Celebriamo l’Eucaristia con voi, carissimi giovanissimi e giovani dell’Azione Cattolica e con la comunità parrocchiale di Pravisdomini, che vi ospita per questa festa, nella solennità dell’Ascensione del Signore. Un saluto cordialissimo a voi, alla nuova presidenza ACI, ai vostri assistenti e ai sacerdoti concelebranti, compreso il parroco. C’è un significato profondo tra l’Ascensione di Gesù e lo slogan che avete scelto per questa vostra festa: intrecciati alla vita. L’Ascensione ci fa vedere con ancora più chiarezza lo stile e la modalità scelti da Gesù per stare con le persone e per vivere la sua missione. Se leggiamo attentamente il Vangelo, molti incontri di Gesù con le persone sono seguiti dalla sua scomparsa. Dopo aver predicato e compiuto alcuni segni (miracoli), Gesù si sottrae dalla gente per dirci che questa è la sua missione: ritirarsi e scomparire per lasciare spazio agli altri. L’Ascensione, ultimo atto di Gesù sulla terra, rientra all’interno dello stile di Gesù.
Fermiamoci per un momento a considerare i due testi biblici, gli Atti degli Apostoli e il Vangelo di Marco, che ci narrano il fatto dell’Ascensione. Il libro degli Atti ci racconta che Gesù, durante l’ultimo pasto che sigilla la comunione con i suoi discepoli, annuncia la venuta del dono dello Spirito Santo che scenderà su di loro e darà la forza di essere testimoni del suo Vangelo. Dopo queste parole una nube sottrasse Gesù dalla loro vista. Il Vangelo di Marco ci ha ricordato che Gesù, prima di salire al cielo, dà un mandato ai discepoli: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. … Allora essi partirono e predicarono dappertutto” (16,15.20). L’Ascensione di Gesù al cielo non è stata una partenza o un distacco, non ci racconta un addio e neppure è la conclusione della vicenda di Gesù, ma un invito ai discepoli, una missione affidata loro per portare a tutte le genti la persona viva di Gesù Risorto, che è sempre vicino ai suoi. L’Ascensione impone ai discepoli una scelta ben precisa: seguirlo ancora benché lui non sia più visibile umanamente. Gesù sa bene che solo scomparendo e separandosi dalla loro vista, i discepoli lo avrebbero visto con più chiarezza e soprattutto avrebbero compreso che tra loro c’era un legame molto più forte che li teneva uniti a lui. Non lo hanno più visto con gli occhi, ma hanno sentito bruciare del suo amore il loro cuore. Un po’ com’è capitato ai discepoli di Emmaus, che dopo la scomparsa di Gesù dalla loro vista, si son detti: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?” (Luca 24,32). Da allora in poi i discepoli hanno rinunciato a vederlo e a possederlo per sentire la gioia della sua presenza dentro di loro e nella sua Parola. Dall’Ascensione di Gesù, tra Dio e l’umanità s’instaura un rapporto nuovo perché la separazione tra cielo e terra è diventata comunione!
Carissimi giovani dell’Azione Cattolica, alla luce dell’Ascensione, cerco di interpretare il vostro slogan intrecciati alla vita, non legati alla vita ma intrecciati. L’intreccio evidenzia, per me, due aspetti: il più evidente è dato dai numerosi fili, che pur rimanendo unici, sono legati strettamente tra di loro formando una treccia; l’altro evidenzia che nell’intreccio, alcuni fili si vedono e altri invece scompaiono dalla nostra vista perché sono sotto gli altri. Così guardando una treccia, alcuni fili si vedono e altri spariscono dietro, anche se ci sono e legati strettamente agli altri. Così è il significato del vostro essere intrecciati e legati gli uni gli altri alla vita, formando un’unica realtà. Questa è la forza dello Spirito che vi lega insieme per diventare testimoni e annunciatori di Gesù, con la consapevolezza che la forza, anche se non si vede, è data dalla presenza viva di Gesù Risorto che è vivo e presente con la grazia del suo Spirito. È quello che è successo agli apostoli nel momento dell’Ascensione al cielo di Gesù. Il suo sottrarsi mette alla prova la nostra fede e amore per il Signore, senza però mai giungere a spezzare il legame con lui. E’ quella sana inquietudine, un amore inquieto che si sente dentro e che dà la forza di andare avanti, per vivere in pienezza la propria vita. Ricordate sempre, anche nei momenti più faticosi e difficili le due certezze: il Signore Gesù è vivo e presente, non vi lascia mai soli, anche perché intrecciati tra di voi, come credenti e soprattutto come appartenenti all’Azione Cattolica. Carissimi giovani, non è banale o frutto di un caso la vostra appartenenza all’Azione Cattolica, perché è una forza che vi aiuta, insieme, a vivere meglio, e ad essere segno di speranza per il mondo. Gesù vi ha affidato la sua missione affinché possiate vivere attivamente la speranza e poterla testimoniare ai vostri coetanei, nella scuola, nel gioco, nel divertimento e in tante altre occasioni della vostra vita.
È quanto vi ha ricordato Papa Francesco nell’incontro che ha avuto con tantissimi membri dell’Azione Cattolica, oltre 60.000 persone, in piazza San Pietro il 25 aprile. Filo conduttore del suo messaggio è la necessità di far crescere in voi dell’ACI la cultura dell’abbraccio. Sia perché Papa Francesco si è sentito abbracciato da voi: “Un abbraccio così intenso e bello, che da qui vuole allargarsi a tutta l’umanità, specialmente a chi soffre”; ma anche perché l’abbraccio salva e cambia la vita. Un abbraccio che Gesù dalla croce ci ha dimostrato essere l’abbraccio misericordioso del Padre che ci dona il suo amore che salva e cambia la vita. Un abbraccio del Padre che ci porta a vivere anche noi, aperti e accoglienti verso tutti. come lo è stato Gesù. Questo abbraccio diventa segno di speranza nel nostro mondo, così complicato e complesso, dove si respira soltanto egoismo, chiusura e contrapposizione che porta alla guerra. Un abbraccio, ricordava papa Francesco, che esprime il cammino della sinodalità che la Chiesa sta facendo.
Concludo con le parole del papa che ha rivolgo a voi, cari giovani: “C’è bisogno di pellegrini di speranza, capaci di tracciare e percorrere sentieri nuovi e impegnativi. Vi invito ad essere atleti e porta bandiere della sinodalità nelle diocesi e nelle parrocchie di cui fate parte”.
Buon cammino e buona festa a tutti.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
