Omelia apertura Anno Santo e Porta Santa

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Omelia apertura Anno Santo e Porta Santa

Pordenone, 13 dicembre 2015

 

 

Si apre anche per noi, per la nostra Chiesa di Concordia-Pordenone, un tempo straordinario per lasciarci trovare e raggiungere dalla Misericordia di Dio. La Chiesa “ha bisogno di questo momento straordinario. Nella nostra epoca di profondi cambiamenti, la Chiesa è chiamata … a rendere visibili i segni della presenza e della vicinanza di Dio”, così papa Francesco spiega l’Anno Santo (Udienza 9/12/ 2015). Il mondo ha bisogno di scoprire che Dio è Padre e che c’è ancora misericordia e amore. Ma per fare ciò è indispensabile, come singoli e come comunità, tenere fisso lo sguardo sull’esperienza centrale della nostra fede: la contemplazione del volto di Gesù Cristo, morto e risorto. Gesù Cristo è il vertice di tutta la storia della Salvezza, il vero punto discriminante. Si, carissime sorelle e fratelli, questo Anno Santo non è il segno di una Chiesa forte e potente che vuole occupare spazi, ma un’opportunità meravigliosa che lo Spirito Santo ci dona per riscoprire la bellezza dell’incontro con Gesù e la forza di quel volto pieno di amore e di misericordia che ci attrae a sé, ci consola, ci perdona e ci manda a portare a tutti, in particolare ai sofferenti, ai crocifissi della storia, l’amore e la misericordia di Dio. Desideriamo anche noi assumere concretamente nella nostra vita i sentimenti di Gesù verso il mondo intero che, come ci ricorda san Paolo, “non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò s e stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Filippesi 2,6-7).  

La Parola di Dio di questa III domenica di Avvento, ci aiuta a iniziare e a vivere ancora meglio l’anno giubilare. La gioia di Dio, la sua felicità è stare con noi, è camminare al nostro fianco, è sostenerci nei momenti più difficili della vita. “Non temere, non lasciarti cadere le braccia – ci ha ricordato il profeta Sofonia – il Signore è in mezzo a te. Gioirà per te, esulterà per te con grida di gioia” (3,16-17); e san Paolo, nella seconda lettura, ci invita ad essere lieti nel Signore, perché Lui è vicino (cfr. Filippesi 4,4-5). Dio è così vicino che è possibile riconoscerlo presente e vivo nella nostra vita e nella vita delle altre persone. E’ proprio la consapevolezza della sua presenza e vicinanza che ci libera dalla paura, fino al punto da rendere la nostra gioia contagiosa, capace di trasformare le relazioni con gli altri e di comunicare la misericordia di Dio.

La misericordia non è solo un sentimento ma, proprio perché nasce dalla viscere più profonde, dal di dentro di noi, diviene un fare, un agire per quelli che sono nella sofferenza, sia fisica che spirituale. Fin dai tempi di Mosè, Dio si è rivelato come il misericordioso e il compassionevole (cfr. Esodo 34,6), e nel Vangelo la misericordia di Gesù è motivo di scandalo e di rifiuto per molti dei suoi ascoltatori. Scandalizzavano i suoi atteggiamenti di misericordia, come il sedere a tavola con i pubblicani e le prostitute e il parlare con loro, e soprattutto il perdono che Gesù offriva abbondantemente e gratuitamente. All’origine dei suoi atteggiamenti d’amore non c’è la conversione ma la misericordia. Il perdono di Dio, infatti, ci viene dato gratuitamente e fin dall’inizio. Noi non siamo capaci, da soli, di conversione. Solo l’amore di Dio lo rende possibile. E’ dal suo amore e dalla sua misericordia che scaturiscono poi alcuni gesti e azioni: le opere di misericordia.

Anche la domanda “e noi che cosa dobbiamo fare” (Luca 3,14) rivolta al Battista, e che oggi la liturgia ci ripropone e che facciamo nostra, è necessario comprenderla a partire da questa prospettiva. Il Battista ci invita non a fare cose straordinarie, ma a vivere la vita coerente con il Vangelo, nelle situazioni concrete dell’esistenza e della quotidianità. Riascoltiamole: “Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto… Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato … non maltrattate e non estorcete” (Luca 3,11;13-14). Le opere di misericordia che la Chiesa, con questo giubileo ci ripropone, sono una declinazione del vangelo, indicative di un cammino da compiersi a tutti i livelli, personale, comunitario, sociale e politico, anche perché ai nostri giorni, soprattutto ai nostri giorni, la fraternità rischia di essere solo una parola che ci riempie la bocca e che non porta ad azioni concrete. Il verbo che fa da filo conduttore è il verbo dare. Per Gesù la declinazione del verbo amare e data dal verbo dare. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Giovanni 15,13). Ci vuole poco a capirlo: se io voglio bene a qualcuno, se voglio il suo bene, gli do da magiare sa ha fame, lo aiuto se è nel bisogno, gli do ospitalità se è senza alloggio, lo curo se è malato, lo vado a trovare se è all’ospedale o in carcere, lo consiglio se è nel dubbio, lo consolo se è nella sofferenza, lo correggo e lo perdono se sbaglia o se mi ha offeso. Per vivere bene, per star bene e per dare senso alla vita, la strada è quella del dare e del condividere.

Se uno stile di vita così è parte integrante della nostra vita cristiana, tanto più lo sarà in questo Anno Santo giubilare della Misericordia. “In questo Giubileo – ci ricorda papa Francesco nella Bolla di indizione al n. 15 – ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà”. Proprio per questo ho desiderato aprire la Porta Santa insieme ad alcune persone che vivono sulla propria pelle situazioni quotidiane di fatica e di difficoltà. Che questo gesto richiami a tutti noi e alla nostra Chiesa l’agire misericordioso di Dio che si prende cura concretamente del mondo e delle sue sofferenze; un agire che continua attraverso il nostro impegno e la nostra responsabilità nel fare qualcosa per gli altri. In quest’anno della misericordia, ci impegniamo a far sentire a tutti la tenerezza di Dio.

Nell’aprire l’Anno Santo in Diocesi, porto nel cuore un desiderio, che sommessamente vi comunico: che ciascuno di noi, vivendo concretamente qualche opera di misericordia corporale e spirituale, possa contribuire a riscostruire nel nostro territorio e nell’attuale contesto storico, sociale e culturale, dove regna lo smarrimento per la mancanza di punti di riferimento e di orientamento, una nuova grammatica dell’umano e delle relazioni interpersonali, sociali e politiche, dove al centro c’è sempre e solo il bene della persona umana, fatta a immagine e somiglianza di Dio e non i propri interessi personali  o il desiderio di notorietà e l’amor proprio.

 

Gesù di Nazareth, che hai dato un volto umano alla misericordia,

            tu che l’hai vissuta giorno per giorno e l’hai insegnata ai tuoi discepoli,

            per la fede in Te e per l’amore per Te,

            aiutaci ad accogliere il tuo amore,

            a vivere la misericordia e ad essere anche noi testimoni viventi,  

            segni nel mondo del tuo amore e della tua misericordia.

 

Carissimi tutti, all’inizio di questa meravigliosa esperienza di fede, sentiamo attuali le parole di Gesù, che vi invito a vivere per tutto quest’anno: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso” (Luca 10,37).

 

                                                                                   + Giuseppe Pellegrini

                                                                                               vescovo

 

Pordenone
13/12/2015
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia