza e all’ospitalità, che fanno percepire in concreto la tenerezza, la compassione e la misericordia di Cristo nella vita di ciascuno. Ma il tratto più saliente, spesso invisibile, che sta al cuore della vita della Chiesa, è la preghiera che scandisce tutta la giornata. È una preghiera di ringraziamento, ma anche di supplica per le sofferenze e ansie degli uomini e delle donne del nostro tempo, specialmente dei poveri, ed è una preghiera di intercessione per quanti soffrono ingiustizie, guerre e violenze, vedendo violata la loro dignità.

 

È nella liturgia, ben curata e vissuta quotidianamente, che nella preghiera tutte le nostre voci si fondano in un’unica voce, congiungendo il cielo e la terra. I monasteri diventano, soprattutto per l’oggi, i luoghi in cui si vive l’equilibrio della vita umana e spirituale. Grazie, carissime sorelle, della vostra presenza, grazie di essere per tutti noi e tutta la diocesi quella ‘scala’ necessaria per favorire l’incontro tra la nostra umanità e l’amore paziente e misericordioso del Signore.

 

+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo