Omelia Domenica delle Palme, Concattedrale Pordenone 13 aprile 2025

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Con la liturgia della Domenica delle Palme e della Passione del Signore entriamo nella Settimana Santa. Gesù viene accolto in maniera trionfale nel suo ingresso in Gerusalemme, in questa città santa che sarà il luogo della sua passione e morte. Sono le due modalità di accoglienza di Gesù: chi lo accoglie con gioia ed esultanza e chi, invece, pochi giorni dopo griderà ‘crocifiggilo’. Ce lo ha ricordato anche l’apostolo San Paolo nella seconda lettura: “Gesù Cristo, pur essendo nella condizione di Dio … svuoto se stesso assumendo una condizione di servo” (Filippesi 2,6-7).

La nostra attenzione oggi è rivolta al Vangelo che narra la passione e la morte di Gesù secondo l’evangelista Luca. Si può leggere e ascoltare il racconto della passione di Gesù da prospettive differenti: o rimanendo spettatori che, pur con un po’ di commozione, non entrano in profondità nell’esperienza che Gesù sta vivendo, oppure calarsi all’interno del dramma di Gesù, lasciandosi coinvolgere e vivendo interiormente anche nei nostri tempi quello che Gesù, i suoi discepoli e i vari personaggi hanno vissuto. Una delle preoccupazioni di san Luca e di riaffermare che il vero discepolo di Gesù cerca di vivere come lui, sottolineando che la caratteristica fondamentale è il servizio. Lo vediamo all’inizio del racconto, nell’ultima cena: “Nacque tra loro (i discepoli) una discussione: chi di loro fosse considerato il più grande (Luca 22,24). Il contrasto tra il gesto di Gesù di donare se stesso nell’Eucaristia e la loro preoccupazione di chi fosse il più grande, ci fa capire che non avevano ancora compreso che seguire Gesù significa servire. Non solo un gesto ma uno stile di vita che contraddistingue tutta la vita di Gesù e che deve caratterizzare anche la vita dei discepoli: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve” (v.27). Il servizio è la caratteristica della croce, di chi offre la vita per gli altri. Non è solo un richiamo morale all’umiltà ma il vero significato dell’Incarnazione. Lo stile di Gesù servo accompagna tutta la narrazione della Passione. Gesù non si preoccupa di sé ma degli altri resistendo anche sulla croce alla tentazione di salvare se stesso. “Ha salvato gli altri! Salvi se stesso, se lui è il Cristo di Dio, l’eletto” (v.35), dicono i capi e i soldati: “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso” (v.36). Gesù non si serve della sua posizione da Figlio di Dio per salvare se stesso, ma muore per noi proclamando la sua piena fiducia nel Padre che lo ama e non lo abbandona mai.

Sullo sfondo del racconto della passione, Luca evidenzia anche un altro tema importante: la sua regalità. Nell’entrata a Gerusalemme Gesù è accolto come un re, cavalcando un puledro. Nell’interrogatorio di fronte al Sinedrio, nel processo di fronte a Pilato e nell’incontro con Erode risuona chiara la domanda: “Sei tu il re dei Giudei?” (23.3). Gesù afferma di esserlo, ma in un modo diverso. C’è dunque una regalità diversa tra quella del mondo e quella di Dio. La prima si manifesta nella potenza, nell’imposizione e nella salvezza di sé; la seconda nel servizio, nell’amore e nel rifiuto della potenza e della forza. Ma è a partire dalla croce che si rivela in pienezza la regalità di Gesù, che continua anche oggi e che si percepisce solo nella fede. Servire è andare verso il dono della vita di se stessi per gli altri.

Fissiamo per un momento la scena della crocifissione, appena morto Gesù. II Centurione romano dice: “Veramente quest’uomo era giusto” (v.47). Con questa espressione confessa la gloria di Dio. Gesù è l’uomo giusto, colui che è rimasto fedele alla volontà di Dio fino al dono di sé, proclamando così la sua innocenza. Confessare che Gesù è giusto è far comprendere che Gesù è innocente, è il giusto sofferente di Isaia che salva, libera e offre tutto se stesso per la salvezza dell’umanità. Carissime e carissimi tutti, siamo invitati anche noi all’inizio della Settimana Santa, a comportarci come il ‘buon ladrone’ che prima di chiedere a Gesù di essere ricordato nel suo Regno (cfr. v.42), riconosce le sue colpe e il proprio peccato. Gesù nell’accoglierlo modifica la sua richiesta riportandola dal futuro al presente: “Oggi con me sarai nel Paradiso” (v.43). La promessa che Gesù offre non è solo per una felicità nel futuro, ma è per l’oggi, per noi, chiamati ad accoglierlo e riconoscerlo come nostro maestro, che è venuto per servire e per aiutarci a fare della nostra vita un dono agli altri. Oggi è il tempo della nostra salvezza. Accogliamo con profondità questo invito alla conversione e alla sequela, vivendo con intensità questa Settimana Santa e in particolare i riti del Triduo Pasquale, che ci ricordano Gesù che dona se stesso nell’Eucaristia, nella morte in croce e nella Risurrezione. Troviamo tutti un po’ di tempo per pregare, per meditare e per trovare qualche momento di attenzione e di carità verso chi è nel bisogno.

Buona Settimana Santa.

+ Giuseppe Pellegrini
vescovo