S. MESSA INIZIO ANNO FORMATIVO E RITO DI AMMISSIONE TRA I CANDIDATI AGLI ORDINI SACRI

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Carissimi, la Liturgia della Parola di questa giornata ci è di aiuto per iniziare nel migliore dei modi un nuovo anno formativo per voi della teologia e per voi della comunità propedeutica, perché vi fa rimanere con i piedi per terra, senza sentirvi migliori degli altri, stimolandovi a non abbandonare mai la strada della conversione e a ricominciare sempre, riconoscendovi bisognosi dell’amore e del perdono del Signore. È pure di aiuto al seminarista Mirco che celebra il Rito di Ammissione e a tutti noi che partecipiamo a questa Eucaristia.

Al Signore, nostro Dio, la giustizia; a noi il disonore sul volto” (Baruc 1,15). Così incomincia la preghiera che gli esiliati elevavano al Signore a Babilonia, confessando i propri peccati. E Gesù rivolge a ciascuno di noi quel “Guai a te” (Luca 10,13), rivolto ad alcune città che avevano ascoltato molte volte la sua predicazione. Guai a noi, quando pensiamo di conoscere a sufficienza la Parola di Dio, il suo amore e i suoi insegnamenti; quando pensiamo di essere i privilegiati, i detentori della verità e i custodi del Vangelo, perché siamo sacerdoti, seminaristi o perché siamo ancora quelli che frequentano la chiesa e la vita della comunità cristiana. Prima di tutto il Signore ci chiede di essere coerenti e fedeli testimoni della sua Parola. Gesù ha rivolto il suo sguardo su quelle città della Galilea che erano state oggetto della sua preoccupazione, dove lui aveva predicato con passione l’amore e la misericordia del Padre. In nessun luogo, come a Corazìn, Betsàida e Cafarnao, aveva predicato e fatto miracoli. La semina era stata abbondante ma non il raccolto. Ecco allora la dura espressione: “Guai a te Corazìn, guai a te Betsàida” (Luca 10,17), pronunciata da Gesù al termine della sua missione apostolica, esprime non la minaccia di un inesorabile castigo, ma l’ultimo e accorato appello alla conversione, ad aprire gli occhi e il cuore per rendersi conto della chiusura e della non accoglienza della Parola di Dio. Le minacce di Dio espresse dai profeti sono l’ultimo tentativo di Dio, una speranza contro ogni speranza, perché la buona notizia possa ancora essere ascoltata ed accolta. E sede il rifiuto persiste, queste città non avranno più nessuna scusa. Le ultime parole del Vangelo di oggi cariche di speranza: “Chi ascolta voi ascolta me” (v. 16), sono una chiamata alla conversione per diventare testimoni e annunciatori della salvezza. Se ascoltiamo la voce di Gesù siamo ancora in tempo. Questa è la conversione vera: mettersi alla sequela di Gesù, camminare dietro di lui e accogliere con gioia la sua parola e il suo stile di vita per testimoniarlo agli altri.

I ‘guai’ di Gesù, non erano rivolto solo agli uomini e le donne del suo tempo, ma lo sono anche per noi. Non abbiamo paura di chiederci: “Se Gesù venisse nella nostra città o nel nostro paese, qui a Pordenone, a Portogruaro, a San Vito, ad Azzano o a Prata … cosa direbbe?”. Gesù parla anche a ciascuno di noi e alla comunità del seminario, chiedendoci: “Quanto mi avete seguito, quanto avete ascoltato le mie parole? Papa Francesco a commento di questo testo, diceva in una sua omelia: “Gesù parla a me, parla te, parla ad ognuno di noi. … Come mai quei pagani che appena sentono la predica di Gesù vanno da lui, e io che sono nato/a qui, in una società cristiana mi abituo e vivo il cristianesimo come fosse un’abitudine sociale, una veste che ho indosso e poi la lascio?”. Anche noi, talvolta, siamo duri non solo di orecchie ma soprattutto di cuore. In termini tecnici possiamo chiamarla sclero-cardiaca, durezza del cuore che porta all’insensibilità e incapacità di essere comprensivi, misericordiosi e compassionevoli. La parola sclerosi in greco indica progressiva immobilità e incapacità di adattamento. Una malattia sconosciuta e molto diffusa nei nostri ambienti ecclesiali. Sarebbe un bell’esercizio spirituale, cercare qualche sintomo dentro di noi di questa malattia, di questo male che distrugge la vita spirituale. Alcuni esempi: partecipare assiduamente all’Eucaristia e non accorgersi degli altri che hanno bisogno; pregare per la pace nel mondo ed alimentare con i nostri discorsi e chiacchiere le divisioni; fare tanti pellegrinaggi e penitenze e non saper camminare in armonia gli uni accanto agli altri, accettando modi e sensibilità diverse. Ricordiamoci che un male così sottile trova sempre modo di infilarsi nel cuore e indurirlo, senza accorgersene.

Caro Mirco, nella lunga lettera che mi hai scritto, per essere ammesso tra i candidati al diaconato e presbiterato, ho colto con interesse il tuo proposito di prendere sul serio le parole che un tuo amico, Pietro, ti ha rivolto: sei disposto a dare la tua vita totalmente e in modo pieno e vero? È la risposta che tu devi dare al Signore e che con il rito di questa sera rendi partecipi anche tutti noi: la Chiesa con i suoi ministri, la comunità del seminario formata dagli educatori dai professori e dai tuoi amici di cammino, la tua famiglia, la comunità parrocchiale di Prata e la comunità di S. Vito al T. dove eserciti il servizio pastorale. Questo segno lo compi non per metterti in mostra, né per dire che hai già fatto una scelta definitiva, ma per chiederci di accompagnarti, di pregare per te, perché il Signore realizzi il tuo desiderio, il tuo sogno di essere nella Chiesa e nel mondo segno vivente della sua presenza e del suo amore.

Caro Mirco, a nome della Chiesa di Concordia Pordenone accolgo questo tuo desiderio e ti accompagno con la preghiera invocando la benedizione del Signore e la presenza dello Spirito Santo su te e sul cammino che hai davanti. Ti sia vicina Maria, madre di Gesù e madre nostra.

 

+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo