Omelia Veglia diocesana ACI, Cattedrale Concordia 2 maggio 2025

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Mi ami tu?

Carissime e carissimi tutti, il primo anno di questo triennio che si sta concludendo è stato accompagnato dalle parole dell’evangelista Luca, condensate nell’invito di Gesù fatto ai discepoli di prendere largo, di non aver paura di mettersi alla sua sequela portando nel mondo la sua Parola. Chi annuncia il Vangelo, come Gesù, non deve aver paura di camminare tra la gente e di entrare nella quotidianità della vita delle persone. Come laiche e laici associati avete il compito di evangelizzare non solo all’interno della comunità parrocchiale ma soprattutto nella quotidianità della vita delle persone. L’esperienza del pellegrinaggio giubilare che stiamo vivendo, segnata dal passaggio alla vita eterna del nostro amato papa Francesco, ci aiuta a farci Pellegrini di speranza nel mondo. Così recitano gli Orientamenti dell’AC nazionale per il triennio 2024-2027: “Ci disponiamo a percorrere questo triennio appena iniziato come Pellegrini di speranza facendo nostra l’immagine che il Santo Padre ha voluto come simbolo del prossimo Giubileo, consapevoli che l’attraversamento di questo cambiamento d’epoca, in primo luogo ci chiede di essere ancorati alla speranza”. Sono stati veramente numerosi i cambiamenti che abbiamo vissuto quest’anno e ci chiedono di essere ancora più attenti della gente, mettendoci in ascolto delle richieste e delle domande che ciascuno porta dentro di sé. Questo, però, potremo farlo solo se saremo capaci noi per primi di sperimentare l’amore di Dio che ci è stato donato in Gesù. Solo così potremo essere testimoni della speranza che non ha fine. “La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Romani 5,5). Usciamo senza paura dalla sicurezza delle nostre case, delle nostre comunità e anche dei nostri gruppi per accettare le sfide che il mondo ci chiede.

Il Vangelo scelto per questa veglia di preghiera a conclusione di quest’anno formativo, ci aiuta ancora di più a non chiuderci in noi stessi e ad essere attenti alla domanda che ci vengono fatte. Siamo alla conclusione del Vangelo di Giovanni e l’attenzione si concentra su Pietro, personaggio chiave dell’esperienza della Chiesa primitiva. Pietro e alcuni discepoli si trovano sulla riva del lago di Tiberiade, dove tutto era cominciato, sottolineando la continuità tra Gesù terreno e il risorto e il ruolo di Pietro nella prima Chiesa. Le tre domande di Gesù ricordano il rinnegamento dell’apostolo e giustificano il ritorno all’origine della chiamata e la necessità di una nuova partenza. La triplice domanda sull’amore è destinata a ricordare l’episodio del tradimento e la triplice risposta positiva di Pietro a cancellarlo. Così il rinnegamento perdonato si vede inserito per pura grazia nella funzione di pastore universale della Chiesa che appartiene a Gesù Cristo.

Desidero riflettere sulla domanda che Gesù rivolge a Pietro, che è una delle più alte ed esigenti della Bibbia: Pietro, tu mi ami? Pur con modalità differenti per ben tre volte Gesù lo chiede a Pietro. Può sembrare strano e anche commovente che il Risorto profumi ancora di umanità chiedendo a Pietro la realtà umana più profonda: l’amore. Gesù non rimprovera Pietro, non gli chiede se ha capito il suo messaggio, ma solo se lo ama. In Gesù non c’è passato o tradimenti che tengano, non c’è più la notte attorno al fuoco, ma una domanda concreta: Pietro mi ami tu adesso? Gesù desidera riaccendere il fuoco che c’è dentro di noi, risvegliando la nostra passione per lui e per l’annuncio del Vangelo. In riva al lago Gesù pone a Pietro tre domande, una diversa dall’altra, per avvicinarsi ed entrare in relazione più vera e profonda nel cuore dell’apostolo. La prima: “Simone figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?” (Giovanni 21,15). Non dice Pietro-Cefa ma Simone, ritornando agli inizi della chiamata e della sequela. Il verbo che Gesù usa in greco è ‘agapàs me’, il verbo dell’amore grande e della piena dedizione. Pietro risponde solo in parte, usando il verbo più umile dell’amicizia, ‘philò se’, evitando il confronto con gli altri. Nella seconda domanda Gesù usa ancora lo steso verbo senza chiedergli nessun confronto. Pietro evita ancora i termini precisi della domanda e invece che di amore parla di amicizia, forse pensando che solo Gesù potesse usare il verbo amare, perché Lui è l’amore che dona tutto se stesso. Con la terza domanda Gesù si avvicina a Pietro e gli chiede: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?” (v.17), accetti di essere mio amico, e Pietro, con il nodo in gola, accetta! In questo modo Gesù dimostra il suo grande amore per Pietro abbassando per tre volte le esigenze dell’amore.

Gesù non cerca in Pietro e nemmeno in noi la perfezione, ma l’autenticità. Amando Pietro così com’è e accogliendo la sua disponibilità a seguirlo, lo costituisce pastore del suo gregge. Il Signore Gesù non ci vuole super eroi, persone che sanno fare tutto, ma uomini e donne, giovani e anziani, adolescenti e ragazzi che desiderano fare esperienza vera dell’incontro con Lui, che vogliono accoglierlo nella loro vita, per diventare segno di speranza nel mondo d’oggi, dentro la quotidianità della vita. Desideriamo anche noi, come ha fatto Pietro, rispondere alla domanda del Signore Gesù e dire: Signore tu lo sai che ti voglio un po’ di bene e di amicizia tra la tanta indifferenza che ci circonda. Ti seguirò perché ho capito che non cerchi uomini perfetti, ma uomini e donne veri, appassionati di te e desiderosi di portare il tuo amore nel mondo.

Come laiche e laici associati, in virtù della vostra peculiare vocazione, come dice lo Statuto all’articolo 4, vi impegnate ad essere segno dell’unità della Chiesa in Cristo, in modo da favorire la comunione tra tutti i soci e con tutti i membri della Chiesa. L’essere di ACI vi porta a costruire un’esperienza di fraternità tra di voi e con tutti – ricordate quando ha detto ai giovani papa Francesco a Lisbona: Tutti, tutti, tutti – con relazioni positive e costruttive tra le persone che incontrate nelle vostre comunità parrocchiali e nei differenti luoghi dove la gente vive. In questo modo sarete e diventerete sempre di più palestra di corresponsabilità e di sinodalità.

Buon cammino.

+ Giuseppe Pellegrini
vescovo