Omelia per l’apertura dell’Anno della vita consacrata
San Vito al Tagliamento – 30 novembre 2014
Siamo qui, all’inizio del cammino di Avvento, con il desiderio profondo del ritorno del Signore Gesù alla fine dei tempi nella gloria, con il desiderio di incontrarci e entrare in relazione profonda con Lui, di accoglierlo in maniera piena e definitiva nella nostra vita. Sappiamo bene però che viviamo immersi nel tempo presente, dove le preoccupazioni quotidiane e la logica consumistica affievoliscono e talvolta anche spengono questa attesa e ci portano ad accontentarci di qualche piccola e passeggera gioia momentanea.
La liturgia della Parola di questa prima domenica di Avvento, ci aiuta invece ad entrare nella comprensione del significato più vero e profondo del tempo e del cammino che stiamo facendo: “Tu scendesti – ci ricorda il profeta Isaia – e davanti a te sussulteranno i monti” (64,2). Sta proprio qui, nel “Tu scendesti” il senso vero della storia e della vita di tutti noi, nel ricordare la presenza straordinaria e reale di Dio nella storia dell’umanità e richiamare alla memoria la gioia che pervade il cuore dell’uomo quando si rende disponibile e si lascia avvolgere dalla presenza e dall’amore di Dio che si fa uno di noi, assumendo fino in fondo la nostra umanità. Un amore così grande che ci permette di rivolgerci a Lui con affetto, con il Tu! Per ben sette volte nel testo di Isaia appena letto compare il pronome personale Tu, fino a dire: “Noi siamo argilla, e tu, colui che ci plasma” (64,7). Il tempo di avvento ci aiuta a far memoria di questa particolare presenza di Dio e a tener vivo il desiderio di accoglierlo, mentre ci ricorda che Dio viene ed entra nella nostra storia rispettando le nostre scelte e la nostra libertà di accoglierlo. “Se tu squarciassi i cieli e scendessi” (63,19). Quel “se tu” è il segno più bello e più grande della libertà che noi abbiamo di accoglierlo o non accoglierlo, anche se più di qualcuno di noi, potrebbe desiderare che Dio si proponesse in maniera più forte e decisa, sconvolgendo perfino l’ordine della natura e del cosmo.
Quanto è importante, anche ai nostri giorni, non perdere mai la speranza e ritrovare la forza rigeneratrice del vangelo che ci apre all’incontro con Dio. Il mondo ha ancora bisogno di speranza, di un annuncio che proviene da persone che vivono lo stile evangelico, da persone che, come ci ha ricordato la pagina del vangelo, sanno attendere e sanno aspettare l’arrivo del Signore. E sappiamo bene che solo chi ama sa aspettare nella maniera giusta, solo chi ama è capace di restare sveglio, mentre passano le ore della notte, per essere pronto alla venuta del padrone di casa. Ecco l’importanza dell’attesa. Spesso corriamo anche noi il rischio di non saper più attendere, di vivere una vita addormentata, incapaci di cogliere il nuovo che viene, dentro e fuori di noi, di accorgerci degli altri e dei loro bisogni e necessità. Attenti dunque alle persone, alle loro parole e anche ai loro silenzi!
Mi immagino così, carissimi tutti, la presenza della vita consacrata nella Chiesa e nel mondo: donne e uomini di diverse età in cammino con tutto il popolo di Dio che, offrendo a tutti la gioia della loro chiamata, “fanno memoria del passato, abbracciano il futuro con speranza e vivono il presente con passione”. Tre parole, come ci ha ricordato la nota della Congregazione, ci possono aiutare a comprendere e a sintetizzare il valore e il significato della vita consacrata oggi: VANGELO – SPERANZA – PROFEZIA. Desidero iniziare così, anche nella nostra diocesi, l’anno della Vita Consacrata, in piena sintonia con papa Francesco e con tutte le Chiese sparse in ogni continente ed esprimere ai religiosi, alle religiose e a tutte le consacrate che operano nelle nostre comunità parrocchiali e diocesana il più vivo e cordiale apprezzamento per il dono prezioso che è la vita consacrata e per quanto di bene hanno fatto e continuano a fare tra di noi. Papa Francesco, parlando ai superiori generali ricordava che la vita consacrata è fatta di grazia e di peccato! In questo anno allora, vogliamo riconoscere e confessare le nostre debolezze, ma anche ‘gridare’ al mondo con forza e con gioia la santità e la vitalità che promana dalle persone consacrate. Quanto bene anche nella nostra diocesi hanno fatto le religiose e i religiosi! Quanto amore e carità verso i più deboli e fragili delle nostre comunità. Chi non ricorda il volto concreto di una suora, di un frate o di un religioso che ci hanno accompagnato nel cammino di formazione e di catechesi? Chi non sente vicino la testimonianza di vita di missionari e missionarie che fin da giovani hanno lasciato la loro terra per portare il vangelo nei paesi più poveri?
Con questo sguardo positivo e con il cuore traboccante di grazie, desideriamo ora continuare il cammino e abbracciare il futuro con speranza. Troppi sono, anche ai nostri tempi, i profeti di sventura. Con la scelta della consacrazione, voi religiosi e religiose siete anche oggi, necessari perché segno della novità del regno, profezia di comunione, di collaborazione e di solidarietà. Pensiamo alle centinaia di migliaia di religiosi e religiose che lavorano fuori del proprio ambiente di origine, gran parte di loro in comunità multi-etniche e multi-culturali. Essi danno testimonianza della forza di comunione della loro consacrazione e costituiscono un prodigioso seme di solidarietà e di cooperazione tra le differenti Chiese locali. In un mondo globalizzato, ma sempre più diviso, dove si allarga il fosso tra chi ha molto e la folla immensa di chi non riesce a vivere, il carattere universale della Vita Religiosa acquista un nuovo valore. Secondo la presentazione di Gesù nella sinagoga di Nazareth, la prima testimonianza del Vangelo è il lieto annunzio ai poveri, la liberazione dei prigionieri, il dono della vista ai ciechi, lo scioglimento di ogni oppressione e la proclamazione della grazia e della bontà di Dio (cfr. Lc 4,16-28). Possiamo dire, con gioia, che le comunità Religiose hanno dato, lungo la storia, e continuano a dare ancora oggi, un’ammirevole testimonianza di questi segni dell’arrivo del Regno di Dio. Lo spirito del Concilio Vaticano II, che ha provocato un forte rinnovamento negli istituti religiosi, continua a soffiare con forza. Siamo certi che anche in questo momento di crisi ‘vocazionale’, lo Spirito susciterà ancora nel cuore di tanti e tante giovani risposte generose all’invito di Gesù di lasciare tutto per l’annuncio del Regno.
L’anno della vita consacrata sia per tutti voi, carissime religiose, religiosi e consacrate, un momento importante per ‘evangelizzare’ e testimoniare la bellezza della sequela di Gesù secondo il carisma dei vostri fondatori e fondatrici. Non abbiate paura di svegliare le nostre comunità cristiane con la vostra testimonianza profetica e andate nelle periferie esistenziali del nostro territorio per portare l’amore di Gesù. Concludo riprendendo e facendo mie alcune attese per l’anno della vita consacrata che papa Francesco ha espresso nella recentissima Lettera Apostolica a tutti i consacrati: che svegliate il mondo, che lo spirito di comunione che vi appartiene diventi realtà e che usciate da voi stessi per andare nelle periferie esistenziali. Buon cammino e buona testimonianza!
+ Giuseppe Pellegrini