Meditazione ritiro del Clero Santuario Madonna del Monte, 2 maggio 2024

condividi su

Riceverete la forza dallo Spirito Santo (Atti 1,8)

Carissimi fratelli, ci troviamo insieme per l’ultimo ritiro spirituale dell’anno pastorale, a poca distanza dalla solennità della Pentecoste. Desidero insieme con voi soffermarmi a riflettere e a pregare sull’importanza e sulla necessità, per la nostra vita di consacrati e per la vita della Chiesa, dello Spirito Santo. La Chiesa tutta e anche noi abbiamo bisogno di avere fuoco nel cuore e parole sulle labbra, per accogliere il dono dello Spirito Santo ed essere testimoni del Signore Gesù vivo e risorto. Abbiamo vissuto il lungo Cammino Sinodale Diocesano invocandolo frequentemente: “Siamo qui dinanzi a te, Spirito Santo; siamo tutti riuniti nel tuo nome”. Troviamo scritto nel Libro sinodale al n. 23 l’esortazione che papa Francesco ha fatto nel Convegno della Chiesa italiana a Firenze: “La nostra fede è rivoluzionaria per un impulso che viene dallo Spirito Santo. Dobbiamo seguire questo impulso per uscire da noi stessi, per essere uomini secondo il Vangelo di Gesù”. La Chiesa ha estremo bisogno dello Spirito Santo, si può dire che è il problema numero uno, come quello della società odierna: l’energia rinnovabile. Spesso ci sentiamo impotenti di fronte all’umanità, senza forza ed energia. Gesù, prima di salire al cielo ha indicato la fonte sempre nuova di questa energia: “Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni … fino ai confini della terra” (Atti 1,8). Ci mettiamo in ascolto del racconto della Pentecoste non solo perché ci narra il fatto ma perché, ogni volta che lo leggiamo con fede, questo fatto diventa realtà anche per noi.

– Atti 2, 1-8. 14. 22-24
1Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. 3Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, 4e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. 5Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. 6A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. 7Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: “Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? 8E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? … 14Allora Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò loro così: Uomini … 22d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazareth … 23consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi per mano di pagani l’avete crocifisso e l’avete ucciso. 24Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere.

Il racconto inizia ricordandoci che il giorno di Pentecoste stava per finire. Questo significa che la Pentecoste c’era già nell’AT e che commemorava, all’inizio la festa delle sette settimane, la festa del raccolto quando si offrivano a Dio le primizie del grano. Successivamente, al tempo di Gesù la festa si era arricchita di un nuovo significato: il conferimento della Legge a Mosè sul Sinai e l’alleanza tra Dio e il popolo. Da festa legata al ciclo della natura a festa legata alla Storia della Salvezza. La nuova Pentecoste, invece, mentre Israele ricordava il dono delle Legge e dell’alleanza, celebra l’effusione dello Spirito Santo, per indicare che egli à la Legge nuova, la legge spirituale che suggella la nuova ed eterna Alleanza. Un’alleanza non scritta su tavole di pietra ma sui cuori; non più una legge esteriore ma una legge interiore. Già alcuni profeti avevano preannunciato questo avvenimento: “Porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore” (Geremia 31,33) e “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirto nuovo, toglierò da voi il cuore di pieta e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme”. (Ezechiele 36,26-27). San Paolo ci viene in aiuto per farci comprendere meglio questo passaggio: “La legge dello Spirito, che da vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte” (Romani 8,2). Nell’AT si parla dello Spirito Santo come soffio di Dio che crea e dà vita, che soffia su alcune persone investendole della sua forza. Con i profeti si passa ad una dimensione più interiore e spirituale, in cui lo Spirito Santo è all’opera nel cuore di ognuno, come principio di rinnovamento interiore che rende capaci di osservare la legge e i comandamenti di Dio. Questa è l’alleanza nuova: Dio ha scritto la sua legge nei nostri cuori con lo Spirito Santo e questa legge è l’amore che egli ha effuso nei nostri cuori (cfr. Romani 5,5). È sempre Dio che scrive la sua legge, ma questa volta, nella Pentecoste, non su tavole di pietra ma su tavole di carne nei nostri cuori. Qui sta la vera novità e la forza dello Spirito Santo che a Pentecoste è stato effuso sulla Chiesa nascente: è lo Spirito di Cristo risorto, lo spirito pasquale, il soffio di Cristo, come ci ricorda il quarto Vangelo, che sulla croce “chinato il capo, consegnò lo spirito” (Giovanni 19,30), significando non solo morì, ma che l’ultimo respiro di Gesù fu il primo respiro della Chiesa. La Chiesa simboleggiata dai sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia (l’acqua e il sangue), nasce dalla morte e risurrezione di Gesù Cristo.
L’essenza della Pentecoste è racchiusa in questa semplicissima espressione: “Tutti furono colmati di Spirito Santo” (v. 4). Da questo momento i discepoli diventano persone diverse, non più timide e paurose, con un cuore nuovo. Uno Spirto riversato con abbondanza nel cuore, una forza di amore che li rende forti e audaci nella testimonianza. La persona dello Spirito Santo è l’unica persona divina di cui non conosciamo il nome proprio. Egli non porta l’attenzione del credente su di Sé, ma si rende presente in vista di un Altro. È come l’occhio con cui noi possiamo guardare e gustare la realtà, ma che non è mai esso stesso guardato. Lo Spirito Santo è Colui che ci fa guardare a Cristo e che ci introduce nel mistero di Cristo. Attraverso la conoscenza del mistero di Cristo ci introduce nella conoscenza del Padre; ci dona la conoscenza della realtà nella sua intera verità e nel suo vero significato. Ci fa uscire dalla nostra cecità, donandoci la conoscenza di quel tutto entro il quale ogni nostra verità frammentaria si inserisce e si compone. Questa conoscenza donataci dallo Spirito è una conoscenza profondamente unitaria, perché ci fa vedere tutte le cose ricapitolate in Gesù, il Signore crocefisso e risorto. Agli sposi fa comprendere il loro amore coniugale come partecipazione all’amore stesso di Cristo; a noi sacerdoti fa comprendere il nostro ministero pastorale come opera che compiamo “in persona Christi”; ai sofferenti fa comprendere che la loro passione è il compimento della passione di Cristo nelle loro carni; ai morenti che la loro morte è morire in Cristo.
Questa è l’esperienza che anche noi siamo invitati ad accogliere e a vivere. Non è sempre facile comprendere e vivere in pienezza il passaggio e la novità avvenuti una volta per sempre con Gesù Cristo che ha stabilito con il suo sangue la nuova ed eterna alleanza e che lo Spirto Santo ci aiuta a comprendere e a vivere. Siamo sotto la potenza dello Spirito ma spesso viviamo ancora sotto il giogo della legge. La grande ‘battaglia’ che san Paolo ha dovuto affrontare è stata di aiutare le prime comunità cristiane a passare all’Alleanza nuova, scritta non su pietra ma nei nostri cuori. “Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. … Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge” (Romani 5,1.4). Vivere la Pentecoste significa uscire da una mentalità legalistica, superando la paura di non meritare il premio perché disobbedienti ai precetti e alle leggi. L’offuscamento delle novità che ha portato lo Spirito avviene quando nella predicazione, nella catechesi e nel dialogo con le persone si insiste più sui doveri, sui vizi e sulle virtù, sulla paura di offendere il Signore che sulla grazia dello Spirito che si è riversato gratuitamente e per amore nei nostri cuori. Il dono dello Spirito Santo non è qualcosa in più che ci è stato dato per portare il messaggio di Gesù al mondo, ma è la salvezza che ci è stata donata: Gesù risorto che ha abbattuto il muro della morte che ci aveva separato da Dio. Lo Spirito è la pienezza dell’amore di Dio. Il nostro essere cristiani e presbiteri o diaconi, non nasce da un obbligo o da una legge da rispettare, ma nasce nel nostro cuore riscaldato e illuminato dall’amore di Dio. Non abbiamo come compito portare una serie di norme e di obblighi ma l’annuncio che Gesù è vivo e che Dio ci ama nel profondo, cambiando il nostro cuore. Un annuncio che nasce dal desiderio profondo, dall’attrazione verso il mistero profondo di amore e di luce che è Gesù risorto. Attrazione perché ti senti amato e fai volentieri quello che è richiesto. Anche per noi consacrati, non è l’obbligo della preghiera, il dovere di celebrate i sacramenti, di visitare gli ammalati o di trasmettere la fede che ci fa essere buoni e bravi preti, ma il sentirci attratti da Lui, avvolti dal suo amore e dal suo Spirito. Tutto quello che siamo e che facciamo, non sia mai per costrizione ma per attrazione.

Sentito “quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua” (v. 6). Lo Spirito santo spinge la Chiesa a uscire. Questo, possiamo dire, è il primo caso di Chiesa in uscita! Appena ricevuto lo Spirito, i discepoli vincono la paura, escono dal cenacolo e vanno in piazza per annunciare il Vangelo. La Chiesa in uscita, non è una trovata di papa Francesco, ma l’essenza stessa della Chiesa. Forse ce l’eravamo un po’ dimenticato e ringraziamo veramente lo Spirito perché papa Francesco, con la sua predicazione e la sua testimonianza, ce l’ha ricordato. Riprendiamo in mano di frequente, anche se sono passati quasi 11 anni, l’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium! “La Chiesa ‘in uscita’ è una Chiesa con le porta aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare … La Chiesa è chiamata ad essere sempre casa aperta del Padre” (EG, 46-47). È un uscire per offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Ma uscendo avviene l’imprevedibile: persone di diverse lingue comprendono le parole dei discepoli. Certamente Luca ha presente la confusione narrata nell’episodio di Babele (cfr. Genesi 11,1-9), generata dagli abitanti che si consideravano il centro dell’universo, sostituendosi a Dio e dandosi il nome, per essere così l’origine della loro identità e autodeterminazione. Dio viene strumentalizzato perché doveva servire alla loro volontà e ai loro piani. La Pentecoste celebra, invece, il raduno dei figli dispersi con il dono della comprensione nella diversità. Lo Spirito di Dio scende a mettere in comunicazione gli uomini tra loro e a realizzare la comunione con Dio. A Pentecoste tutti i popoli sono riuniti a Gerusalemme, ma non sono costretti a rimanervi. Tutti comprendono l’annuncio del Vangelo nella loro lingua, ma non devono ascoltarlo tutti nella stessa lingua. Da Gerusalemme partirà l’annuncio che si diffonderà in tutto il mondo, attraversando i vari confini, senza cancellarli e senza eliminare le differenze culturali di storia e di civiltà. Nasce così la nuova umanità, capace di essere unita nelle diversità. La diversità non deve annullare l’unità e l’unità non deve sopprimere la molteplicità. Nessuno possiede tutta la verità, ma ciascuno è chiamato a farsi docile allo Spirito Santo che ci porterà alla verità che è Gesù vivo e risorto. Risulta facile rileggere la nostra vita e il nostro ministero da questa prospettiva. Ci potrà essere di aiuto il cammino pastorale che abbiamo fatto nell’anno 2020-2021 “da Babele a Pentecoste”. La tentazione di Babele, pur presente anche oggi, è stata vinta dal dono dello Spirito Santo. Nell’edificazione delle nostre comunità cristiane, è sempre più necessario lavorare insieme, nella piena valorizzazione di tutti quei doni e carismi che lo Spirito ci ha dato. Non simo noi i padroni della comunità. Tanti laici sono desiderosi di mettersi a servizio. Cerchiamoli e valorizziamoli, aiutandoli a convergere in unità per diventare corpo di Cristo. L’unità nella diversità, unità che è Gesù Cristo.

Un’ultima sottolineatura, che ricaviamo dal discorso di Pietro. Siamo di fronte alla primissima predicazione della Chiesa. Finora era Gesù che predicava. Adesso Gesù viene predicato dalla Chiesa, diventando l’oggetto della predicazione. Il Regno di Dio che Gesù aveva posto al centro del suo messaggio viene sostituto con Gesù stesso, morto e risorto. Gesù Signore riassume il Regno di Dio. La predicazione della Chiesa è già la venuta e l’attuazione del Regno di Dio nel mondo. All’origine della vita cristiana non ci sono i Comandamenti, i precetti e nemmeno le Beatitudini, ma il Kèrigma, l’annuncio che Gesù Cristo è risorto e vivo. Non un messaggio ma una persona viva. Ricordiamo quanto papa Benedetto ha scritto nell’introduzione dell’Enciclica Deus Caritas Est: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte”. Prima di tutto, sia nella vita personale che ministeriale viene il Kèrigma, l’annuncio e l’incontro con una persona viva, Gesù! La catechesi è necessaria per consolidare la fede e portarla alla perfezione nella carità. Ma la fede, dono di Dio, sboccia dall’annuncio di Gesù. Gli apostoli hanno predicato in un mondo che non conosceva Gesù. Possiamo dire che anche ai nostri giorni viviamo in un mondo post cristiano, che ha conosciuto Gesù nel passato ma ora non si identifica più nel suo messaggio. Ecco perché è necessario che la nostra predicazione e il nostro ministero pastorale recuperino in profondità il ‘primo annuncio’ della fede. Prima ancora di dire cosa bisogna o non bisogna fare per salvarsi, è necessario riannunciare Gesù, moro e risorto per la nostra salvezza. Annunciare una persona non delle dottrine. Sarà Lui, poi, a farsi strada nella nostra vita e nelle nostre attività pastorali.

Vi lascio, per la meditazione personale, una citazione dell’Evangelii Gaudium: “Un annuncio rinnovato offre ai credenti, anche ai tiepidi o non praticanti, una nuova gioia nella fede e una fecondità evangelizzatrice. In realtà, il suo centro e la sua essenza è sempre lo stesso: il Dio che ha manifestato il suo immenso amore in Cristo morto e risorto. Egli rende i suoi fedeli sempre nuovi, quantunque siano anziani, riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi» (Is 40,31). Cristo è il «Vangelo eterno» (Ap 14,6), ed è «lo stesso ieri e oggi e per sempre» (Eb 13,8), ma la sua ricchezza e la sua bellezza sono inesauribili. Egli è sempre giovane e fonte costante di novità. La Chiesa non cessa di stupirsi per «la profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio» (Rm 11,33). Diceva san Giovanni della Croce: «questo spessore di sapienza e scienza di Dio è tanto profondo e immenso, che, benché l’anima sappia di esso, sempre può entrare più addentro». O anche, come affermava sant’Ireneo: «[Cristo], nella sua venuta, ha portato con sé ogni novità». Egli sempre può, con la sua novità, rinnovare la nostra vita e la nostra comunità, e anche se attraversa epoche oscure e debolezze ecclesiali, la proposta cristiana non invecchia mai. Gesù Cristo può anche rompere gli schemi noiosi nei quali pretendiamo di imprigionarlo e ci sorprende con la sua costante creatività divina. Ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale. In realtà, ogni autentica azione evangelizzatrice è sempre “nuova” (n. 11).

Buona meditazione.

+ Giuseppe Pellegrini
vescovo