Perfetti nell’unità
Carissimi confratelli, questo è il significato e la preghiera che vogliamo fare in questa Giornata della santificazione sacerdotale, in prossimità della solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, perché la preghiera offerta per la santificazione dei sacerdoti possa ottenere di riflesso il dono della santità di tutto il Popolo di Dio. Ogni vocazione ha nel Battesimo la sua origine e il suo alimento. Il sacerdozio ‘ministeriale’ dei presbiteri è a servizio del sacerdozio comune dei battezzati, che tutti ci raduna come popolo santo di Dio, nella risposta libera e gioiosa alla chiamata universale alla santità.
Ho scelto come Vangelo della celebrazione di oggi, una parte del capitolo 17 di Giovanni, la preghiera di addio, che conclude i discorsi di Gesù prima della sua passione. Parte centrale della preghiera è la rivelazione dell’unità profonda tra il Padre il Figlio e della modalità in cui i credenti sono associati a questa unità. Infatti, la prima cosa che Gesù nella preghiera chiede al Padre è che i discepoli che sono nel mondo siano uniti nell’amore, come il Figlio è uno con il Padre: “Padre santo, custodiscili nel tuo amore … perché siano una cosa una sola cosa, come noi” (17,11). Gesù ha custodito i suoi discepoli, come ben esprime l’immagine evocativa della figura del Buon Pastore che Giovanni sviluppa nel capitolo 10: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (v.30). Gesù sta per lasciare il mondo, e prega il Padre per i suoi discepoli e anche per noi, “quelli che crederanno in me mediante la loro parola” (v.20), per darci la sua gioia e il suo conforto. Solo così sarà possibile vivere la vita in pienezza, ricolmata costantemente dall’amore di Dio. Il mondo, ieri come oggi, non sempre accoglie e ama i discepoli del Signore, anzi spesso hanno incontrato e incontrano ostilità e persecuzione, nella misura in cui non si uniformeranno alle logiche mondane, ma resteranno fedeli a Gesù e alle sue parole. Culmine e cuore di questa pericope è il versetto 17: “Consacrali nella verità. La tua parola è verità”. Consacrare significa mettere da parte per Dio, entrare nello spazio di Dio e della sua santità. In questo modo i discepoli vengono resi partecipi della santità di Dio grazie all’opera del Figlio che ha compiuto fino in fondo la volontà del Padre. La verità per Giovanni e Gesù stesso, la Parola fatta carne per la salvezza del mondo.
L’unità di coloro che credono in Cristo è radicata nella relazione tra il Padre e il Figlio e risplende nella diversità delle persone. Pertanto il concetto dell’amore fraterno coincide con l’appello all’unità che è il frutto dell’amore reciproco. Questo è il fondamento della carità: l’amore stesso di Gesù per i suoi. I discepoli del Signore – non pensiamo solo agli altri ma a noi, qui, oggi – sono chiamati non a una semplice coesistenza o amicizia fraterna, ma a realizzare l’unità di fede nel rispetto della libertà e delle differenti caratteristiche di ciascuno. Gesù chiede anche a noi di essere perfetti nell’unità e capaci di autentica comunione, al punto di diventare “una sola cosa” (v.22). L’amore che il Signore chiede tra noi, è un dono legato alla natura stessa della rivelazione che attesta la perfetta unità fra Dio e il suo inviato. L’identità che unisce i discepoli è fondata nella manifestazione della presenza divina di Dio nella persona di Gesù. Questo fondamento, donato e condiviso, è l’unica ragione dell’unità tra i discepoli e anche tra di noi.
Carissimi, mi sono soffermato un po’ su alcune considerazioni teologiche che Giovanni ha evidenziato nella preghiera di Gesù, perché credo importanti e necessarie anche per noi presbiteri e presbiterio di Concordia-Pordenone. L’unità dei discepoli di Gesù, l’unità tra di noi preti e diaconi, non è semplicemente una questione di buon ordine o di serenità nella vita delle comunità, ma è una questione teologica irrinunciabile. Se la Chiesa, se noi, vogliamo essere Corpo di Cristo, per noi sacerdoti essere “alter Christus”, dobbiamo essere capaci di vivere il dinamismo della Trinità: una comunione radicale e reale, vera, capace di accogliere e integrare le differenze e particolarità di ciascuno, senza trasformarle in fonte di conflitti e di contrapposizione. Ogni contrapposizione, infatti, è frutto di una mancanza di attenzione verso gli altri, per un eccesso di attenzione verso se stessi. Il dono dell’unità che viene dal Padre, non può che essere frutto dell’umiltà del cuore, che sa andare oltre i propri pensieri e persino oltre i propri principi, per fare spazio all’altro nella sua realtà e nelle sue diversità. Oggi noi ricordiamo il giorno della nostra ordinazione. Anch’io ricordo i 45 anni dell’Ordinazione presbiterale. Ringraziamo il Signore per averci associati a sé e inviati a portare nel mondo il suo amore. Tutta la Chiesa oggi, e anche le nostre comunità cristiane, pregano per noi, perché rimaniamo fedeli agli impegni che ci siamo presi e perché, con la nostra vita, possiamo diventare sempre di più testimoni credibili. Diceva papa Francesco: “I sacerdoti sono uniti in una fraternità sacramentale, pertanto la prima forma di evangelizzazione è la testimonianza di fraternità e di comunione tra loro e con il vescovo” (Discorso alla Congregazione per il Clero nel 2014”). E nel Discorso ai partecipanti al Simposio promosso dalla Congregazione per i Vescovi nel 2022, ricordava che è fondamentale per la vita e il ministero dei preti le quattro vicinanze, tra le quali c’è la vicinanza tra sacerdoti, che si attua in una fraternità che rifugge la solitudine e l’indifferenza e tende alla pazienza e alla capacità di sentirsi responsabili gli uni gli altri. Il nostro ministero sacerdotale, prima delle preoccupazioni pastorali, di ogni attività organizzativa e cultuale, si caratterizza per la fraternità, l’amore e l’unità che c’è tra di noi. Ricordiamo sempre le parole di Gesù: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni gli altri” (Giovanni 13,35).
Ma perché è così difficile? Perché facciamo fatica ad accogliere le diversità tra di noi? Perché c’è più chiacchiericcio che rispetto, ascolto e amore? Certamente vivere l’unità è faticoso e impegnativo. Spesso preferiamo stare da soli … si fa prima e meglio! Ma noi non siamo chiamati ad essere piccoli manager ma servi della comunione. Se il cristiano, come dice Tertulliano, esiste sempre in un corpo e in un insieme di relazioni, tanto più lo dobbiamo essere noi presbiteri e diaconi: mai da soli ma sempre in relazione con gli altri. Facciamoci questo grande regalo: volerci un po’ più di bene, senza se e senza ma! Non facciamo pesare le differenze di età, di modi diversi di pensare alla pastorale e nemmeno i differenti ruoli e servizi pastorali. Accettiamo senza riserve di esercitarci nell’arte di voler bene chi non si è scelto, al di là delle simpatie o antipatie per mettere in atto l’amore evangelico, sempre attenti ai momenti di difficoltà e solitudine dei confratelli.
Lo Spirito Santo illumini la nostra intelligenza per essere sempre più consapevoli del dono che il Signore ci ha fatto. Consapevolezza che ci dà la forza e il coraggio di costruire insieme quell’unità che tutti custodisce fino a prendersi cura di ciascuno.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
