FESTA DI SAN BENEDETTO ABATE

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Letture: proverbi 2,1-9; Efesini 4,1-6; Luca 22,24-27.

Celebriamo solennemente in questo monastero benedettino la festa del vostro fondatore San Benedetto, padre del monachesimo occidentale e patrono d’Europa. La festa di oggi prende ancora più significato in un momento particolare per l’umanità e soprattutto per la nostra Europa. Soffriamo nel vedere una guerra alle porte di casa che dura da più di 500 giorni, con il suo carico di sofferenze e di atrocità. Tragedie che pensavamo non vedere mai più nella nostra Europa e che insanguinano anche tanti altri paesi del mondo. Tragedia che speriamo finisca quanto prima anche per l’intercessione del vostro patrono San Benedetto.

San Benedetto è vissuto a cavallo del V° e VI° secolo, in un mondo sconvolto da una tremenda crisi di valori e di istituzioni, causate dal crollo dell’Impero Romano, dall’invasione di nuovi popoli e dalla decadenza dei costumi. Definendo San Benedetto un “astro luminoso in un secolo buio”, Papa Gregorio Magno voleva richiamare la situazione tremenda che Roma e l’Italia stavano vivendo. Di fatto l’opera riformatrice del Santo e in particolare la Regola di vita che diede a se stesso e ai fratelli che lo seguirono, si rivelarono apportatrici di un autentico fermento spirituale che si diffuse ben oltre i confini dell’Italia, portando in tutta l’Europa quei valori cristiani che hanno dato origine a una nuova unità spirituale e culturale fondata sulla fede in Gesù Cristo, dando così inizio a quella ‘nuova Europa’ di cui oggi facciamo parte. Lo si voglia accettare o no, questa è la storia.

Fin dalla gioventù, Benedetto mostrò interesse per il silenzio e la preghiera. Inviato dai genitori a Roma per studiare, vide così tanta corruzione e giovani rovinati per le strade del vizio, che abbandonò ben presto il lusso e gli studi, facendosi eremita e vivendo in una grotta a Subiaco. L’incontro con un altro monaco che li portava ogni tanto un po’ di cibo e di conforto e il superamento di alcune tentazioni di ogni essere umano, lo aiutarono a intraprendere un cammino spirituale che condivise con numerosi altri fratelli che lo seguirono. Si stabilì a Montecassino, luogo ben visibile, dove costruì una grande Abbazia guidata dalla regola “Ora et Labora”, che si diffuse in tutta Europa. I monasteri benedettini divennero così centri di spiritualità e di cultura, dando visibilità alla fede come forza di vita. Al centro dell’opera di Benedetto si pone, senza dubbio, la ricerca di Dio che lo portò alla piena consapevolezza di “non anteporre nulla all’amore di Cristo”, proponendo un modo nuovo e originale di concepire la vita cristiana, nell’ armonizzazione dei due pilastri fondamentali: la preghiera e la radicalità evangelica con il lavoro lo studio e la cultura, in una fraternità di vita e di relazioni. Parole ancora oggi rivoluzionarie e valide per tutti i cristiani. Essere cristiani nel mondo contemporaneo significa essenzialmente prendere il vissuto di Cristo e farlo nostro.

Cercare Dio! Questa è la strada maestra che Benedetto propose nella sua epoca e che offre anche ai nostri giorni. Un cammino che ci richiama anche la parola di Dio nel giorno della sua festa: “Se tu accoglierai le mie parole e custodirai in te i miei precetti, tendendo il tuo orecchio alla sapienza … troverai la conoscenza di Dio” (Proverbi 2,1-2.5). Tutti, uomini e donne, consacrati e laici, sono cercatori di Dio; anche chi si definisce non credente, a suo modo, cerca qualcosa di più che dia valore e significato alla propria vita. Anche il monaco, dice Benedetto nella sua regola, è colui che nella ricerca di Dio pone lo scopo della sua vita (cfr.n.58). Una ricerca che non è mai facile né scontata nemmeno per noi, perché passa attraverso le vicende della vita e le strade impervie del cuore. Una ricerca che chiede coraggio e che ci domanda anche oggi di testimoniare a chi incontriamo l’amore e la bontà di Dio che si è rivelato e manifestato in Gesù Cristo. Questo è il compito di noi cristiani di oggi: raccogliere il vissuto di Gesù Cristo, farlo nostro e poi testimoniarlo con la vita agli altri. Benedetto e la sua regola di vita, che guidano ancora le comunità dei Benedettini e delle monache Benedettine, come la nostra, hanno ancora qualcosa da dire al mondo di oggi e in particolare all’ Europa che sembra più attenta al profitto e al potere che alla crescita umana e spirituale delle persone. Monaci, monache, preti e laici, tutti siamo chiamati a metterci in ascolto del Vangelo, costruendo spazi e luoghi di pacificazione e di accoglienza tra di noi, nelle nostre comunità e famiglie, creando relazioni nuove e significative tra tutti.

La scelta della pagina evangelica per questa celebrazione ce lo ricorda diffusamente: “Chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Luca 22,27). Siamo all’interno dell’Istituzione dell’Eucaristia, nell’Ultima Cena, e i discepoli discutono su chi sia il più grande fra loro. Il contrasto tra il gesto di Gesù e la loro preoccupazione è smisurato. I discepoli non avevano ancora capito che seguire Gesù significava servire. La presenza di Gesù nella comunità ha un tratto ben preciso: colui che serve. È il tratto della Croce, del dono di sé per gli altri. Gesù non si fa servire ma serve gli altri. Non è un semplice richiamo all’umiltà, ma la vera teologia dell’Incarnazione. Lo aveva ben compreso san Benedetto che nella sua regola qualifica la vita monastica “una scuola del servizio del Signore” (Prologo 45). In quel tempo complicato e inquieto, così com’è il nostro, Benedetto viveva sotto lo sguardo di Dio, interamente unito a Cristo, senza mai perdere di vista i doveri della vita quotidiana e i bisogni e le necessità delle persone. Ha vissuto l’interiorità mai fuori dalla realtà.

Carissime sorelle, questo è anche il mio augurio: che possiate essere nel nostro territorio un segno luminoso della presenza del Signore Gesù nella vita dell’’umanità; un segno di Gesù Cristo che si dona a tutti, insegnando anche noi a farci dono degli altri. Buona festa e buon cammino.

 

+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo