Omelia per il Venerdì Santo

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Omelia per il Venerdì Santo

Pordenone 19 aprile 2019

 

In questo giorno di morte e di dolore, sentiamo dentro di noi una profonda malinconia del paradiso perduto, del Dio perduto, dell’amore e della pace perduti. La terra è un immenso pianto. In questo giorno Dio non ha più sopportato, non ha più potuto trattenersi e ha raggiunto Adamo, ha cercato il sangue di Abele, e si è messo a gridare insieme ai suoi figli lo stesso grido di nostalgia, radicato nell’angoscia, radicato nel sangue e nell’amore: si è incarnato ed è salito sulla croce. Solo per essere con me e come me. Solo perché io possa essere con Lui e come Lui.

Essere in croce è ciò che Dio deve, nel suo amore, all’uomo che è in croce. L’amore conosce molti doveri. Ma il primo di questi doveri è di essere unito con l’amato. Solo un Dio sale sul legno ed entra nella morte perché là va ogni suo amato. Qualsiasi altro gesto ci avrebbe confermato in una falsa idea di Dio. Solo la croce toglie ogni dubbio. Qualunque uomo, se potesse, qualunque potente, se ne avesse la forza, scenderebbe dalla sua croce. Solo Gesù non scende dal legno. È la vicenda di Dio venuto fra gli uomini e le donne nel suo Figlio Gesù. Il nostro è un Dio differente. “Ciò che ci fa credere – diceva Pascal – è la croce” Ma ciò in cui crediamo è la vittoria della croce. Vittoria riportata sulla morte e chiamata Risurrezione. Le braccia di Gesù, inchiodate e distese in un grande abbraccio, che nessuno mai, che nessuna cosa mai annullerà, sono come le porte del paradiso spalancate per sempre. L’angelo che sbarrava l’accesso ha riposto la sua spada di fuoco. Quelle braccia aperte sono l’immagine visiva della dilatazione del cuore di Cristo, cuore dilatato fino a lacerarsi, a lacerarsi ben prima del colpo di lancia, di un cuore che ha amato fino alla fine.

E noi dobbiamo lasciarci attirare da questo amore che oggi si rivela a noi in tutta la sua intensità. E per lasciarci attirare dobbiamo arrenderci da ogni nostra difesa, dobbiamo essere capaci di rinunciare addirittura a capirlo, perché l’amore di Dio supera ogni comprensione umana, è per noi inafferrabile. Si fa comprendere ma ci supera sempre. È l’amore più grande che possa esistere! Questo amore consiste nel fatto che il Padre consegna il suo Figlio in un amore infinito per noi. Un amore tanto diverso dal nostro. Noi, infatti, quando amiamo tendiamo ad assolutizzare il rapporto con la persona amata. A renderlo un rapporto esclusivo. Dio no! Ama sempre, ama tutti, ama per primo.

Il rischio è che anche noi, come è successo ai contemporanei di Gesù, come è successo a Giuda, non ci lasciamo raggiungere da questo amore, tradendo il Maestro. Si può tradire Gesù anche per altri generi di ricompensa che non siano i trenta denari. Tradisce Cristo chi tradisce la propria moglie o il proprio marito. Tradisce Gesù il ministro di Dio infedele al suo stato, o che invece di pascere il gregge pasce se stesso. Tradisce Gesù chiunque tradisce la propria coscienza. Posso tradirlo anch’io, in questo momento — e la cosa mi fa tremare — se mentre predico su Giuda mi preoccupo dell’approvazione dell’uditorio più che di partecipare all’immensa pena del Salvatore. Giuda aveva un’attenuante che noi non abbiamo. Egli non sapeva chi era Gesù, lo riteneva solo «un uomo giusto»; non sapeva che era il Figlio di Dio, noi sì.

Chiediamo al Signore Gesù morto sulla croce, di aiutarci ad essere fedeli, di essere attenti ai bisogni degli altri e di attendere con fiducia e speranza l’aurora del giorno di Pasqua che vede la risurrezione di Gesù.

 

+ Giuseppe Pellegrini vescovo

Pordenone
19/04/2019
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia